Sono tra coloro che da bambini hanno vissuto la “villeggiatura”. Si attendeva con impazienza la fine della scuola per partire, ogni volta quasi un trasloco compresi gatti, pesci rossi e tartarughine, per la villa di famiglia a La Selva di Fasano, uno spazio della memoria che per me custodisce l’essenza dell’infanzia e dell’adolescenza.

I ritmi lenti della villeggiatura

Un luogo a quei tempi ancora immerso nella pace incontaminata della natura, dove la vita scorreva secondo ritmi lenti e gli avvenimenti erano rappresentati dalle visite che le mie zie ricevevano o che dovevano ricambiare alle loro amiche che abitavano in ville enormi dagli ombrosi parchi.

Cenate

Per noi bambini passare le estati a Villa Cofano significava vivere le prime avventure in autonomia: dopo i pranzi rumorosi nella luce accecante che penetrava dalle grandi finestre della sala con il tavolo sempre apparecchiato, era prevista la pennichella, ma trovavamo sempre il modo per sottrarci. Io, che dormivo nel mio privato trulletto, uscivo dalla bassa finestra per giocare protetta dal verde dei pini durante i caldi pomeriggi assolati. Poi, verso l’imbrunire, dopo la merenda con i piccoli pani preparati apposta per noi dalla moglie del mezzadro insaporiti dai pomodori appena colti oppure con un uovo bevuto direttamente attraverso un foro nel guscio ancora caldo perché preso direttamente dal pollaio, si andava a piedi o in bicicletta alla Masseria Torremoscia per comprare il latte appena munto da gustare il mattino dopo a colazione.

A ricordare ora questi momenti sembra davvero un’altra vita, vissuta da comunità ormai perdute… Quella villa esiste ancora, ma non ci torniamo più da tempo e da quest’anno appartiene ad altri. In qualche modo è meglio che sia andata così, perché i ricordi rimangano come sono, senza la rimozione che nasce dal disincanto legato all’età adulta.

Trascorrere qualche giorno a Le Cenate presso Villa Teresa (Via Taverna 14, Nardò – +39 347 9188102), antica residenza che risale al 1870, mi ha riportato alla mente quelle estati, lunghe e sospese nel tempo. Anche questa località, come La Selva, era un luogo di villeggiatura sorto per rifuggire il caldo torrido delle case in paese, che comprende le Cenate Vecchie, con le ville più antiche, e le Cenate Nuove, con ville edificate a cavallo dei due secoli scorsi, e ospita numerose dimore d’epoca inserite in un contesto di giardini secolari.

Tre le ipotesi sul nome di questa località. La prima lo fa risalire a una sorgente d’acqua sulfurea calda detta “Cenata”. La seconda, più godereccia, è legata al ricordo delle cene e dei banchetti nelle ville dei signori. Ma la più accreditata è quella che riporta all’area votata alla viticoltura, in particolare alla coltivazione di un’uva detta “acinata”.

Anche se a pochi chilometri dal mare, passeggiando tra strette strade di campagna che fiancheggiano queste dimore, barocche, in stile moresco o liberty, si respira una pace assoluta tra il canto delle cicale durante il giorno e il verso acuto e stridulo dell’assiolo di notte.

Una vera oasi per chi come noi vuole godersi il mare durante la giornata, ma poi verso sera, torna volentieri “a casa” per riposare tra il fresco degli alberi e di antiche mura.

Villa Teresa offre ai suoi ospiti anche rinfrescanti bagni in una grande piscina sul retro della dimora dove, lontano da occhi indiscreti, godersi in tranquillità il caldo sole salentino.

Sulla strada che conduce al b&b incombe l’alto muro di cinta di Villa Taverna, la più antica delle Cenate, una imponente dimora che sembra risalire al XV secolo e che in origine era probabilmente un posto di cambio per cavalli e ostello per i viaggiatori, in quanto costruita sull’antica strada che univa Taranto a Leuca, i cui segni nella roccia sono ben visibili, scavati dai millenni. La facciata lineare è incoronata dal muro di cinta ad archi concavi e convessi, e abbellita da portale e balconcini barocchi.

Tra le più grandi in zona c’è anche la Villa del vescovo, dimora estiva del vescovo di Nardò, dallo stile neoclassico, ma con elementi barocchi riscontrabili nelle esuberanti decorazioni sotto le finestre del piano terra.

In zona anche un enorme trullo d’Alberobello, che come direbbe qualcuno “non c’azzecca” ma che ormai fa parte di questo paesaggio quasi a sfidare la magnificenza delle nobili dimore. Con alle spalle Posto di blocco, supermercato che eredita il nome dal centro militare di controllo nella II guerra mondiale, si raggiungono Villa Venturi e Villa Maria Cristina, che ospitò il comando degli alleati.

Nelle ville requisite, gli ufficiali inglesi e le loro truppe gestivano il soggiorno degli Ebrei scampati al concentramento e Villa Muci, oggi Fonte, fu mensa e sala d’incontro per i profughi. Edificata nel 1896 su un casolare seicentesco, ha lineamenti semplici con un pronao in stile classico e colonne con capitelli ionici. Peccato sia in stato di completo abbandono da tanti anni e mostri quasi impudicamente la sua bellezza sfatta a chiunque passi per la strada diretto al mare.

Dopo questo veloce giro tra passato e presente d’obbligo il bagno nelle acque fresche e pulite del Parco di Porto Selvaggio e della Palude del Capitano (vedi nostro precedente post: https://www.cittameridiane.it/chiare-fresche-e-dolci-acque/).

E poi aperitivo o cena al tramonto a Santa Maria al Bagno con un buon bicchiere di vino locale bianco secco e le irrinunciabili polpette di polpo!

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