“La bellezza è una conseguenza inevitabile della razionalità”, scriveva l’architetto Pierluigi Nervi. Non è così in questo angolo di Cilento in cui regna un amabile disordine e dove è il lato selvaggio della natura a dominare. Non fa eccezione Locanda San Fantino, casolare secentesco immerso in questa natura rigogliosa che sembra fagocitarlo.
Locanda San Fantino a San Giovanni a Piro
Gli interni sono stati arredati da Sebastiano Petrilli con una felice sintonia tra elementi di provenienza storica e geografica diversa, riuniti sotto il segno di una sofisticata essenzialità illuminata dalle finestre che filtrano l’atmosfera della verde campagna.
Dopo un giro a bordo della polverosa jeep di Sebastiano tra i vigneti di Pinot Nero piantati sotto il profilo roccioso del Bulgheria al limite dei boschi e un bicchiere di gin Cilento Wild Coast iniziano i racconti. Dopo la laurea in Bocconi a Milano, Sebastiano si trasferisce a Londra senza mai dimenticare la promessa fatta al padre: quella di prendersi cura di queste terre di famiglia a San Giovanni a Piro, dove il bosco separa il paese dalla Locanda San Fantino che è letteralmente abbracciata dal borgo.
Negli anni ‘90 lasciò la City e il suo impiego come Investment Banker disgustato da una logica sempre più legata al dio denaro che non rispettava più né uomini né natura.
Quando si trasferì qui la proprietà era semi abbandonata ma al contempo aveva conservato la sua autenticità offrendosi così in modo ideale alle pratiche agricole, biologiche e biodinamiche con cui viene coltivata la terra. In questa campagna curata in modo sostenibile lasciando spazio a piante e ad animali selvatici, una delle querce più grandi e antiche della zona fa da sentinella alle vigne.
La proprietà si compone di 30 ettari divisi in 5 diversi poderi e di un antico palazzo che si erge sul ciglio dello sperone roccioso di fronte al podere San Fantino che ha dato il nome alla Locanda che ci ha ospitato con il nostro Otto in una delle sue sette stanze. Siamo arrivati qui per conoscere Sebastiano, suo figlio Corrado, il suo cane Gegè, la sua micia Coccolina e i suoi vini.
Un Pinot Nero chiamato Jacine dal podere di circa 7 ettari alle pendici del Monte Bulgheria, prodotto in purezza e unico in tutta la Campania in quanto presenta tutte le caratteristiche di un Pinot Nero della Borgogna. A naso sviluppa profumi intensi di ribes nero, fiori di sambuco e pepe nero e poi si ammorbidisce con note di lampone e petali di rosa, mentre in bocca fioriscono sentori di ribes e arancia rossi. L’ultima annata di questo vino biologico e biodinamico invecchiato in barriques per 4 mesi e poi in acciaio, quella del 2022, presenta un colore rubino spento e un gusto morbido e vellutato che mantiene una certa complessità.
A noi è piaciuto molto anche il San Fantino Bianco prodotto da uve Fiano e una piccola quantità di Moscato che gli dona profumi dolci di agrumi ma anche di fieno appena falciato. Le uve, raccolte a mano, vengono macerate sulle bucce per 2-3 giorni senza raffreddamento secondo un’antica pratica che sta tornando in auge. Gli altri due vini sono il San Fantino Rosato e il San Fantino Rosso. Il primo è a base di Cabernet Sauvignon, Merlot, Trebbiano e Moscato Rosa; il secondo è un taglio bordolese di uve Cabernet Sauvignon, Merlot e Sirah con l’aggiunta di uve di alcune vecchie viti di cui non si conosce la provenienza, ma di cui si rispetta la diversa maturazione vinificandole in piccoli lotti diraspandole per tre quarti e macerandole sulle bucce per circa 6 giorni.
Tutti i vini di San Fantino sono naturali: gli unici fertilizzanti utilizzati sono il compost aziendale a base di potature e letame, mentre per il controllo delle malattie sono usati poltiglia bordolese e zolfo in polvere, secondo gli insegnamenti del fratello Saverio, leader dei viticoltori biodinamici italiani.
Tornando al lato selvaggio del territorio, Cilento Wild Coast è il nome che ha voluto dare al suo gin aromatizzato con le galbule del ginepro porporino che raccoglie in quei terreni in riva al mare che nel 1984 la madre Fiamma Pintacuda Petrilli donò al FAI per preservarli dalla lottizzazione selvaggia che ha purtroppo interessato altri luoghi del Cilento. Insieme alle bacche di ginepro le note aromatiche del gin si devono al mirto, al finocchio di mare e alla scorza dei limoni di Scario. Ma ogni bottiglia è diversa perché la stagionalità delle materie prime dona profumi e sfumature olfattive diverse, anche se a predominare sono i sentori resinosi del ginepro rosso e la sapidità che deriva dal finocchio di mare.
Un altro prodotto di cui Sebastiano è molto fiero è l’aceto aromatico di vino rosso nato da una disavventura. Nel 2008 infatti quasi 1000 litri di vino San Fantino divennero acidi. Piuttosto che buttare all’aria prodotto e fatica decise di trasformarli in aceto con l’aggiunta della “madre dell’aceto” ritrovata casualmente in una bottiglia abbandonata nella sua casa in paese. Questo prezioso ingrediente insieme a foglie di alloro, fiori di finocchio, bacche di mirto e trucioli di legno maturato in botti di quercia ha dato vita a un aceto dal colore ambrato apprezzato anche da grandi chef come Gennaro Esposito.
Nella campagna fitta di lecci e querce, dove abbiamo ammirato gli alberi di ciliegio più grandi mai visti e in cui spiccano i casali, uno degli elementi più dannosi è rappresentato dai cinghiali che nonostante i tratti elettrificati riescono ad arrecare molti danni alle vigne. Ma oggi siamo qui per nutrirci di bellezza e lo sguardo corre a mezza costa tra i vigneti da un lato e il mare luccicante dall’altro. E vista da qui è spettacolare San Giovanni a Piro, arroccata su un bastione di roccia e guardata a vista dal monte Bulgheria.
Locanda San Fantino
Via San Fantino, 8 – San Giovanni a Piro (SA)
www.sanfantino.com
Info: +39 0974 983442 – +39 349 7405959 – seba@sanfantino.com