Domenica scorsa abbiamo partecipato, noi tre di Città Meridiane, io, Michele e Arturo, al trekking panoramico guidato dalla Cooperativa Serapia lungo il Canale di Pirro, in territorio di Alberobello: un percorso a forma di otto di poco più di 6 chilometri. La passeggiata è cominciata da Masseria Laire, nella graziosa contrada di Coreggia, e ci ha guidati alla scoperta di uno tra i tratti più selvaggi del lunghissimo Acquedotto Pugliese, maestosa opera idraulica realizzata agli inizi del ‘900.

Una passeggiata in natura

Prima di dare qualche informazione sul percorso, è opportuno dare indicazioni sui luoghi. Ci troviamo in quella depressione carsica definita Canale di Pirro. In due pergamene dell’XI secolo il Canale di Pirro è chiamato “Canale delle Pile”, probabilmente per la presenza di numerose cisterne, denominate appunto “pile”, presenti nell’area, utilizzate per la raccolta e la conservazione delle acque piovane che qui confluivano dai fianchi delle colline. La denominazione odierna è dunque una deformazione linguistica del toponimo originario, dovuta alla leggenda del passaggio del re Pirro in Puglia attraverso questi territori.

In realtà è più probabile che il suo nome derivi proprio da “pire”, tipiche costruzioni circolari in pietra, non più alte di due metri, che caratterizzavano anticamente queste campagne e che venivano utilizzate come raccoglitori finali delle acque piovane convogliate da un complesso sistema di canalizzazioni che ridistribuivano uniformemente le precipitazioni sul versante della valle interessato. Questa antica funzione è poi stata “sfruttata” per realizzare uno dei tronchi più interessanti dell’Acquedotto Pugliese.

La nostra guida, Marialucrezia Colucci, ha introdotto la visita parlando proprio dell’acquedotto, costituito da un complesso di infrastrutture tra loro interconnesse. La sua costruzione, fortemente voluta, tra gli altri, da Antonio Jatta, fu avviata nel 1906, con l’intento di risolvere il millenario problema della penuria d’acqua nella regione, già definita da Orazio come terra assetata: siticulosae Apuliae.

La realizzazione dell’opera fu possibile grazie all’utilizzo di ingenti mezzi finanziari (125 milioni di lire dell’epoca) e materiali, tanto che l’Acquedotto Pugliese è stato uno degli acquedotti più lunghi del mondo al tempo della sua realizzazione.
Sotto il profilo tecnico il canale principale costituiva con i suoi 244 chilometri un modello “ardito” di realizzazione tecnica che trasportava acqua dalla sorgente del Sele, collocata nell’Irpinia, fino a Villa Castelli, una delle ultime alture della Murgia meridionale, dove aveva inizio la piana salentina.

Camminando, tra gli ampi spazi panoramici sul Canale di Pirro e sulle gravine della Selva di Fasano, si incontrano ben 4 ponti, di cui il più impressionante per altezza è il ponte di Monte Tondo. Tutt’intorno la natura incontaminata caratterizzata dagli alti fragni dalle foglie color rame e dai rami contorti spesso coperti di licheni che li fanno assomigliare a fiabesche presenze tipiche delle narrazioni del Nord Europa.

Il percorso che segue l’acquedotto termina sull’imponente ponte di Cecca situato ad una altezza di circa 400 metri sotto Monte Tondo. Un ponte suggestivo e panoramico dal quale è possibile ammirare il bellissimo paesaggio, i vigneti del Canale di Pirro, la Selva di Fasano e la natura selvaggia e incontaminata delle vicine colline. Singolare la storia, tra realtà e leggenda, del nome Cecca dato al ponte.

In realtà, inizialmente questo era il nome di un pozzo, probabilmente una delle tante “pire” della zona, al quale si recavano gli abitanti del posto per attingere acqua. Qui spesso si notava la presenza inquietante di un fantasma che nella tradizione popolare rappresentava sia la morte violenta di una donna, tale Francesca, che di un uomo, che poi nel tempo si diceva lievitassero nella zona per proteggere un rilevante tesoro posto in fondo al pozzo. La passeggiata continua poi, attraverso campagne coltivate e muretti a secco, verso la masseria Laire dove ci attende il lauto pranzo domenicale a base di prodotti tipici locali, orecchiette al ragù e brasciole, col dolce finale di un delizioso liquorino al fico d’India.