Concerto a otto mani ad Alberobello presso il Ristorante Evo di Gianvito Matarrese nel cuore dei trulli per la prima tappa della seconda edizione del Grand Tour del Gusto, il progetto dell’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto che celebra la cultura enogastronomica italiana e che attraverserà tutto il Sud Italia.
Un concerto di suoni e sapori
Per descrivere piatto dopo piatto le proposte dei 4 chef Gianvito Matarrese, Giorgio Trovato, Mauro Ladu e Iginio Ventura che hanno tagliato il nastro della partenza ufficiale del Grand Tour del Gusto, scomodiamo nientepopodimenoche il grande Bach che diceva: “Io suono le note come sono scritte ma è Dio che fa la musica”.
Trasferendo la frase tra pentole e fornelli, che Bach ci perdoni, possiamo asserire che ciò che è arrivato in tavola per il pranzo di inaugurazione dedicato a coloro che operano nel settore della comunicazione, è stato la conseguenza concreta di questo pensiero.
Gli chef hanno tradotto in superbi piatti, ognuno col suo stile, i prodotti dei loro territori, tra la Puglia di Gianvito Matarrese e di Iginio Ventura, orafo per mestiere e gelatiere per vocazione in quel di Peschici, la Sardegna di Mauro Ladu e della sua Abbamele Osteria a Mamoiada in provincia di Nuoro e il pizzico internazionale della Svizzera in cui presta la sua opera e la sua esperienza Giorgio Trovato. Senza dimenticare l’apporto indispensabile di Stefania Erroi che a ogni portata ha saputo abbinare il vino più giusto.
Questo concerto a otto mani, da cui tutti siamo stati rapiti, ci ha ricordato una volta ancora come musica e cibo siano canali paralleli in grado di parlare tutte le lingue del mondo. E di raccontarlo in modo egregio come hanno fatto Gianvito, Giorgio, Mauro e Iginio montando gli ingredienti come note, gli accordi come abbinamenti e i ritmi con il suono/gusto finale che ne è derivato come pura magia.
Il concerto servito a tavola ha avuto come esordio un tris di sapori intensi, dalla pettola con farcia di maionese al pomodoro secco alla sorprendente tartelletta al caffè con cipolla caramellata, di cui è stato richiesto il bis da più di un commensale, fino al fiore di lampascione fritto con aceto di Reggio Emilia, accompagnato da uno Spumante Metodo Classico Dosaggio zero della Linea Almaditria di UPAL, a base di Verdeca e Bianco di Alessano affinato 36 mesi sui lieviti.
A seguire la musica gioiosa e un po’ bambina dei sapori d’infanzia di Gianvito Materrese delle lumache, con salsa di mandorla e scaglie di tartufo servite in cocotte abbinate a uno Chardonnay Cantine Santa Margherita in un lungo viaggio fino in Alto Adige dal sentore raffinato della mela Golden.
Il gusto intenso e deciso della tradizione della domenica a tavola in Puglia ha avuto protagonista la carne di cavallo in una salsa al burronocciola con fungo cardoncello scottato e asparago in gel di arancia proposto con il primo assaggio di olio, un intenso monocultivar leccino prodotto da Intini. Una scommessa che il frantoio locale ha colto su suggerimento di Gianvito, dato che è una tipologia che raramente viene proposta in purezza.
Il primo dei primi piatti ci ha condotto in Sardegna con una pasta tradizionale chiamata “filindeu” che come ci ha raccontato Mauro veniva proposta come ristoro ai pellegrini che si recavano presso il Santuario di San Francesco d’Assisi. Una zuppa di pesce sublime esaltata da questo formato di pasta che viene lavorato per un’ora fino a realizzare dei sottili capelli d’angelo che poi vengono sovrapposti in tre strati. Sardegna anche nel bicchiere con il Vermentino Giunco della Cantina Mesa.
Prima di assaggiare il riso buono preparato da Giorgio Trovato, abbiamo provato il secondo olio derivato dalla cultivar abruzzese Borgiona dell’azienda Corleto di Ascoli Satriano: una bella scoperta che nei sentori e nel sapore rimanda al pomodoro e ricorda la nostra Sant’Agostino, anch’essa oliva da mensa e da olio.
