Le Monacelle a Martina Franca

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Monacelle erano chiamate fanciulle orfane o povere che venivano educate in istituti religiosi, così definite perché indossavano abiti austeri simili a quelli delle suore. E spesso è il nome che viene dato dalla gente di paese al luogo in cui queste piccole donne vivevano fino al raggiungimento della maggiore età, quando potevano lasciare l’istituto per sposarsi e metter su famiglia o rimanervi dedicando la loro vita al monachesimo.

Il Conservatorio di Martina Franca

Anche a Martina Franca c’è il “Convento delle Monacelle”, che in realtà sarebbe più corretto chiamare Conservatorio di Santa Maria della Misericordia come ci ha spiegato Viviana Fasano dell’APS Liberuomo – Fondazione Caracciolo de Sangro, che gestisce la struttura e che ci ha accompagnato nell’interessantissima visita di una parte dei 9.000 metri quadrati su cui si sviluppa.
Ma cominciamo dall’inizio. Durante una passeggiata nel centro storico di Martina Franca la nostra attenzione è stata catturata da una locandina, quella della mostra “Oltre le grate, l’anima” ospitata in forma stabile dal giugno del 2023 nel Conservatorio di Santa Maria della Misericordia.

Abbiamo così deciso di salire la breve scala che conduce al complesso conventuale delle cosiddette Monacelle dove, oltre il grande portone, Viviana ci ha accolto insieme al nostro Otto. Non abbiamo resistito alla proposta di scoprire un luogo in cui il tempo è sospeso: per 400 anni il “Convento Monacelle” è rimasto inaccessibile agli occhi del mondo. Fino a quando grazie all’associazione Liberuomo le sue porte non sono state aperte al pubblico nel rispetto della riservatezza dell’ultima custode del monastero, suor Carmela, al secolo Anna Castellana, che da più di 70 anni ha dedicato tutta la sua vita al Signore sotto la regola di Sant’Agostino. Accertatasi che il micio di casa fosse al sicuro nelle stanze private dell’ottantasettenne suora, Viviana ci ha accompagnati nello straordinario percorso di questo complesso conventuale che nacque nel 1725 per volontà di Aurelia Imperiali, vedova del duca Petracone V Caracciolo, che decise di creare una struttura destinata ad accogliere le fanciulle orfane o bisognose disposte a seguire le regole dell’ordine delle Agostiniane, allo stesso tempo studiando e imparando il mestiere di tessitrici.

Vi accedevano intorno ai 5 anni e le loro piccole mani erano perfette per tessere i preziosi arazzi e le vesti ecclesiastiche, tanto che nel 1700 il convento si è affermato come polo di eccellenza per la tessitura in oro. Il tour mostra i tesori custoditi tra le mura dell’edificio ed evidenzia come il complesso fosse completamente autosufficiente: basti pensare che le scenografiche terrazze, da cui si gode una splendida vista sulla Valle d’Itria attraverso lastre in pietra traforata con disegni particolari, un tempo erano rigogliosi giardini pensili.

Passando da una stanza all’altra si nota la preziosità ma anche particolarità di ciò che è conservato nelle teche e non sfugge, a chi ne sa riconoscere i codici, il collegamento massonico, ispirato in questo caso all’elevazione morale e spirituale di queste fanciulle attraverso il lavoro. La struttura del resto come ci ha svelato Viviana fu sempre sotto il controllo delle donne del ducato dei Caracciolo: da Aurelia Imperiali passò a Donna Isabella D’Avalos che continuò l’opera di potenziamento del convento che nel 1773 ottenne il Reale Assenso, ossia il riconoscimento giuridico del Conservatorio. Questo evento storico è riportato su una lapide in stile barocco, affissa sulla parete sinistra della chiesetta, che riproduce alla sommità le tre guglie dello stemma degli Avalos e il leone dei Caracciolo. Alle donne della casata Caracciolo successero quelle della casata De Sangro: da qui il nome di Conservatorio Caracciolo-De Sangro. Che all’inizio ci ha fuorviato. Infatti abbiamo pensato a un istituto musicale, ma come ci ha spiegato Viviana, inizialmente i conservatori sorsero come istituti di beneficienza per avviare a un mestiere gli orfani e solo successivamente vennero trasformati in collegi dedicati all’insegnamento della musica.

Monacelle

E il Convento delle Monacelle di Martina Franca non è mai stato un conservatorio musicale ma ha mantenuto fino a oggi, con la sua ultima abitante suor Carmela, la sua funzione di struttura familiare e socio-assistenziale, mantenendo una natura mista fra privato e religioso, in cui le ospiti rispettavano le regole della vita claustrale, tanto da essere definite “vergini tessitrici”. Carattere confermato dalle grate spanciate collocate sulle finestre affacciate su via Principe Umberto.

Monacelle

Dal punto di vista architettonico il complesso si presenta molto eterogeneo perché nacque dall’aggregazione di diversi edifici privati ed è per questo che non presenta il classico chiostro centrale ma è dotato di un vasto androne di accesso con imponente scalinata.
Difficile fare una scelta tra i tanti oggetti particolari esposti, dalla piccola statua di San Michele Arcangelo agli abiti tessuti in oro, dalle pale d’altare con alla base un San Giuseppe che tiene in braccio il Bambin Gesù alla Via Crucis con il Cristo dal singolare mantello in lapislazzuli blu. Ma non si può non parlare del grande dipinto che raffigura il giudizio universale con l’inferno nella parte inferiore in cui spicca la figura dell’ermafrodita dai seni appesi e il membro in forma di tentacolo di polpo, rappresentata anche negli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova e di Michelangelo nella Cappella Sistina a Roma. Particolare anche il quadro della Madonna del latte, in cui è dipinta a seno nudo con il Bambin Gesù di spalle, collocato nel salotto di rappresentanza dove si trova anche la tela del duca Riccardo de’ Sangro, ritratto a occhi chiusi perché morì suicida a seguito di una delusione d’amore.

Monacelle

Altri tesori sono nella chiesa, che ospita due altari in stile barocco dipinti con l’effetto di finti marmi policromi. Nella nicchia dell’altare centrale è posta la statua della Madonna della Misericordia, lateralmente ci sono due tele ovali attribuite alla scuola di Domenico Carella e raffiguranti San Michele Arcangelo e l’Arcangelo Raffaele con Tobiolo. Su una delle pareti in una sontuosa cornice barocca in marmo, si trova il comunichino, la porticina che permetteva alle suore di prendere l’ostia senza essere viste. Ma è sulla sinistra, all’interno di una cornice argentea con sportello in legno dipinto, che è collocata una vera rarità: l’effigie del Volto Santo, donata a Martina Franca dai Cappuccini di Siena tramite il Cardinale Innico Caracciolo nel XVII secolo e giunta nel convento delle Monacelle grazie a donna Francesca del Giudice, duchessa di Martina che la trasferì nella chiesa di proprietà della sua famiglia, affidandola alle cure delle monache agostiniane di clausura.

Ripercorrendo i passi di chi ha vissuto in questo luogo in cui ancora oggi si respira un’atmosfera di intensa spiritualità, siamo saliti in cima alla torre campanaria dove lo sguardo spazia sui tetti del Conservatorio e di gran parte della città di Martina Franca. Da qui si può immaginare l’estensione della struttura che custodisce tra le sue mura dense di storia opere di immensa importanza che grazie all’impegno dell’Associazione Liberuomo – Fondazione Caracciolo de Sangro un po’ alla volta vedranno la luce attraverso preziose pubblicazioni e tramite incontri e piccoli eventi ospitati all’interno del Convento delle Monacelle.

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