Ercolano, la città sepolta

Fuori confineErcolano, la città sepolta
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Ercolano è stata la seconda tappa del nostro recente giro in Campania dopo Teano e la Terra di lavoro nel Casertano. Abbiamo scelto di soggiornare in questo centro a soli 12 chilometri da Napoli per due motivi: la visita agli scavi archeologici, Patrimonio Unesco dal 1997, e la passeggiata lungo il Miglio d’Oro, tratto della Strada Regia delle Calabrie, che ha stregato tutti gli illustri viaggiatori del Grand Tour.

Visita agli scavi con Otto

E per portarci avanti abbiamo scelto per i nostri #sognidoro Villa Signorini, una delle 122 ville vesuviane edificate tra il ‘700 e l’800 dalla nobiltà dell’epoca tra Ercolano e Torre del Greco lungo il tragitto verso il sito Reale di Portici, la residenza estiva di Carlo di Borbone.

Ercolano

Da lì siamo partiti alla volta degli scavi, raggiungibili anche a piedi in un quarto d’ora di passeggiata. L’accesso al sito, con sacchetti igienici per le deiezioni e museruola da usare all’occorrenza, è consentito anche agli amici a quattro zampe di tutte le taglie, che non possono entrare però nelle domus.

Ercolano

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Già dall’alto il panorama è straordinario: sembra di essere al cospetto di un enorme plastico che in sezione riproduca le due città, quella sepolta che parzialmente ancora giace celata sotto la nuova costruita venti metri più in alto con il nome di Resina che le rimase fino al 1969. Ercolano fu sepolta per oltre 2000 anni dalla coltre di lava e fango solidificato dell’eruzione del 79 d.C. che travolse anche Pompei. Fu solo nel 1709 infatti che, durante lo scavo di un pozzo, un contadino si imbattè in pezzi di marmo pregiato. Da allora cominciarono gli scavi per riportare alla luce la città che ha riservato e sicuramente riserverà anche nel prossimo futuro sensazionali scoperte.

Se l’eruzione interessò entrambe le città di Ercolano e di Pompei, non dando scampo a chi ci viveva, diverse furono le modalità. Pompei, come racconta Plinio, fu raggiunta immediatamente da una colonna di ceneri, lapilli e pomici accompagnata da una nube di gas che provocò la morte per asfissia dei suoi abitanti. Mentre a Ercolano si sprigionarono nubi ardenti tra i 400 e i 500 gradi che provocarono la morte istantanea per shock termico fulminante e la dissoluzione immediata dei corpi. Poi sommersi da una coltre piroplastica di oltre 20 metri di spessore dura come roccia che ha preservato case, dipinti di pregio e materiali organici in condizioni di conservazione eccezionali. Anche quelli lignei, che si sono carbonizzati ma non bruciati: incredibili i reperti di porte, infissi, arredi, frammenti di soffitti e perfino letti.

Ercolano

Prima di accedere al sito attraverso una scalinata che conduce a due grandi terrazze dedicate a Venere e al proconsole romano Marco Nonio Balbo, grande benefattore della città, abbiamo visitato insieme al nostro Otto il Padiglione della Barca e l’Antiquarium.
In questi spazi sono esposti i resti carbonizzati della barca trovata negli anni Ottanta nell’area dell’antica spiaggia dove furono rinvenuti anche i resti degli abitanti in fuga dall’eruzione, e i preziosi gioielli, danaro, le chiavi di casa o gli strumenti di lavoro, presi al volo tentando la fuga.

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Attraverso un ponte si giunge al Cardo III su cui si affacciano l’una di fronte all’altra la Casa di Argo e la Casa dell’Albergo, due grandi dimore patrizie. La prima caratterizzata da un giardino racchiuso da un porticato su colonne e pilastri e l’altra da una terrazza aperta verso il mare. Alle spalle c’è la Casa dello Scheletro che prende nome dalle ossa della persona probabilmente colta nel sonno dall’eruzione: all’interno un bellissimo ninfeo con nicchia a mosaico e pietre dure.