Il risotto di Trovato mantecato al Pecorino di Moliterno ci ha portato in un prato immersi nei fiori di sambuco e poi davanti a un camino acceso tra il profumo di anice stellato e il retrogusto dell’affumicato del sigaro toscano. Con il vino siamo tornati in Alto Adige con le note fruttate e floreali di Luna dei Feldi Santa Margherita mentre con la mente ci siamo divisi tra la musica di Bach e la “Musica per organi caldi”, raccolta di racconti di Bukowski: ascoltare e leggere per credere!
Tra il primo e il secondo Stefania ci ha proposto un tocco orientale con uno shottino a base di kombucha e tempura di shiso purple con spuma al miso che ha preparato il palato alla portata successiva chiamata dal suo creatore, Giorgio Trovato, la coccola: filetto di branzino con cuore di gambero viola di Gallipoli avvolto da verza riccia e immerso in latte al cavolfiore e mandorla di Conversano. Come contorno di carattere shawarma di cardoncello con senape al miele, gel di funghi e polvere di radice di liquirizia, una sorta di kebab vegetale che ci ha fatto vivere un passaggio in medioriente prima di riatterrare in Puglia con la fresca granita al limone femminello preparata da Iginio Ventura.
L’ottimo pane glutenfree a base di canapa e farina di riso con profumo di limone si è perfettamente accompagnato all’olio del piccolo oleificio Passo della Palomba di Todi, una realtà tutta da scoprire.
Un rosso di carattere dai tannini persistenti ma allo stesso tempo morbido e vellutato, il Valpolicella Ripasso Valpatena Bertani del 2021, ha egregiamente “tenuto botta” al maialino con patate, cicoria e sapa di miele proposto da Mauro Ladu: la sapa di miele o abbamele, che dà il nome al locale dello chef, è un prodotto tipico della Sardegna che si ottiene dalla spremitura dei favi, poi cotta in acqua a fuoco lento e aromatizzata con arance o melecotogne.
Intanto il pranzo è diventato merenda ed è a questo punto che Iginio ci ha raccontato il suo predessert, il savarin in tre passaggi a base di gelato al Grana Padano con un’intrusione di pesto di elicriso, marmellata di limone femminello e peperoncino e melassa di carrubo su una sfoglia croccante.
A concludere un’altra creazione del pasticcere, il gelato con pan di Spagna bagnato al rum che fa da base a una mezza sfera dal cuore di caramello al burro salato, uno strato di caffè bianco, copertura di cioccolato bianco e crumble di caramello, sale Maldon e cioccolato fondente. Il rum Clement Xo in abbinamento ci ha fatto assaporare il gusto della Martinica chiudendo in modo magistrale questa prima tappa del Grand Tour del Gusto in cui ogni chef, proprio come avviene in un concerto a otto mani dove ogni partitura viene eseguita da un esecutore, ha scelto la sua parte. Ne è venuto fuori un incastro perfetto: all’orecchio un suono orchestrale d’insieme in cui con chiarezza si distingue il carattere solistico di ogni strumento, così come in bocca con i piatti in cui tutti e quattro gli chef hanno usato bene tecniche e ingredienti per realizzare le loro originali e personali partiture, tra tonalità luminose, gusti energici, portate vivaci e colorate.
Sarà anche la magia di Bach e di questo immaginario concerto a otto mani ma mentre scrivo sento i suoni rivestirsi di sapore in un naturale processo di condivisione, come quello che si è sviluppato a pranzo: divertimento di un gruppo di colleghi ma anche amici, studio e ricerca degli chef, impegno dei ragazzi in sala e della sommelier Stefania, che hanno lavorato a stretto contatto e in sinergia tra assaggi, intese spontanee e un’atmosfera magica.
A tavola con Bach, i piatti di Gianvito, Giorgio, Mauro e Iginio e le coccole alcoliche di Stefania, la vita è migliore!