Il Dolcetto di Ovada è un vino DOC che si produce in Alto Monferrato nella provincia di Alessandria. Grazie al Marchese Luca Pinelli Gentile e alla sua squisita ospitalità nel borgo intorno al Castello di Tagliolo, inserito nei nostri Sognidoro, e in cantina, abbiamo scoperto il vino e il borgo.
Dolcetto di Ovada: degustazioni al Castello
Tagliolo è un piccolo borgo attorcigliato intorno al castello che è l’unico della zona di proprietà della stessa famiglia da più di 500 anni. Qui la cultura della vite sui terreni del feudo ha origini antichissime: ci sono notizie di un “vino del Castello” già nei libri contabili del Quattrocento. Dopo una passeggiata tra case e cortili che sembrano aggrappati alle alte mura del massiccio maniero, con il suo giardino pensile e il campanile aguzzo della chiesa parrocchiale che lo rende immediatamente riconoscibile tra colline e pianura nel dolce paesaggio dell’Alto Monferrato, ci siamo fermati insieme a Luca nella cantina del Castello, nella quale si producono vini venduti in Italia e all’estero.
Il Castello e i vini sono una grande passione di famiglia che Luca ha ereditato dal padre, il Marchese Oberto Pinelli Gentile. Da figlio unico ed erede del patrimonio immobiliare e vitivinicolo, nonostante il trasferimento a Milano insieme a sua moglie Angela e alle due figlie, ha continuato con instancabile energia l’antica tradizione, affiancandola negli anni alla ricerca del miglioramento nella qualità. Principio ispiratore della sua attività è quello della trasmissione dell’autenticità dei valori in continuità fra passato, presente e futuro.
In zona tutti facevano il vino – ci ha raccontato Luca Pinelli Gentile – e sin dalla fine del 1800 i suoi bisnonni si erano dedicati alle vigne apportando migliorie e nuova linfa. Dopo un viaggio a Bordeaux addirittura comprarono e si fecero inviare in treno a Ovada due vagoni di terra del posto facendola trasportare poi con i buoi fino a Tagliolo per impiantare al castello le rinomate vigne francesi. Naturalmente, nonostante i costi sopportati e le buone intenzioni, l’esperimento non riuscì in quanto sappiamo bene che alla base del concetto di terroir c’è ben altro, dalle condizioni naturali, fisiche e chimiche alla zona geografica e al clima. Successivamente, durante la conduzione della cantina da parte dei nonni di Luca, i vini del Castello di Tagliolo furono presentati, nel 1900 e nel 1937, con medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi.
Tornando a Bordeaux, anche Luca nel 1997 vi si è recato, per portare a casa nuove tecniche, come quella del diradamento selettivo dei grappoli, eseguito tra l’allegagione e l’invaiatura, uno strumento efficace, seppur oneroso, al quale si ricorre per migliorare la qualità di uve e vini.
Attualmente l’azienda conta su 20 ettari di vitigno e metà della superficie è coltivata a Dolcetto di Ovada. Furono i Greci a portarlo in Liguria in riva al mare dove però non dette buoni risultati. È ancora presente solo nella zona di Savona sotto il nome di Ormeasco. Invece si diffuse, e bene, in Piemonte. Il nome Dolcetto – sottolinea Pinelli Gentile – non deve indurre in errore: non si tratta di un vino dolce. Deriva infatti dalla parola dosso che in piemontese si dice “dussett”. Sono ben dieci le denominazioni di Dolcetto nella fascia meridionale dell’area piemontese.
Abbiamo cominciato la nostra degustazione con un calice di Riserva del Marchese, un Brut Millesimato ottenuto da uve Pinot Nero in purezza vinificate in bianco e con un veloce contatto con le bucce che ne determina il colore rosato, con Metodo Tradizionale Classico in cui la spumantizzazione, chiamata anche rifermentazione, avviene in bottiglia ed è eseguita da una maturazione di 36 mesi a contatto con i lieviti, seguita dal “remuage sur pupitres” e conseguente sboccatura.
Sempre “figlio del Dolcetto” è L’In…chino, la versione aromatizzata derivata da una ricetta dei bisnonni ritrovata nei vecchi archivi che prevede aggiunta di una miscela di erbe e spezie quali china, anice stellato, cannella, rabarbaro, genziana, arancio amaro, lasciata a contatto col vino per circa 60 giorni in botti di rovere francese.
Dopo la degustazione e nonostante il brutto tempo ci siamo recati tra i vigneti. La vigna più vecchia è quella della Barbera, mentre dai filari di Pinot Nero derivano i tre spumanti del Castello di Tagliolo, due metodo classico e l’Extra Dry con Metodo Martinotti o Charmat in cui la presa di spuma avviene in autoclavi e dura dai 2 ai 3 mesi.
Al Castello si producono anche due tipologie di bianchi: il Bianco del Castello, metà Chardonnay della Vigna Masserotti e metà Sauvignon blanc della Vigna dell’Angelo, e il Cortese dell’Alto Monferrato DOC ottenuto in purezza da uve coltivate nell’area vinicola de La Cappelletta.
Azienda Agricola Castello di Tagliolo
Via Castello, 1 – Tagliolo Monferrato (AL)
www.castelloditagliolo.it – castelloditagliolo@libero.it