Sulle strade della Valpolicella oltre il vino

Fuori confineSulle strade della Valpolicella oltre il vino
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Sulle strade meno trafficate che scorrono accanto a un Progno, uno dei tanti torrenti che serpeggiano tra le vigne della Valpolicella, può capitare di andare a passo d’uomo seguendo un trattore carico di uva appena raccolta.

Tra pievi, piccoli borghi e magnifici giardini

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L’autunno è tempo di vendemmia e il profumo del mosto avvolge le strade e le colline tra cui si rincorrono boschi, vigneti e cipressi sui quali l’occhio si posa volentieri. E in mezzo a tutto questo verde spiccano piccoli villaggi, nobili ville e antiche chiese, che la temperatura gradevole e quasi primaverile invita a visitare.

Perché la Valpolicella non è solo vino. Sin dall’antichità è un territorio ricco d’acqua e di vegetazione e questi elementi hanno favorito gli insediamenti umani dalla preistoria in poi. E allora da dove cominciare? Dal piccolo paese San Giorgio di Valpolicella, uno dei Borghi più Belli d’Italia, conosciuto anche con il nome di San Giorgio Ingannapoltron, arroccato sulla cima di una collina da cui si gode una vista mozzafiato sulla Valpolicella occidentale e sul Lago di Garda.

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Da dove deriva il simpatico appellativo con cui in zona lo definiscono? Il delizioso borgo si trova su un’altura che dal basso sembra facilmente raggiungibile ma vi si arriva soltanto dopo un lungo e faticoso cammino su strade che adesso si percorrono comodamente in auto: per cui secondo la tradizione “inganna il poltrone”!

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Il centro fu abitato fin dall’età del bronzo, come testimonia lo scavo archeologico sotto la splendida pieve romanica affrescata, accanto alla quale si fa notare l’incantevole chiostro formato da tre dei quattro colonnati originali con al centro un pozzo.

L’interno, suggestivo e sublime come in tutte le chiese romaniche, è decorato da cicli di affreschi: i più antichi risalgono all’XI secolo, quelli meglio conservati al Trecento. Molto interessante il ciborio longobardo, un baldacchino in pietra finemente cesellata con incisi nodi celtici e figure di animali e piante.

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Nella frazione omonima di San Pietro in Cariano, sorge la preziosa pieve di San Floriano, una delle più belle chiese romaniche della provincia di Verona, affiancata da un lato dal campanile costruito in cotto e tufo e dall’altro da un bel chiostro seicentesco.

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Sulla facciata è interessante notare blocchi di pietra di recupero, resti di un’ara pagana con simboli sacrificali come l’anfora, il coltello e il piatto delle offerte, che fanno pensare che l’edificio sia stato edificato su un preesistente tempio di epoca romana, forse dedicato a Giove o alla dea Flora.

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A proposito di flora, imperdibile la visita al Giardino di Pojega, uno dei più bei giardini all’italiana del mondo che si estende su 54.000 mq intorno a Villa Rizzardi. La tenuta fu acquistata nel 1649 dal Conte Carlo Rizzardi, mentre il giardino fu commissionato da Antonio Rizzardi all’architetto Luigi Trezza e realizzato tra il 1783 e il 1796.

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La particolarità di questa magnifica area verde è quella che concilia il giardino all’italiana, con piante e cespugli potati per creare gallerie, templi, labirinti e persino un teatro completamente fatto di bosso e siepi di carpino, al giardino romantico all’inglese formato da prato e bosco.

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Villa Rizzardi, invece, fu fatta edificare più tardi, tra il 1868 e il 1870, su progetto dell’architetto Filippo Messedaglia. La villa si affaccia su un laghetto ovale con al centro un gruppo di statue che sembra guardato a vista dalle serre per i cedri, mentre zampilli di acqua sorgiva per caduta creano divertenti giochi anche sonori.

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Il percorso prosegue attraverso il lungo viale di carpini che conduce al teatro di verzura con spazio scenico, orchestra e cavea in bosso. Si torna indietro passeggiando nel viale al centro del complesso tra due file di cipressi e palme che conduce al boschetto popolato da animali in pietra e al Tempietto di Stalattiti.

