“D’ogni parte non c’erano che precipizi d’argilla bianca, su cui le case stavano come librate nell’aria; e d’ognintorno altra argilla bianca, senz’alberi e senz’erba, scavate dalle acque, in buche, coni, piagge di aspetto maligno come un paesaggio lunare”. Chi ha letto “Cristo si è fermato a Eboli” ha senz’altro riconosciuto la descrizione che dei Calanchi Lucani fece Carlo Levi nel suo libro.
Un paesaggio lunare tra Matera e Tursi
Un paesaggio che ancora oggi mantiene inalterato il suo fascino e cattura l’attenzione di chi, come noi, da Matera si è diretto verso Tursi, percorrendo una terra fatta di canyon, dune di sabbia bianca, pinnacoli, anfratti, precipizi, in cui si riconoscono ovunque fossili a ricordare che qui una volta c’era il mare.
Lungo la provinciale che porta a Tursi, i calanchi emergono tra il verde possenti e affascinanti, incrociando corsi d’acqua e dighe che spiccano con il loro verde-azzurro nell’ocra e nel bianco avorio delle dune.
A Tursi, arrivati nella piazza su cui si erge la Cattedrale completamente ricostruita dopo l’incendio del 1988, bisogna letteralmente arrampicarsi verso la Rabatana, il quartiere che era “tana degli arabi” e che tra case disabitate e case diroccate conserva la sua antica bellezza.
Vale la pena e la fatica inerpicarsi verso il centro storico su cui si scorgono i resti di un castello costruito dai Goti nel V secolo e perdersi nei vicoli saraceni tra le case medievali unite tra loro da porticati e terrazze che si affacciano su precipizi vertiginosi e da cui lo sguardo spazia su terre sconfinate dove la natura non solo la fa da padrona ma sembra essersi fermata a qualche millennio fa.
Scendendo verso la chiesa di San Filippo, uno dei belvederi più belli a picco sulla valle sottostante, si incontra la casa natia di Albino Pierro, il letterato più volte candidato al Nobel che la sua terra ha cantato nell’idioma locale. Il Palazzo Pierro è sede del Centro Studi Albino Pierro Onlus e della biblioteca in cui sono custoditi i libri appartenuti al poeta.
Sulla piazza alzate lo sguardo sulla facciata di Palazzo del Barone Brancalasso che secondo la leggenda fu costruito in una sola notte da diavoli aiutati dagli spiriti delle tenebre che poi sono stati pietrificati sul tetto dell’edificio.
In realtà le tre statue che ornano il palazzo baronale simboleggiano la giustizia, la pace e la carità e ancora oggi occhieggiano sul tetto guardando verso l’ampio panorama.
Il paese cosiddetto nuovo si estende nella valle in cui scorre il torrente Pescogrosso ma spostando lo sguardo verso l’alto si nota come il borgo sia formato da casette una sopra l’altra collegate da scalette esterne e spesso con le fondamenta nelle profonde grotte scavate nella timpa, la parete di roccia arenaria composta da sabbia consistente su cui letteralmente si arrampica il centro lucano che ha l’aspetto di un presepe di cartapesta.
La sommità della Rabatana può essere raggiunta attraverso diverse strade: quella che percorre tutto il centro storico partendo dalla Chiesa dell’Annunziata, dalla larga e ripida gradinata chiamata “petrizze” fatta costruire da Carlo, nipote di Andrea Doria signore di Tursi nel 1600 e, infine, dalla strada provinciale lungo la pineta a ridosso del torrente.
Circondata da profondi burroni la Rabatana è stata il primo nucleo abitativo di Tursi e nella seconda metà del IX secolo fu abitata dai Saraceni e proprio a ciò deve il suo nome. Per avere una bella visione d’insieme sullo splendido paesaggio su cui si sviluppa la parte più alta e più antica del paese bisogna recarsi all’ex Convento di San Francesco che, costruito nel 1441, si erge su una collina poco distante dal paese immerso tra olivi e pini profumati.
