Assaggi di vini: così abbiamo deciso di intitolare questo post. Perché è questo che abbiamo fatto, abbiamo assaggiato alcuni dei più noti vini francesi scegliendoli secondo il nostro gusto senza alcuna pretesa di giudizio. Infatti non si può pensare di conoscere i vini francesi dopo un solo viaggio. Tantomeno di scriverne.
Assaggi di vini, sidro e Calvados
Abbiamo cominciato il nostro enotour di assaggi dalla Linguadoca. Precisamente nel dipartimento dell’Aude e non lontano da Carcassonne si trova Limeaux, patria di un Crémant, come viene chiamato lo spumante metodo classico prodotto fuori dalla regione della Champagne: il Blanquette de Limoux. Considerato l’antenato dello Champagne è prodotto ai piedi dei Pirenei, nella regione Languedoc-Roussillon dalla spumantizzazione da uve di varietà Mauzac, localmente detta “Blanquette”, ed è uno dei primi vini rifermentati in bottiglia.
Si racconta che nel 1531, circa 150 anni prima del famoso frate benedettino Dom Pérignon, presso l’Abbazia di Saint-Hilaire i monaci benedettini già lavorassero sulle tecniche di vinificazione in bottiglia, dopo aver scoperto per caso che il loro vino bianco fermo era diventato frizzante, dando origine così al primo Brut al mondo di cui si ha notizia. Alla base del Blanquette de Limoux, perfetto come aperitivo e che abbiamo degustato presso l’Hotel du Château di Carcassonne su consiglio del direttore Jean Yves Pons, oltre alla Mauzac ci sono uve Chardonnay e Chenin.
Sulla robusta cena, che abbiamo assaporato presso La Marquière, raffinato ristorante ricavato in un ex monastero nella zona meno turistica e più tranquilla della Cité Médiévale, abbiamo scelto L’Infernale, un AOP Corbierès prodotto dalla cantina Les Celliers d’Orfée che ha sede a Ornaisons a 40 chilometri da Carcassonne. A dispetto del nome abbiamo trovato amabile questo vino ottenuto da uve Shiraz/Syrah e Grenache che si è sposato in maniera ideale con Foie Gras de canard, Filet de Boeuf, Filet de canette e, per finire in dolcezza, una squisita Crème brulée.
Lasciando il sud, il nostro viaggio a base di assaggi di vini è proseguito verso la Valle della Loira, il cuore della Francia e al terzo posto nella produzione con ben 41 vini AOP, dove i vigneti rappresentano preziose cornici per raffinati castelli. Lungo il fiume che le dà il nome si susseguono su entrambi i lati diverse zone vinicole, ma sono tre i vitigni a cui si devono i vini più interessanti: il Sauvignon Blanc, lo Chenin Blanc e il Cabernet Franc.
Il tour alla scoperta dei castelli più belli del mondo è partito da Château Chambord che con i suoi 385 pinnacoli e camini e 440 stanze, è la reggia più grande e imponente della valle. A seguire abbiamo fatto il doveroso omaggio a Leonardo da Vinci visitando quello di Amboise, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita, prima di recarci allo splendido Chenonceaux sulle acque del fiume Cher.
Tornando al tema vino, una delle zone più vocate nell’area è quella della Touraine dove la fa da padrone lo Chenin Blanc: lo abbiamo bevuto con lo sfondo dello spettacolare parco del castello di Amboise in cui sono piantate le viti da cui si ricava questo nettare.
La denominazione regionale nella zona prende il nome dalla città di Tours, dove secondo la leggenda fu inventata la potatura nel IV secolo quando l’asino di San Martino mangiò i giovani tralci di vite. Qui i vigneti coprono 5.500 ettari sui pendii ripidi della Loira e dei suoi affluenti, i fiumi Cher, Indre e Vienne. Sotto l’AOC Touraine, ci sono i bianchi come quelli ottenuti dal vitigno Sauvignon Blanc con cui si producono alcuni tra i migliori vini del mondo di questa tipologia, in particolare nelle denominazioni Sancerre e Pouilly-Fumé. Ma da qualche tempo, anche i vini rossi della Loira sono divenuti molto interessanti. Dai vitigni Cabernet Franc e Cot/Malbec si ricavano vini rotondi e fruttati, caratterizzati da una struttura equilibrata e da aromi maturi.
Salendo verso il nord della Francia, i nostri assaggi sono passati dal vino al sidro, una bevanda leggera che assomiglia alla birra e si abbina perfettamente ai piatti della cucina normanna e bretone. Ottenuta dalla fermentazione del succo di mela ha una gradazione alcolica che varia dal 2% all’8%, un sapore che vira dal dry allo sweet (secco o dolce) e colore che varia dal giallo chiaro, all’arancio fino al bronzo.
Abbiamo ascoltato la storia del sidro nella Ferme cidricole di Hugues Desfriéches, uno dei produttori dell’Orne in Normandia nei pressi de Le Hameau de la Fouquière dove siamo stati ospiti di Pierre Calleja. Il sidro ha una storia molto antica ma quello che beviamo oggi nasce in epoca medioevale in terra normanna, dove era considerato un bene raro e di lusso, riservato ai ricchi. Hugues ci ha spiegato che si ottiene dalla fermentazione naturale del fruttosio contenuto nel succo di diverse varietà di mele.
Una volta raccolte, le mele vengono portate in “cider mills”, mulini o presse per il sidro, dove vengono ridotte in una poltiglia chiamata pomace. La polpa viene poi trasferita nelle presse da sidro in cui viene alternata a strati di paglia e di cenere. L’intero blocco viene pressato, scaldato e filtrato: il liquido ottenuto viene posto a fermentare in grandi tini chiamati vat a una temperatura tra i 4 e i 16 gradi. Il sidro è pronto dopo tre mesi di fermentazione, anche se spesso viene lasciato nei tini a invecchiare per due o tre anni.
Sono diversi i tipi di sidro in commercio e, proprio come avviene per i vini, tutti con proprie caratteristiche. Esistono sidri dolci, dal sapore fruttato, poco alcolici e molto spumeggianti, il sidro secco, più o meno frizzante, e il sidro tradizionale, di maggior gradazione alcolica e dalle note amarognole, che è stato il nostro preferito sia in Normandia che in Bretagna dove lo abbiamo bevuto sulle galettes bretonnes e sui sontuosi piatti a base di frutti di mare, molluschi e crostacei.
Dopo aver assaggiato il suo sidro di mele e il suo poiré a base di succo di pera, Hugues ci ha proposto il Calvados, che occupa un posto d’onore tra le acquaviti ed è ottenuto dalla distillazione del sidro che viene poi invecchiato anche fino a 20 anni. Si distilla sin dal XVI secolo ma ha ricevuto la AOC (Appellation d’Origine Controlée) nel 1942.
Siamo tornati ad accompagnare la nostra cena con il vino da Le Clos des cedres, raffinato ristorante ricavato in un antico casale a Bonnac-la-Côte e abbiamo scelto un vino rosso di Saumur-Champigny nella Valle della Loira che deve ai terreni calcarei di tufo il merito del suo gusto unico: La Herpinière prodotto dal Domaine du Caillou con uve Cabernet Franc.
La nostra liason con i vini francesi non finisce qui così come i nostri assaggi: la prossima volta vogliamo partire più preparati e non seguire soltanto il nostro “istinto” che comunque non ci ha fatto sbagliare un colpo!