La prima neve di Otto

Fuori confineLa prima neve di Otto
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Eravamo convinti che a Otto la neve sarebbe piaciuta molto! Ma non avremmo mai pensato che l’avrebbe conosciuta durante il tour organizzato per noi da Gallo Rosso nella zona del Parco Naturale Sciliar-Catinaccio.

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Non è generalmente un periodo in cui nevica, ma a metà novembre dello scorso anno di neve ne è caduta parecchia, tanto che il manto candido non solo ha improvvisamente trasformato lo scenario da autunnale in invernale, ma ha creato anche non pochi problemi di viabilità e di interruzioni della corrente elettrica.

Tra l’Altopiano dello Sciliar e l’Alpe di Siusi

Così, prima di affrontare i 1000 chilometri che separano la nostra Puglia dal Trentino Alto Adige, abbiamo voluto informarci e rassicurati siamo partiti per questa zona in cui in non eravamo mai stati.

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La nostra prima impressione? Un luogo fiabesco, parte integrante del gruppo dolomitico trentino e dalla sagoma inconfondibile grazie alle due cime Punta Santner e Punta Euringer. La prima, che è la parte terminale del massiccio, era chiamata “punta del Diavolo” e ha preso il suo attuale nome dallo scalatore Johann Santner che nel 1880 per primo la scalò.

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L’altopiano è formato da un massiccio di pietra calcarea, che presenta ripide pareti rocciose, ma in cima la sua forma si appiattisce garantendo verdi pascoli alle mandrie che qui vengono portate in estate. Ma ciò che ci ha davvero affascinato sono le antiche leggende da cui è avvolto. Nel Medioevo, infatti, si pensava che lo Sciliar fosse un luogo d’incontro per streghe e diavoli.

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Si racconta che le Streghe dello Sciliar, Schlernhexen in tedesco, si radunavano in questi luoghi per scatenare forti temporali. La leggenda sfuma i suoi contorni nella storia e documenti del tempo testimoniano che, solamente nell’area di Fiè, vennero processate e uccise nove donne per stregoneria.

Oggi di tutto ciò rimane il racconto e una certa aura di mistero, nonché i nomi di alcune particolari formazioni di roccia chiamate le Panche delle Streghe (Hexenbänke, in tedesco), una sorta di poltrone con bracciolo e schienale, situate sul Monte Bullaccia. Mentre nel bosco poco sopra Castelrotto, in località Tiosels, si trovano due blocchi di pietra, noti come Sedie delle Streghe.

Data la tanta neve non ci è stato possibile raggiungere questi luoghi, ma abbiamo comunque incrociato la storia delle streghe visitando il Castello di Presule, che sorge proprio di fronte alla veranda dell’appartamento nel maso Funtnatscherof, in cui abbiamo soggiornato a Fiè allo Sciliar.

Qui aveva sede il tribunale di Fiè in cui dal 1506 al 1510 si tennero i processi di stregoneria. Negli atti dei processi, custoditi nel Museo Nazionale di Innsbruck, si leggono testimonianze di gente del posto secondo cui le donne furono viste volare sullo Sciliar nel cuore della notte, a cavallo di una scopa. La realtà, invece, racconterebbe di donne esperte conoscitrici di piante ed erbe dalle proprietà curative, frequentatrici di boschi per raccoglierle che, nella fantasia popolare, venivano definite streghe e additate come dedite a misteriose adunate notturne durante le quali danzavano in compagnia del diavolo.

Non solo streghe, ma anche stregoni dotati di poteri e di una forza straordinari, pare abitassero la zona. Ma negli atti processuali non c’è traccia di uomini finiti al rogo per stregoneria, mentre le atrocità degli avvenimenti nei confronti delle streghe sono ricordate da una lapide posta davanti al castello.

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Lungo il viale di accesso sulla destra, è importante porre attenzione a una scultura che rappresenta le tre anime del Sud Tirolo: la tedesca, la ladina e l’italiana.

Se il castello si trova poco fuori l’abitato, la Chiesa Parrocchiale di Fiè allo Sciliar, in tedesco Völs am Schlern, si trova nella piazza principale del paese, nel punto più alto di Fiè di Sotto, tra le località di Fié di Sopra e Peterbühl. Originariamente in stile romanico, nel XVI secolo in seguito a un rogo, venne ricostruita in stile gotico, mentre ristrutturazioni successive avvennero nel XVI e XVIII secolo quando, alla torre campanaria, venne aggiunta la cupola a bulbo.

L’esterno è in stile tardogotico, mentre all’interno spiccano il trittico del Maestro Narziss di Bolzano, che risale al XV secolo, il ricco pulpito barocco e l’organo in stile rococò, costruito attorno al 1760 dal tirolese Ignaz Franz Wörle.

