Il Veneto è terra di aperitivi, ombre e cicheti, nelle piazze e nei bacari in piedi nei pressi di banconi o seduti a un tavolino dove la gente si alterna dalla mattina alla sera.
A seconda della zona cambierà la richiesta, da “gòto de vin” a “ombra de vin”, ma non cambia la sostanza e spesso accade di recarsi al bar e di condividere cappuccino e brioche con chi si gode il suo “biancheto” prima del suo caffè del mattino.
Veneto a tavola: vini e piatti tipici
Non bisogna meravigliarsi né tantomeno disapprovare: in Veneto il vino fa parte della cultura quotidiana. Partendo dai “grandi” come l’Amarone della Valpolicella che, con Custoza, Prosecco e Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superior, è una delle zone di riferimento per la DOCG.
Accanto a questi territori, di cui abbiamo per ora visitato e apprezzato solo il primo degustando l’Amarone, ma anche il Valpolicella Classico e Superiore, il Ripasso e il Recioto come abbiamo raccontato nei nostri #ViaggidiVini, ce ne sono altri ormai considerati anch’essi come capisaldi quali il comprensorio dei Colli Euganei, patria delle varietà bordolesi.
Ma se il Veneto è culla di vini è anche terra di buon cibo e non c’è angolo di questa magnifica regione che non valga la pena di essere visitato o “assaporato”.
Andando a braccio e pensando al Veneto a tavola, nominiamo l’Asiago e i formaggi delle malghe, il Radicchio rosso di Treviso e Castelfranco, l’asparago bianco di Cimadomo e Badoere, il riso del veronese e del Delta del Po e l’immancabile polenta.
Ogni volta che ci siamo tornati abbiamo ordinato e gustato specialità locali ma siamo ancora ben lontani dall’averle provate tutte.
Per ora nel nostro elenco, e nella nostra pancia, son finiti i bigoli, gli spaghettoni lavorati al torchio e ruvidi per raccogliere meglio i condimenti, che possono variare da “l’anara” nel vicentino alla faraona del veronese. A Venezia invece sono rigorosamente “in salsa”, cioè con una salsina a base di acciughe e cipolle.
E non ci siamo certo fatti mancare uno dei piatti più rappresentativi del Veneto a tavola, il baccalà alla vicentina, anche se paradossalmente la variante migliore non l’abbiamo gustata a Vicenza.
Tutta la storia della Serenissima in un piatto: potrebbe essere questa la descrizione perfetta per le sarde in saor, disposte a strati tra le cipolle bianche di Chioggia stufate e sfumate con l’aceto, l’uvetta sultanina e i pinoli. Una ricetta nata dalla necessità di conservare a bordo il pesce ma anche dalle contaminazioni storiche e gastronomiche della più estesa e potente delle Repubbliche marinare.
Se capitate in Veneto in primavera il piatto forte è rappresentato da “risi e bisi”, che non è un risotto ma nemmeno una minestra e la sua particolarità è proprio quella.
Due i periodi dell’anno in cui sulle tavole compaiono le “moeche”, i granchi della laguna veneziana che tra aprile e maggio e ottobre e novembre fanno la muta diventando nudi. Ed è allora che vengono tirati fuori dall’acqua, prima che si creino la nuova corazza. Come si mangiano? Fritte e in un boccone. Una delizia rara e costosa che non dimenticherete più!
Se, invece, raggiungete la regione nella stagione più fredda, il Veneto a tavola è rappresentato da lesso e Pearà a Verona e il gran bollito padovano. Cos’è la Pearà? Una salsa a base di pane grattugiato, brodo, midollo di bue e tanto pepe: pearà in veneto significa pepata. La versione padovana del bollito prevede tagli pregiati di manzo insieme a coda, lingua, testina, musetto e gallina, padovana ca va sans dire, accompagnati da salsa verde e cren.
Un gran rimpianto quello di non avere assaggiato né l’uno né l’altro per le temperature ancora troppo miti nel nostro ultimo on the road, che si unisce a quello di non aver gustato i tortellini di Valeggio chiamati anche nodi d’amore: un buon motivo per tornare in zona tra campagne veronesi e padovane e quel fiabesco lembo di terra attraversato dal Mincio!
Tipici dell’ampezzano sono i casunzei, ravioli di pasta all’uovo dalla forma a mezzaluna ripieni di barbabietole rosse e conditi con burro fuso e semi di papavero che ci ricordano le nostre settimane bianche a Cortina d’Ampezzo dove entrambi abbiamo imparato a sciare.
Ma qual è il piatto che spesso e volentieri finisce sulla nostra tavola? Un altro must a cui non rinunciamo mai quando siamo in zona: il fegato alla veneziana. Questa è la ricetta che abbiamo imparato in loco e che riproduciamo spesso e volentieri nella nostra cucina.
Fegato alla veneziana
Ingredienti per 4 persone
• 400 gr di fegato di vitello
• 200 gr di cipolle bianche
• 1/2 bicchiere di vino bianco secco
• 3 cucchiai d’oliva
• prezzemolo
• sale, pepe
Preparazione
Mondate le cipolle e affettatele molto sottili. Lavate e tritate il prezzemolo. Scaldate l’olio in una larga padella, versatevi le cipolle e fatele cuocere per una ventina di minuti.
Dopo i primi minuti, abbassate il fuoco, salate e bagnate con il vino. Ricavate da ogni fetta di fegato tre o quattro fettine e mettetele nella padella con le cipolle dopo aver alzato la fiamma.
Continuate la cottura per altri quattro o cinque minuti voltando continuamente le fettine di fegato e cospargendole di sale e pepe durante l’ultimo minuto.
Servite questa preparazione ben calda, cosparsa di prezzemolo tritato e magari accompagnandola con fettine di polenta arrostite.