Monacelle erano chiamate fanciulle orfane o povere che venivano educate in istituti religiosi, così definite perché indossavano abiti austeri simili a quelli delle suore. E spesso è il nome che viene dato dalla gente di paese al luogo in cui queste piccole donne vivevano fino al raggiungimento della maggiore età, quando potevano lasciare l’istituto per sposarsi e metter su famiglia o rimanervi dedicando la loro vita al monachesimo.
Il Conservatorio di Martina Franca
Anche a Martina Franca c’è il “Convento delle Monacelle”, che in realtà sarebbe più corretto chiamare Conservatorio di Santa Maria della Misericordia come ci ha spiegato Viviana Fasano dell’APS Liberuomo – Fondazione Caracciolo de Sangro, che gestisce la struttura e che ci ha accompagnato nell’interessantissima visita di una parte dei 9.000 metri quadrati su cui si sviluppa.
Ma cominciamo dall’inizio. Durante una passeggiata nel centro storico di Martina Franca la nostra attenzione è stata catturata da una locandina, quella della mostra “Oltre le grate, l’anima” ospitata in forma stabile dal giugno del 2023 nel Conservatorio di Santa Maria della Misericordia.
E il Convento delle Monacelle di Martina Franca non è mai stato un conservatorio musicale ma ha mantenuto fino a oggi, con la sua ultima abitante suor Carmela, la sua funzione di struttura familiare e socio-assistenziale, mantenendo una natura mista fra privato e religioso, in cui le ospiti rispettavano le regole della vita claustrale, tanto da essere definite “vergini tessitrici”. Carattere confermato dalle grate spanciate collocate sulle finestre affacciate su via Principe Umberto.
Dal punto di vista architettonico il complesso si presenta molto eterogeneo perché nacque dall’aggregazione di diversi edifici privati ed è per questo che non presenta il classico chiostro centrale ma è dotato di un vasto androne di accesso con imponente scalinata.
Difficile fare una scelta tra i tanti oggetti particolari esposti, dalla piccola statua di San Michele Arcangelo agli abiti tessuti in oro, dalle pale d’altare con alla base un San Giuseppe che tiene in braccio il Bambin Gesù alla Via Crucis con il Cristo dal singolare mantello in lapislazzuli blu. Ma non si può non parlare del grande dipinto che raffigura il giudizio universale con l’inferno nella parte inferiore in cui spicca la figura dell’ermafrodita dai seni appesi e il membro in forma di tentacolo di polpo, rappresentata anche negli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova e di Michelangelo nella Cappella Sistina a Roma. Particolare anche il quadro della Madonna del latte, in cui è dipinta a seno nudo con il Bambin Gesù di spalle, collocato nel salotto di rappresentanza dove si trova anche la tela del duca Riccardo de’ Sangro, ritratto a occhi chiusi perché morì suicida a seguito di una delusione d’amore.
Altri tesori sono nella chiesa, che ospita due altari in stile barocco dipinti con l’effetto di finti marmi policromi. Nella nicchia dell’altare centrale è posta la statua della Madonna della Misericordia, lateralmente ci sono due tele ovali attribuite alla scuola di Domenico Carella e raffiguranti San Michele Arcangelo e l’Arcangelo Raffaele con Tobiolo. Su una delle pareti in una sontuosa cornice barocca in marmo, si trova il comunichino, la porticina che permetteva alle suore di prendere l’ostia senza essere viste. Ma è sulla sinistra, all’interno di una cornice argentea con sportello in legno dipinto, che è collocata una vera rarità: l’effigie del Volto Santo, donata a Martina Franca dai Cappuccini di Siena tramite il Cardinale Innico Caracciolo nel XVII secolo e giunta nel convento delle Monacelle grazie a donna Francesca del Giudice, duchessa di Martina che la trasferì nella chiesa di proprietà della sua famiglia, affidandola alle cure delle monache agostiniane di clausura.