Nardò, splendida cittadina a poco più di 14 chilometri di distanza da Lecce, può fare da punto di partenza per andare alla scoperta di quel meraviglioso territorio tra terra e mare chiamato Terra d’Arneo dalla storia antichissima e intensa, fatta di incontri e mescolanze con culture diverse.
La Terra di Arneo, dal mare all’interno
Ma c’è un’altra ragione per noi di Conversano per voler partire proprio da qui. Siamo infatti molto legati a questa zona e a Nardò in particolare. Bisogna tornare un po’ indietro nel tempo quando le due cittadine erano accomunate dalla famiglia degli Acquaviva d’Aragona che governò la Contea di Conversano e il Ducato di Nardò dalla fine del XV secolo sino agli inizi dell’800. Nel 2008 tale legame è stato suggellato dal gemellaggio tra le due città in onore alla loro storia comune.
Ma sin da bambina ho sentito parlare di Nardò in relazione a una leggenda un po’ macabra in cui protagonisti erano Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona, detto il Guercio di Puglia, e sei sacerdoti neretini. A metà del 1600 scoppiarono a Nardò dei moti contro gli Spagnoli e quindi anche contro i feudatari Acquaviva d’Aragona. In quell’occasione il Guercio represse l’insurrezione con un bagno di sangue accompagnato da stupri, saccheggi e devastazioni che non risparmiarono i religiosi. E si dice che sei canonici furono uccisi e fatti scuoiare e con la loro pelle il conte fece tappezzare alcune poltrone che poi condusse con sé nel castello di Conversano.
Lasciatoci il passato alle spalle ora a Nardò torniamo da turisti e questa volta abbiamo fatto tappa in una delle strutture del Gruppo Hm Domus, che racchiude bellissime dimore storiche in un raffinato albergo diffuso nel cuore del centro storico della cittadina.
Insieme al nostro Otto siamo stati ospiti del Relais Il Mignano, un antico palazzo medievale che prende il nome dall’imponente balcone barocco che si affaccia sul portone principale che permetteva alle nobili donne che vivevano nell’edificio di guardare in strada senza essere viste.
Varcando il grande portone si viene accolti da una bella corte con tavoli e sedie in ferro battuto dipinto di bianco che sembrano intagliati nello zucchero. Poi una scala stretta conduce ai salotti e alle confortevoli camere dalle tinte chiare e riposanti. E alle terrazze che ospitano i tavoli del ristorante e dalle quali sembra quasi di poter toccare il Castello Aragonese che ha perso il suo aspetto di arcigno maniero in quanto trasformato in residenza della famiglia Personè tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo.
L’incanto continua passeggiando per le strade lastricate di Nardò dove sembrano pavoneggiarsi i palazzi nobiliari dalle facciate riccamente decorate che fanno a gara con quelle delle chiese.
Poi lo sguardo si allarga allo stupore una volta arrivati in Piazza Salandra ove svetta la guglia con la statua dell’Immacolata e tutt’intorno protagonisti sono il cinquecentesco Sedile, con la statua del protettore San Gregorio Armeno, l’antico Palazzo della Pretura, la chiesa di San Trifone e la Fontana del Toro.
A pochi chilometri le spiagge chiare, trasparenti e color acqua marina di Sant’Isidoro e le coste rocciose e frastagliate di Portoselvaggio e Torre Inserraglio. E poi la cala a mezzaluna di Santa Maria al Bagno che nel Museo della Memoria e dell’Accoglienza continua a raccontare le storie dei tanti ebrei deportati, ospitati qui dagli abitanti del posto tra il 1943 e il 1947.
E poi i “nostri posti” dove torniamo sempre per riempirci il cuore di emozioni: l’elegante Santa Caterina, racchiusa tra due torri d’avvistamento, a sud Torre Santa Caterina avvolta da una fitta pineta e a nord Torre dell’Alto, che funge da ingresso suggestivo al Parco Naturale di Porto Selvaggio e alla Palude del Capitano.
Tra il mare e la città la località Le Cenate, con ville e casini dove la nobiltà locale trascorreva la villeggiatura. Il nostro consiglio? La passeggiata sul mare al tramonto nel Parco Naturale della Palude del Capitano dove i raggi del sole giocano a specchiarsi nelle “spunnulate”, cavità sotterranee aperte in superficie in cui si mescolano l’acqua salata proveniente dal mare e l’acqua dolce della falda freatica, che occhieggiano tra praterie di salicornia.
In auto, seguendo la litoranea si distinguono Torre Sant’Isidoro e Torre Squillace e poi si raggiungono Porto Cesareo e la sua area marina protetta. E presto vi racconteremo un’altra bella avventura: quella che insieme a Otto abbiamo vissuto a filo di vento con l’Isola dei Conigli sullo sfondo e il sole che incendia il cielo e il mare.