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Prima di proseguire la passeggiata verso il laghetto, che è uno dei simboli del borgo e a noi si presenta nascosto da ghiaccio e neve, abbiamo voluto raggiugere la chiesa più antica di Fiè e di tutta l’area dell’Alpe di Siusi, quella di San Pietro che svetta in isolato silenzio sul Colle Peterbühl.

Nella stessa zona ci siamo fermati a gustare la cucina altoatesina tradizionale nella trattoria Pitschlmann che offre non solo una saporita cucina casareccia, ma anche la possibilità di un incontro singolare. Quello con i tre cammelli di Sepp Haselrieder, Sharan, Tiguan e Toucan, che in barba al clima rigido altoatesino si sono adattati benissimo, trascorrendo l’inverno in stalla insieme ad asini e cavalli, e l’estate all’aperto sulla Malga Tuffalm ai piedi dello Sciliar. Ma come si trovano qui? Sono stati il gradito regalo del cinquantesimo compleanno del signor Haselrieder e ora sono diventati un’attrazione per i turisti. Rispetto ai loro simili che vivono nel deserto, hanno un pelo più folto dovuto al diverso contesto climatico e vivono in armonia con alpaca e lama.

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Per digerire, niente di meglio di un salto in alto verso l’imponente massiccio dello Sciliar che confina con l’Alpe di Siusi, ski area collegata con quella della Val Gardena e parte del carosello sciistico Dolomiti Superski. Gli impianti sono ancora chiusi perché la quantità di neve caduta fuori stagione ha colto di sorpresa tutti, ma il panorama intorno a Compaccio (Compatsch), dove si trovano la stazione a monte della cabinovia dell’Alpe di Siusi e la stazione della cabinovia Bullaccia, incanta nonostante il sole non abbia garantito la sua presenza facendo risaltare il candore delle cime.

Certo Otto si è divertito ugualmente a tuffarsi e a rotolarsi nella bianca e soffice coltre di neve in questo magnifico scenario, patrimonio naturale dell’UNESCO dal 2009.

Rimanendo in tema fiaba, uno dei paesi che più ci è piaciuto è Castelrotto, o Kastelruth in tedesco, e Ciastel in ladino, famoso per i Kastelruther Spatzen, i “Passerotti di Castelrotto”, vero e proprio fenomeno della musica popolare tedesca, come testimoniano gli innumerevoli dischi d’oro e platino vinti dal gruppo.

Il borgo è sormontato dall’imponente campanile barocco della chiesa parrocchiale consacrata ai santi Pietro e Paolo, alto ben 88 metri e simbolo dell’importanza e della ricchezza di Castelrotto durante i secoli passati. Il primo, gotico e con otto campane, fu distrutto nel 1753 da un incendio, quello attuale, costruito in stile classicistico, vanta ben nove campane ed è staccato dalla chiesa, una cosa piuttosto rara in Alto Adige.

Cosa ci è mancato? Il bagno di fieno, la cui tradizione che risale a 110 anni fa, trova origine proprio a Fiè allo Sciliar. A causa delle strutture chiuse per ferie abbiamo dovuto rimandare questo salutare bagno per cui il fieno viene tagliato la mattina presto, ancora umido di rugiada, o la sera, perché allora gli oli eterici contenuti sono più elevati, poi fatto essiccare per tre giorni e riscaldato a una temperatura dai 40° ai 60° C. Questo trattamento, provato tanti anni fa a Pejo, è davvero miracoloso per alleviare i dolori e avrei voluto riprovare la piacevole sensazione di venire avvolta da fieno e caldi cuscini d’acqua. Un altro dei motivi che ci riporterà presto di nuovo qui!

In collaborazione con Gallo Rosso Agriturismo in Alto Adige

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Comments

  1. Rosalia, non potevi saperlo ma ora mi hai dato un altro ottimo motivo per regalare al mio compagno un viaggio in queste zone per l’autunno. La caccia alle streghe ed i processi sono stati a lungo materia di studio per lui.
    Se poi ci aggiungiamo i paesaggi da fiaba ed il cibo meraviglioso, il colpo di fulmine con questi luoghi è più che assicurato!

  2. Allora Simona dovete assolutamente conoscere questo angolo d’Italia! E ti dico di più mi sono molto appassionata anch’io… e ho approfondito: nel vicino Friuli Venezia Giulia ci furono altri processi e altri roghi e sono venuta a conoscenza di figure maschili di cui non sapevo nulla, i benandanti.
    Un giorno mi piacerebbe scrivere qualcosa, magari un libro, su questi argomenti facendo ricerche sul nostro territorio: l’Inquisizione colpì duro ovunque… e chissà che non scopra di avere qualche “strega” tra le mie ave 😉

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