I luoghi di Hemingway? Sparsi nel mondo! Hemingway è stato un instancabile viaggiatore e prima ancora che uno scrittore, un giornalista. E nel suo modo di scrivere questo emerge in più modi. Sicuramente nello stile asciutto e allo stesso tempo nitido di raccontare cose, luoghi e persone, ma soprattutto nella sua continua ricerca dell’autenticità. La stessa che si ritrova nelle descrizioni dei luoghi visitati o in cui visse che inevitabilmente sono finiti nei suoi romanzi.
In giro per il mondo con Hemingway
Quando si legge un libro di Hemingway non bisogna immaginare nulla, tutto è già lì davanti al lettore come se lo scrittore non usasse la penna ma una cinepresa che scorre sul mondo con lucida e distaccata imparzialità. Allo stesso modo descrive i luoghi nei suoi romanzi, tanto che quando ci vai li riconosci anche se non ci sei mai stato.
Ci è successo a Cuba quando abbiamo visitato la Casa museo Finca Vigia nel piccolo paese di San Francisco de Paula: una bella dimora costruita nel 1886 dall’architetto spagnolo Miguel Pascual y Baguer e che lo scrittore acquistò dopo il matrimonio con la terza moglie, Martha Gellhorn. Fu qui che scrisse due dei suoi più grandi capolavori: Il vecchio e il mare e Per chi suona la campana.
Chissà se lo stesso effetto susciterebbero i paesaggi narrati da Hemingway in Verdi colline d’Africa, romanzo autobiografico in cui ha raccontato il suo primo viaggio nel continente nero con sua moglie Pauline tra la regione del Lago Manyara, al confine tra Tanzania e Kenya. Dato che non ci siamo mai stati vi faremo sapere!
Possiamo invece parlarvi di Parigi dove Hemingway arrivò per la prima volta il 31 maggio 1918 per poi ritornarvi più volte stabilendosi con la sua prima moglie Hadley Richardson nel Quartiere Latino: qui iniziò la sua carriera letteraria frequentando artisti e intellettuali dell’epoca come Gertrude Stein, la libraia Sylvia Beach e Ezra Pound. Si riconoscono molti luoghi della città nei suoi libri Festa mobile, Il sole sorge ancora, Le Nevi del Kilimanjaro: dalla Brasserie Lipp su Boulevard Saint-Germain al suo caffè preferito la Closerie des Lilas.
La Francia si ritrova nella sua importante produzione letteraria anche ne Il giardino dell’Eden che è ambientato tra Camargue e Agues Mortes, luoghi che noi abbiamo scelto per il nostro viaggio di nozze.
Un altro posto in cui siamo stati e dove anche lo scrittore è passato è València, anche se le sue gesta spagnole furono per la maggior parte raccontate dalla sua stanza nell’Hotel Florida (oggi l’Hostal Aguilar) a Madrid.
Mentre Fiesta, uno dei suoi maggiori successi, venne scritto dopo i suoi soggiorni a Siviglia, una città in cui sono stata e dove vorrei tornare insieme a Michele, e Pamplona dove si recó per la festa di San Firmino.
E nella nostra Italia? Hemingway arrivò in Italia per la prima volta nel 1917, poco più che adolescente, come volontario della Croce Rossa e venne mandato sul Piave, vicino a Fossalta. Altri luoghi di questa sua prima esperienza italiana furono Casa Botter, a Monastier di Treviso, che era il suo alloggio ufficiale mentre la residenza delle ambulanze della Croce Rossa americana era Ca’ Erizzo, un’elegante struttura del ‘400 sul fiume Brenta, a Bassano del Grappa.
La notte tra l’8 e il 9 luglio del 1918 Hemingway venne colpito alle gambe dalle schegge di un mortaio austriaco e venne ricoverato a Villa Fiorita, residenza veneziana del XVII secolo a Monastier di Treviso, oggi elegante relais con un’esposizione permanente dedicata all’illustre ospite.
Trasferito all’ospedale americano di Milano, subì numerose operazioni e qui si innamorò dell’infermiera Agnes von Kurowsky, protagonista di Addio alle Armi, uno dei suoi romanzi più famosi. A Milano i suoi luoghi preferiti erano il duomo, la galleria Vittorio Emanuele II e il teatro alla Scala. Trascorse qualche giorno a Stresa, sul lago Maggiore, alloggiando al Grand Hotel des Iles Borromees nella camera 106, oggi chiamata “Hemingway suite”.
Tornò ancora in Italia per una sorta di pellegrinaggio nei luoghi in cui aveva combattuto e visitò Vicenza, Schio, Rovereto, Trento, Cortina, dove soggiornò all’Hotel Bellevue. Mete dei suoi viaggi italiani furono anche Rapallo, San Marino, Firenze, Rimini, Imola, Bologna, Parma, Piacenza e Genova.
Nel 1948 vi ritornò con la quarta moglie, Mary Welsh. Insieme scelsero di vivere a Venezia, una città che ispirò profondamente la sua vena creativa.
Lo scrittore divenne habitué dell’Harry’s Bar dove aveva un tavolo sempre riservato per scrivere e bere Martini dry o calici di Valpolicella, mentre soggiornava al sontuoso Gritti Palace Hotel dove spesso incontrava celebrità come Peggy Guggenheim, Elizabeth Taylor e Richard Burton. La suite presidenziale, dove era solito alloggiare, oggi porta il suo nome.

In quegli anni amava frequentare anche la Locanda Cipriani dell’isola di Torcello: fu proprio qui che nel 1950 finì la stesura del romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi, ispirato all’amore travolgente per la diciottenne Adriana Ivancich, nobildonna veneta, cugina dei fratelli Kechler de Asarta che frequentava per le battute di pesca e caccia nella laguna di Caorle.
Il suo ultimo viaggio in Italia risale al 1959 quando insieme all’antropologo John Friedman su consiglio di Fernanda Pivano si recò in Basilicata. Visitò Accettura, Pietrapertosa, Aliano, Castelmezzano, Tolve, Tursi e Avigliano dove assaggiò peperoni cruschi e strascinati con la ricotta salata, prima di proseguire per Potenza e Matera. Ho letto che arrivò persino nella nostra Puglia ma non ho ancora scoperto dove. Mentre non abbiamo mancato la puntata tra le belle pareti Liberty dello storico Caffè Meletti in Piazza del Popolo ad Ascoli Piceno che Hemingway amava frequentare. Certo l’Italia occupò un posto importante nel suo cuore tanto che scrisse “Vorrei essere seppellito lassù, lungo il Brenta, dove sorgono le grandi ville con i prati, i giardini, i platani, i cipressi”.
Il suo desiderio non è stato esaudito perché egli stesso a 60 anni pose fine alla sua vita nell’Idaho e riposa nel cimitero di Ketchum.