Brindisi: storia e simboli di una città di mare

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A Brindisi ci siamo tornati in una splendida giornata di sole dal tepore primaverile. Ci eravamo ripromessi di farlo per raccontare i gioielli che questa città cela e custodisce come una donna bellissima che ha ritrovato il suo fascino antico. A cominciare dal lungomare, una passeggiata bordata di alte palme lunga circa due chilometri che raggiunge la sua parte più scenografica nell’area compresa tra il giardino storico di piazza Vittorio Emanuele II, viale Regina Margherita e piazza San Teodoro d’Amasea.

Brindisi

Una giornata a Brindisi con Otto

Il nostro consiglio è quello di raggiungere il waterfront della città, dove spicca la maestosa Scalinata Virgilio sovrastata dalla colonna romana simbolo di Brindisi, dai giardini di fronte ai piedi del Monumento al Marinaio.

Brindisi

Infatti in questa parte della città chiamata Casale è facile trovare parcheggio (ed è anche gratuito) e poi raggiungere il centro al costo di 1 euro a bordo della motobarca, una piccola imbarcazione che collega il Lungomare con il rione Casale e il caratteristico Villaggio Pescatori.

Ma attenzione: prima di salire munitevi di spiccioli in quanto il biglietto viene emesso da una macchinetta che accetta solo monete. E, se viaggiate con un quattro zampe “ingombrante”, accertatevi di avere con voi la museruola perché il regolamento impone che i cani la indossino a bordo.

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Ma andiamo con ordine, perché prima di raggiungere il porticciolo per imbarcarci, abbiamo voluto scoprire un altro simbolo di Brindisi: il Monumento al Marinaio d’Italia. Intanto vi diciamo che è possibile visitarlo insieme al vostro amico a 4 zampe proprio come abbiamo fatto noi. Si raggiunge con l’ascensore la terrazza al quarto piano, dalla quale si gode una magnifica vista di Brindisi e del suo mare interno dalla particolare forma a testa di cervo.

Dall’alto si nota molto bene la conformazione naturale perfetta del porto che ha protetto sin dai tempi più antichi la città dalle mareggiate e consentito un riparo sicuro alle navi.
E che ha avuto un’importanza fondamentale nel rendere Brundisium un luogo strategico nel Mediterraneo sin dai tempi dell’antica Roma, raggiungendo l’apice ai tempi delle Crociate quando Brindisi divenne crocevia di cavalieri e pellegrini diretti al Santo Sepolcro.

Il Monumento al Marinaio d’Italia rende omaggio alla vocazione marittima della città e fu inaugurato nel 1933 alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Si erge per 54 metri custodendo all’interno della struttura a forma di timone antichi cimeli e foto in ambienti collegati da una meravigliosa scala elicoidale.

Al piano terra, di fronte al mare, si apre la cripta sacrario a forma di scafo capovolto dedicata ai caduti in mare durante le due guerre mondiali in cui ci sono anche le sei ampolle di vetro con le acque del Mar Rosso, Oceano Pacifico, Oceano Atlantico, Mar Mediterraneo, Mar Nero e Oceano Indiano.

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Lasciato il rione Casale e il caratteristico Villaggio Pescatori abbiamo raggiunto piazza Duomo su cui imponente svetta la Cattedrale risalente al 1089, ma ricostruita nel 1746, con la facciata austera impreziosita da decorazioni barocche.

Dall’attiguo portico dei Cavalieri Templari si accede al Museo Archeologico Francesco Ribezzo. L’ingresso è gratuito e consentito anche ai quattro zampe. Il percorso si snoda in sei sezioni: dalla sezione epigrafica a quella statuaria, dall’antiquaria alla preistorica, dalla numismatica alla splendida mostra subacquea con i Bronzi di Punta del Serrone, ritrovati nel 1992 a due miglia dal porto.

Il museo è custode della memoria storica della provincia e vi sono raccolti gli interessanti reperti della città romana rinvenuti a partire dagli anni Settanta a seguito dei lavori di sbancamento dell’attuale centro storico.