Oltre agli edifici conservati sino al terzo piano, con decorazioni dipinte e pavimenti in marmo, degne di nota sono le Terme, divise tra maschili e femminili, con i vari ambienti dai raffinati pavimenti in mosaico a tema marino: apodyterium (spogliatoio), frigidarium (sala non riscaldata), tepidarium (sala riscaldata a temperatura media) e calidarium (sala riscaldata a temperatura calda) con labrum (fontana per l’acqua fredda).

Il Decumano Massimo era la strada principale della città con botteghe e locali commerciali di vario tipo, dai thermopolia, luoghi dove si poteva mangiare, ai panifici e rivendite di articoli vari. Vi si trovano anche due dimore importanti come la Casa del Bicentenario e la Casa del Salone Nero che si distinguono per le decorazioni importanti come quella della grande stanza che dà il nome alla seconda caratterizzata dalla zoccolatura in nero e pareti e soffitto affrescati con motivi fantastici.

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Nella parte ancora inesplorata si trovano Basilica e Augusteo, mentre parzialmente scavata è la Palestra a cui si accede attraverso un ingresso monumentale preceduto da un grande cortile rettangolare circondato da un portico.

Al centro del cortile si trova la piscina a forma di croce, visitabile attraverso un suggestivo tunnel ricavato nel deposito vulcanico. Al centro della piscina, il simbolo di Ercolano: la riproduzione della statua di Idra di Lerna, il mostro a cinque teste che fu sconfitto da Ercole, fondatore della città.

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Lungo il V cardo, si susseguono tintorie, panifici, tabernae e case su più piani che danno l’idea di una cittadina animata. All’interno di un forno sono ancora visibili due grandi macine in piperno e qui vennero rinvenute ben 25 teglie in bronzo, utilizzate per la cottura delle focacce di pane.

Ercolano

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Ci siamo tenuti per ultime quelle che vengono ritenute le gemme di Ercolano: la Casa di Nettuno e Anfitrite, la sede degli Augustales e la Casa dei Cervi.
Nella prima affascinano i colori vividi e i disegni della raffinata decorazione a parete con un giardino dipinto al cui centro risalta il mosaico raffigurante lo sposalizio tra Nettuno ed Anfitrite.

L’edificio della sede degli Augustales, i cittadini incaricati di garantire il culto degli imperatori venerati come divinità, presenta un prezioso pavimento ad intarsio con sottili lastre di marmo e pareti arricchite da eleganti pitture. Ma è in una stanzetta laterale che è stato rinvenuto un vero e proprio tesoro: i resti di un cervello vetrificato ritrovati nel cranio dello scheletro carbonizzato del presunto custode del Collegio consacrato al culto di Augusto trasformato dal calore estremo in frammenti simili a ossidiana.

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Ultima chicca la Casa dei Cervi, che prende il nome dalle due sculture di cervi assaliti dai cani che decorano il giardino. La dimora si sviluppa su una superficie di oltre 1.000 metri quadrati distribuiti su due livelli: al piano terra ci sono ampie sale riccamente decorate da affreschi con al centro un giardino racchiuso da un grande portico di forma rettangolare, coperto e finestrato, decorato lungo le pareti da affreschi e quadretti con amorini e nature morte. Il criptoportico comunica con la terrazza affacciata sul mare, abbellita da una pergola centrale e due piccoli giardini.

Interessanti anche la Casa sannitica, una delle abitazioni più antiche di Ercolano, perché come si evince dal nome si tratta di una dimora preromana dalle decorazioni in stile pompeiano in perfetto stato di conservazione, e la Casa del Rilievo di Telefo,la seconda più grande di tutta Ercolano.

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La visita si conclude con la discesa alla spiaggia dove si possono rivivere gli ultimi momenti della vita degli abitanti di Herculaneum.
Qui sono stati trovati i resti dei fuggiaschi: le riproduzioni degli scheletri delle 300 vittime dell’eruzione sono ammassate nei fornici, magazzini destinati al ricovero di barche, che avevano raggiunto per trovare riparo e per poter scappare via mare. Ma la nube piroclastica incandescente proveniente proprio dal mare li travolse senza lasciare loro alcuna via di scampo.

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