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Oltre, lo sguardo giunge fino al borgo di Negrar tra i filari ben pettinati delle vigne da cui si raccoglie una parte dell’uva con cui le Cantine Guerrieri Rizzardi, attuali proprietarie del complesso, producono i loro vini che posso essere degustati e acquistati alla fine della visita nei locali un tempo adibiti al lavoro agricolo.

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Bisogna arrivare a Sant’Anna di Alfaedo per raggiungere il Ponte di Veja, un maestoso arco in pietra calcarea che rappresenta la parte rimasta del crollo di un’enorme caverna carsica. Le dimensioni del ponte sono davvero impressionanti: la sua altezza è compresa tra i 24 e i 29 metri e lo spessore dell’arcata è tra i 9 e gli 11 metri.

Al suo cospetto ci si sente piccoli piccoli ma è tutta l’atmosfera del luogo che cattura per cui non meraviglia che anche personaggi illustri ne siano stati rapiti. Tra gli altri Andrea Mantegna che riprodusse questo scenario in un affresco della Camera degli Sposi del Palazzo Ducale di Mantova e Dante Alighieri che sembra abbia tratto ispirazione dal ponte per ideare “Malebolge”, l’ottavo cerchio dell’Inferno della sua Divina Commedia.

Siamo sulle strade della Lessinia, dal 1990 dichiarata dalla Regione Veneto Parco Naturale Regionale allo scopo di preservarne e valorizzarne gli aspetti naturalistici e paesaggistici caratterizzati dalla pietra estratta ancora oggi nelle cave di Sant’Anna di Alfaedo e chiamata Pietra della Lessinia o di Prun. Una volta tutti i villaggi della zona venivano costruiti in pietra che era anche utilizzata in lastre ai bordi delle strade per delimitare le proprietà mentre attualmente viene usata per coperture dei tetti e stipiti di porte e finestre.

In passato le lastre di marmo venivano estratte in profonde gallerie lasciando immensi pilastri a sostegno delle volte man mano che si scavava il materiale. Alcune di queste monumentali cave le abbiamo viste ai bordi delle strade nel raggiungere Cerna, frazione di Sant’Anna di Alfaedo, dove Andrea Cecchinato, ex manager di una grande azienda a Milano, ha avviato un progetto di elicicoltura creando un allevamento di chiocciole.

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L’ha chiamato Bogoni e Bogonelle, nome veneto delle chiocciole grandi e piccole, e ci ha accompagnato in un tour alla scoperta di come si preleva la bava, alla base di preparazioni quasi miracolose per la pelle, e di come si allevano quelle che vengono destinate all’alimentazione.

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L’allevamento delle sue “Helix Aspersa Muller”, le migliori dal punto di vista gastronomico, è stato creato in una cava per l’estrazione del marmo dismessa e abbandonata. In questa sorta di anfiteatro chiuso da pareti in pietra e vegetazione spontanea crescono le chiocciole che vengono immesse piccolissime in primavera e che poi sono raccolte a fine estate.

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Andrea ce ne ha fatta vedere qualcuna sottraendola al suo letargo e ci ha fatto notare quanto la struttura del guscio dipenda dal terreno e dall’alimentazione, così come la qualità della carne. Non è affatto semplice il processo di spurgare le lumache che vengono tenute in cassette senza cibo per circa 10 giorni e poi confezionate e vendute, fresche o surgelate, senza guscio perché le ricette tradizionali venete non lo prevedono.

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Comments

  1. Sempre bello leggervi!
    Ancor più quando raccontate “casa nostra” con questo entusiasmo.
    Grazie per i racconti e le foto…peraltro l’allevamento di “bogoni e bogonele” non lo conoscevamo nemmeno noi! 🙂

  2. Contenti di avervi fatto scoprire una realtà molto interessante di casa vostra! In più il lato selvaggio della Valpolicella rappresentato dai Monti Lessini ci è piaciuto molto 😉

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