Sorprese a ovest tra terra e mare

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A ovest, sul lato ionico dell’Alto Salento, dopo aver esplorato il lato mare (https://www.cittameridiane.it/chiare-fresche-e-dolci-acque/) non è da meno l’interno, da visitare nel tardo pomeriggio, alla luce del tramonto che rende tutto color dell’oro: chiese, palazzi, castelli. Da non perdere la visita a quello di Copertino, uno dei simboli della città insieme al vino.

A ovest nell’entroterra del Salento

Edificato su una precedente fortezza angioina, il Castello di Copertino, rappresenta una delle più imponenti strutture difensive dell’area salentina a ovest. Riccamente decorato il portale rinascimentale, mentre all’interno del cortile meritano di essere “scoperte” la cappella di San Marco affrescata da Gianserio Strafella, pittore manierista originario proprio di Copertino, e la cappella di Santa Maria Maddalena.

Progettato da Evangelista Menga, architetto dell’imperatore Carlo V, il castello oggi presenta un’altra particolarità: sui suoi bastioni, come cinque secoli fa, quando sui terrazzamenti più alti crescevano viti e olivi per resistere in caso di assedio, sono stati piantati a cura della Cantina Cupertinum (Via Martiri del Risorgimento 6, tel. +39 0832 947031 – www.cupertinum.it – cantinacopertino@libero.itcontatti@cupertinum.it), un’azienda storica del vino pugliese, viti di Negramaro. La prima vendemmia è prevista per il prossimo anno, ma intanto il vigneto sulle mura fortificate è diventato un motivo in più per un giro a ovest e visitare il bel maniero di Copertino.

Anche Nardò vanta un centro storico di pregio che rappresenta un vero tripudio d’arte barocca, grazie a Piazza Salandra, un concentrato di opere d’arte tra la guglia dedicata all’Immacolata di origine quattrocentesca, il Palazzo di città, il Sedile. Numerose anche le chiese che testimoniano l’indiscusso valore religioso e artistico di una cittadina diventata già nel 1413 sede di diocesi: l’imponente Cattedrale, la Chiesa di San Domenico, la Chiesa di San Trifone, la Chiesa di Sant’Antonio e il monumento dell’Osanna nei pressi di Porta San Paolo. Anche qui non manca il castello progettato dall’architetto Giulio Antonio Acquaviva, duca di Atri e allievo di Francesco di Giorgio Martini. Ha perso il suo aspetto di arcigno maniero, come lo volle il Guercio di Puglia dopo la rivoluzione neretina del 1647 scoppiata in concomitanza con la rivolta popolare di Napoli guidata da Masaniello, quando fu oggetto di un decisivo rimaneggiamento che lo trasformò in residenza civile della famiglia Personè tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo.

Il giro della città può terminare a un tavolo della storica cantina Schola Sarmenti (Via G. Cantore 37, tel. +39 0833 567247 – www.scholasarmenti.it – info@scholasarmenti.it) dove degustare una o più delle dodici etichette prodotte dalle viti coltivate ad alberello con esemplari che vantano fino a 80 anni di storia. I vini derivati da vitigni autoctoni quali Fiano, Negroamaro e Primitivo racchiudono tutto l’animo di un terroir accarezzato dalla brezza dei due mari, riposando poi in grandi cisterne d’acciaio sotto le volte a stella della parte superiore della cantina oppure in barrique di quercia francese ospitate nei suggestivi spazi sotterranei a quattro metri sotto il suolo una volta adibiti a cisterne per stivare il vino.

La gentile e preparata Martina ci ha accompagnato nella degustazione e nella visita alla cantina che, dopo uno scrupoloso restauro durato tre anni, è stata riportata all’antico splendore di stabilimento vinicolo costruito nella metà dell’Ottocento. Le famiglie Marra e Calabrese hanno fortemente voluto far risorgere, dopo 50 anni di oblio, questo simbolo dell’enologia salentina che al suo interno, oltre cantina e barricaia, ospita anche un’accogliente sala in cui assaporare la cucina locale in abbinamento alle etichette Schola Sarmenti, per una completa e appagante esperienza di gusto.

Sempre a ovest ma tornando verso il mare di Sant’Isidoro, una mezzaluna candida con le acque turchesi e dal fondale basso e trasparente perfetto per le famiglie, d’obbligo la sosta a Masseria Bellimento (litoranea Santa Caterina-Sant’Isidoro, tel. +39 327 6929376 – bellimento@live.it) per l’acquisto di formaggi e latticini molto saporiti grazie al pascolo brado delle vacche che non è difficile incontrare al tramonto sulle dune e sugli scogli verso Torre Squillace.

Poi le alternative sono due: l’aperitivo a Ristorante Pizzeria da Rocco a due passi dal mare vista torre al tramonto (località Torre Squillace, tel. +39 333 364 2457) oppure crudo di mare e polpette di polpo quasi pied-dans-l’eau da Blu Mare a Torre Sant’Isidoro (Via Leuca, tel. +39 338 3406810 – +39 333 3060115 – info@ristoranteblumare.it) con la possibilità di scegliere direttamente dai banchi della pescheria all’interno del locale.

Caldamente consigliato anche un giro in barca con partenza da Porto Cesareo lungo la costa fino a Torre Lapillo, Torre Castiglione e poi verso l’Isola dei Conigli: per provare anche l’esperienza del pescaturismo si può uscire in mare con Giovanni Colelli e il suo Sparviere (Pescaturismo Sparviere, Porto Cesareo, tel. +39 338 9983491 – www.pescaturismopervivereilmare.it).

Non può mancare il bagno in queste acque protette e limpidissime e una nuotata a pelo d’acqua con la maschera per ammirare le colonne romane posate sul fondo da secoli nella prateria di fanerogame, un’autentica rarità biologica che offre ossigeno, rifugio e nutrimento a numerosi organismi marini.

Tra questi, l’unico organismo fino a oggi conosciuto capace di invertire il proprio ciclo biologico e di sfuggire alla morte: la piccola idromedusa “Turritopsis nutricula” dal diametro massimo di 2 millimetri che quando raggiunge la maturità sessuale dopo essersi riprodotta, anziché morire, scende sul fondo e si ritrasforma nello stadio giovanile di polipo da cui era stata generata. Nel momento in cui le condizioni ambientali sono favorevoli, dal polipo si sviluppa una nuova fase di medusa, e così di seguito, indefinitamente. Insomma, una sorta di araba fenice che però non risorge dalle sue ceneri, bensì dal fondo del mare.

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