Grand Tour è un termine che appare per la prima volta a fine Seicento. Nacque ai tempi della regina Elisabetta I che volle spingere i giovani nobili inglesi, futuri governanti, a viaggiare in Europa per osservare e apprenderne i costumi civili, culturali e politici.
Fu poi adottato dal canonico inglese Richard Lassels nel suo scritto “Voyage of Italy: The Grand Tour of France and the Giro of Italy” e nel giro di qualche decennio iniziò a essere usato per indicare un itinerario di viaggio molto particolare in Italia, all’insegna della cultura e dell’arte.
Tra il Vesuvio, Pompei ed Ercolano
Nel tempo l’usanza secondo la quale la formazione dei giovani di buona famiglia doveva trovare il suo compimento in un viaggio culturale, che dai libri e le lezioni dei precettori li portasse a conoscere direttamente i luoghi, si diffuse e dall’Inghilterra giunse in altre lande. Affrontarono il Grand Tour artisti e letterati come i francesi Montesquieu, Lamartine, Stendhal e il tedesco Goethe. Non mancarono le viaggiatrici: da Madame de Stael a Mary Shelley fino a Mariana Starke, i cui diari di viaggio sono considerati i veri precursori delle guide moderne, tra le altre.
Una meta imprescindibile del Grand Tour in Italia grazie alla sua ricchezza di storia e cultura era Napoli, allora la terza metropoli in Europa.
Cosa andavano a visitare gli artisti e i letterati viaggiatori a Napoli? Tra i numerosi palazzi aristocratici e le splendide chiese napoletane, una tappa importante era la Certosa di San Martino, che anche se non inerente al Mondo Antico, rappresentava una meta di grande suggestione offrendo una vista panoramica e mozzafiato sul Golfo di Napoli.
Oltre alla città di Napoli, i viaggiatori del Grand Tour erano attratti dai primi ritrovamenti archeologici di Ercolano, datati 1738, e di Pompei dieci anni dopo, i cui scavi furono particolarmente promossi da Sir William Hamilton, rappresentante dell’Impero britannico.
Pompei ed Ercolano sono stati per decenni il cuore del Grand Tour in Campania e il viaggio di formazione non poteva definirsi completo senza una visita ai siti archeologici preservati per secoli sotto strati di cenere e roccia lavica.
Ma, oltre alla meraviglia di domus romane, mosaici, sculture e affreschi, Ercolano era ed è la meta ideale per scoprire gli altri tesori del territorio vesuviano come la vicina Reggia di Portici e le Ville Vesuviane del Miglio d’oro.
La Reggia di Portici fu fatta costruire da Carlo di Borbone tra le pendici del Vesuvio e il mare, come propria residenza di villeggiatura circondata da un bosco a monte per la caccia e da giardini ornamentali e viali che giungevano sino al mare, al porto del Granatello.
Oggi è sede della facoltà di Agraria dell’Università Federico II con l’annesso MUSA – Musei delle Scienze Agrarie e l’Orto botanico e sono visitabili l’Appartamento reale, la Sala cinese e la Biblioteca storica. Purtroppo non abbiamo potuto farlo perché al suo interno stavano girando una serie TV per Netflix per cui le sale erano chiuse per le riprese.
Lungo la Strada regia per le Calabrie, nel tratto noto come il Miglio d’oro, l’aristocrazia del tempo edificò sontuose dimore di villeggiatura. Tra queste Villa Campolieto è senza alcun dubbio tra le più belle: voluta dal principe Luzio De Sangro, Duca di Casacalenda, fu iniziata nel 1755, cinque anni dopo il progetto fu affidato a Luigi Vanvitelli, l’architetto della Reggia di Caserta, che, dal 1763 al 1773, anno della sua morte, ne diresse i lavori, completati nel 1775 dal figlio Carlo.
Al piano nobile si sale attraverso un imponente scalone in piperno che conduce verso finestroni che illuminano il vano e che sono affiancati da due finte finestre che allargano i volumi con la tecnica del trompe l’oeil. Arrivati nelle sale al piano superiore ancora oggi si può rivivere la stessa atmosfera magica di un tempo. Dalle grandi finestre e dalla terrazza ellittica il panorama è mozzafiato: da un lato una splendida vista verso il Vesuvio e dall’altro il mare del Golfo di Napoli con Capri, Ischia e Procida.
Fu proprio in questa stanza nel 1981 vennero girate varie scene del film “La pelle” di Liliana Cavani tratto dal romanzo di Curzio Malaparte, con Claudia Cardinale e Marcello Mastroianni.
Rappresenta quindi il primo nucleo industriale italiano, precedendo di 44 anni la fondazione della Breda e di 57 quella della Fiat, ed è stato attivo fino agli anni ’70 del ‘900, quando l’affermarsi delle locomotive elettriche e diesel determinò il declino dei mezzi a vapore. Nel 1977 le officine divennero parte integrante del museo ferroviario, inaugurato nel 1989.
La sede espositiva si estende su un’area di 36.000 metri quadrati, di cui una parte è occupata da un meraviglioso giardino botanico con piante proveniente da tutto il mondo.
Dunque la visita al Museo di Pietrarsa consente di effettuare un duplice viaggio, tra la flora dei continenti e nel tempo: dal 1839, anno di inaugurazione della prima linea ferroviaria italiana, fino a giungere a tempi più recenti attraverso locomotive, carrozze, macchinari, modelli e plastici ferroviari.
Villa Signorini – Ercolano
DOVE MANGIARE
Ristorante Le Nuvole
Via Roma, 43 – Ercolano
Info: +39 081 7776423 – info@ristorantelenuvole.it
RO.VI. Pizzeria
Corso Resina, 187 – Ercolano
Info: +39 081 4617690