Il sito è un cantiere a cielo aperto e vi si entra con facilità. Per questo motivo non è molto rispettato e accanto a preziosi capitelli, fregi e affreschi si trovano irriguardosi graffiti. Nonostante l’abbandono tutto parla del glorioso passato a partire dal maestoso campanile di stile arabesco, dagli altari delle cappelle laterali e dai grandi ambienti ipogei utilizzati come cantine, depositi e stalle.
Non siamo riusciti invece a visitare la Chiesa di Santa Maria Maggiore che domina la Rabatana. La signora Maria, che detiene le chiavi della chiesa più importante di Tursi, da noi chiamata a gran voce non era in casa per cui la visita è rimandata alla prossima volta.
Al suo interno è custodito un trittico di pregevole fattura risalente al 1340 e attribuito alla scuola di Giotto. Sotto la chiesa poi si scende nella cripta, completamente affrescata e divisa in tre piccoli vani comunicanti. Qui si trova il presepe in pietra attribuito ad Altobello Persio di Montescaglioso e composto da ben 35 pezzi: 29 in pietra e tre angeli in legno dorato.
Non si vorrebbe andar via da questo luogo autentico dove si vive con ritmi lenti e si sente il sapore di vecchie cose perdute che riportano al passato, ma merita una gita il vicino Santuario di Santa Maria d’Anglona, capolavoro di architettura medievale, monumento nazionale dal 1931 che si raggiunge solcando un mare di verde e arancio, quello degli aranceti in cui si produce l’Arancia Staccia, una varietà dal sapore dolce e inconfondibile e dalle dimensioni considerevoli, che si coltiva solo nelle campagne intorno a Tursi.
Durante il tragitto abbiamo avuto un faccia a faccia con un “abitante” del posto, un bell’esemplare di volpe, che per niente intimorita ha alzato lo sguardo verso di noi, quasi sfidandoci, prima di riprendere la sua caccia tra l’erba alta e i cespugli.
Il santuario è ciò che resta dell’antica città di Anglona distrutta nel 1400 ed è costruito in marmo e in travertino. La parte più bella è senz’altro l’abside, mentre il prospetto è arricchito da un nartece decorato da formelle di tufo calcareo.
L’interno è decorato da luminosi affreschi del XIV secolo rinvenuti dopo i recenti restauri.
Dalla collina si scorge il fondovalle dove nel 208 a.C. si svolse l’epica battaglia di Herakleia che vide scontrarsi i romani contro Pirro e i suoi elefanti.
Per finire qualche curiosità e un consiglio. Tursi è uno dei paesi lucani che Rocco Papaleo attraversa nel viaggio al centro del suo film “Basilicata coast to coast” e nel XVI secolo fu sotto il dominio della casata dei Doria, potente famiglia genovese. Nel centro di Genova c’è un palazzo che si chiama Doria-Tursi che conta lo stesso numero di scalini del “Petrizze” e che attualmente ospita le sale di rappresentanza del Sindaco.
Tempo fa si è parlato di un progetto per collegare in modo più agevole la parte alta e la parte bassa del borgo tramite un ascensore panoramico. Ma, nonostante alcuni siti lo riportino come una bella realtà già esistente, ci assicura il responsabile della locale Pro Loco Titto D’Onofrio, è rimasto solo una bella idea sulla carta.
Per un boccone al volo vi suggeriamo di fermarvi al Caffè Plaza (via Roma, 80 – 340 0554778) dove Silvia con gentilezza e un gran sorriso vi accoglierà, tradendo sin da subito le sue origini venete, e Antonello vi proporrà una delle sue specialità tra tramezzini, panini, focacce farcite, pizzette, rustici, piadine e prodotti locali come i taralli artigianali.
tutto perfetto grazie
Grazie e alla prossima!