E notevoli sono le collezioni con esposizioni di ceramica che comprende vasi corinzi e attici, trozzelle, vasi apuli a figure rosse e una serie di vasi in vetro di età romana.

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Prima di lasciare la piazza alzate lo sguardo verso la magnifica Loggia del Palazzo Balsamo, balcone dalle mensole riccamente scolpite con figure allegoriche. Giunti all’ora di pranzo vi consigliamo la sosta alla Locanda del Porto per gustare deliziose specialità di pesce. Noi abbiamo scelto spaghettoni alla polpa di riccio e frittura di paranza con triglie, alici, merluzzi e piccole sogliole.

Nel primo pomeriggio abbiamo raggiunto Francesco dell’Associazione Le Colonne presso il Castello Alfonsino, chiamato anche Castello Rosso per la colorazione che la pietra con cui è costruito assume al tramonto. L’imponente fortificazione fu eretta sull’isolotto di Sant’Andrea oltre il canale Pigonati. Chiuso per decenni, dopo un lungo restauro ne è stata riaperta una parte a maggio dello scorso anno.

Visitare l’antica fortezza che sorge in mezzo al mare consente un tuffo indietro nel tempo quando rappresentava il baluardo di difesa dagli attacchi via mare di turchi e veneziani. La struttura è molto suggestiva ed è unica nel suo genere con all’interno una darsena che fa da porto interno e che divide il castello vero e proprio dal Forte dalla forma a corno in cui erano allestiti gli accampamenti dei soldati con la piazza d’armi.

Durante la visita Francesco ce ne ha raccontato la storia, articolata quanto la sua architettura. Inizialmente sull’isola venne edificata una importante abbazia benedettina in onore dell’Apostolo Sant’Andrea della quale rimangono solo alcuni maestosi capitelli esposti al Museo Archeologico.

Poi nel 1481, l’anno successivo alla presa di Otranto da parte dei Turchi, fu edificata una prima rocca di tre piani con altrettanti saloni di rappresentanza voltati a botte, a protezione del porto: l’iniziativa fu di Alfonso d’Aragona, duca di Calabria e figlio del re Ferdinando I di Napoli. E da lui prese il nome il castello definito Alfonsino.

Con l’avvento delle armi da fuoco la rocca fu munita di un avancorpo difeso da due baluardi, uno circolare, detto di San Filippo, e uno a punta di lancia verso il mare aperto per smorzare le mareggiate, che prese il nome di bastione del Cavaliere. Fu inoltre sistemata la suggestiva darsena quadrangolare, protetta da spesse mura, che per secoli fu l’unico accesso al maniero. Addentrandosi nella parte più antica della rocca si entra nell’enorme salone di rappresentanza dotato di un grande camino e di un lavabo in pietra finemente lavorato.

Il castello, che aveva resistito agli assalti dei Veneziani, presentava però un lato debole, per cui nei primi anni del regno di Filippo II d’Austria, figlio di Carlo V, fu deciso di completare la fortificazione dell’isola di S. Andrea con il Forte a Mare, costruito secondo i nuovi dettami dell’architettura militare, che prevedeva mura più basse e compatte e bastioni a punta di lancia ai vertici.

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Alla fine dei lavori fu eretto un monumentale portale realizzato con pietra bianca locale e tufo carparo sormontato dallo stemma di Filippo III.
L’isola dal Settecento divenne sede anche di un lazzaretto; fu poi unita alla terraferma mediante la diga di Bocche di Puglia e sulla Rocca Alfonsina fu innalzato un faro.

Agli inizi del Novecento, prima dello scoppio della Grande Guerra, il Castello fu trasformato in un arsenale dove le navi venivano equipaggiate per le missioni belliche. Francesco ci ha fatto notare la presenza di binari, testimonianza di questa ulteriore funzione del Forte, che prima del restauro erano presenti anche sul pavimento del salone di rappresentanza.

Singolare la vista dai terrazzi, su cui spuntano le centinaia di comignoli dei camini per il riscaldamento dei grandi ambienti per lo stazionamento dei soldati, e lo sguardo spazia verso il mare aperto oltre il porto esterno al di là della catena di isolotti chiamati Pedagne.

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