L’Alta Tuscia da Acquapendente a Proceno

Fuori confineL’Alta Tuscia da Acquapendente a Proceno
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L’Alta Tuscia è quel territorio compreso tra Toscana e Umbria che rappresenta l’ultima propaggine a nord di un Lazio nascosto, spesso misconosciuto e quasi sempre sacrificato dalla ingombrante presenza di Roma.

Alta Tuscia: il Lazio tra Umbria e Toscana

Alta Tuscia

I borghi in Alta Tuscia non hanno una connotazione “laziale”, ma risultano ibridi nella storia, negli usi e nelle tradizioni gastronomiche. E l’accento risente più di inflessioni tosco-umbre che romane: del resto qui tra il XII e gli inizi del XV secolo si sono susseguiti “padroni” diversi.

Alta Tuscia

Acquapendente fu un feudo imperiale, pontificio, orvietano, senese. Nel 1434 fu conquistata dal duca di Milano, Francesco Sforza, ma nel 1443 ritornò alla Santa Sede sotto papa Eugenio IV.

Il suo simbolo è la Basilica del Santo Sepolcro a cui deve l’appellativo di Gerusalemme d’Europa. Infatti la chiesa, fatta edificare nel XII secolo dalla regina Matilde di Westfalia diretta a Roma lungo la Via Francigena, vanta una suggestiva cripta romanica con 24 colonne che custodisce un sacello che è la copia più antica al mondo del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Alta Tuscia

Il nostro giro è cominciato con un picnic nel parco pubblico cittadino, che ha sostituito gli orti e i vigneti di coltivazione ottocentesca ed è dominato dall’alta Torre del Barbarossa. La forma attuale dell’imponente torre, una volta parte del Castello di Federico I Barbarossa raso al suolo durante la ribellione dei cittadini contro il potere imperiale nel 1166, è un rifacimento dell’800.

Nella parte superiore è incastonato l’orologione, come lo chiamano gli aquesiani, che scandisce da secoli il tempo della città. Qui ci siamo goduti il tepore dei raggi del sole primaverile ammirando uno dei più bei panorami della città e del territorio circostante che rientra nella Riserva Naturale Monte Rufeno, istituita nel 1983.

L’altra torre della città è quella dedicata a Julia De Jacopo. Si narra che nel 1550, durante l’attacco delle truppe di Pitigliano di Nicola IV Orsini ad Acquapendente, fu proprio questa fanciulla che corse a chiudere il portone lasciato aperto dai soldati di guardia, salvando così la cittadina.

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Il nucleo originario medievale della torre era quello rivolto verso l’abitato costituito da un’alta costruzione quadrangolare utilizzata per la difesa e l’avvistamento del nemico. Durante il Rinascimento fu edificato il corpo anteriore dalla singolare forma esagonale. Oggi Torre Julia De Jacopo è la sede del Centro Visite del Comune e ospita l’ufficio turistico e il Museo della Città che raccoglie pregevoli ceramiche medievali.

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Il borgo più a nord dell’Alta Tuscia e del Lazio è Proceno che secondo la leggenda fu fondato da Porsenna, re etrusco della città di Chiusi che, assalito da un cinghiale lo uccise: per questo motivo il paese ha come stemma proprio la testa di questo animale.

Numerosi sono i reperti a testimonianza delle origini etrusche del paese e al di sotto del Castello di Proceno, che ha ospitato i primi nostri sonni e sogni nel territorio della Tuscia Viterbese, c’è una tomba etrusca attualmente utilizzata come sede della cucina del ristorante dell’Albergo Diffuso.

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Dormire tra mura che trasudano storia è stata un’esperienza molto emozionante completata dal giro nel parco del castello e tra le viuzze del paese dalla cui sommità si gode un paesaggio unico che va dal Monte Amiata e Radicofani fino alla Valle del Paglia. Proprio la confluenza tra i torrenti Stridolone e Merdazzo con il fiume Paglia rende particolare il clima di Proceno, molto simile ai paesi di montagna con inverni lunghi e freddi, nonostante la sua modesta altitudine di soli 418 metri sul livello del mare.

Il borgo ha mantenuto il suo impianto medievale e, passata Porta Fiorentina conosciuta anche come Porta Ripa, una delle tre porte di accesso, ci si ritrova immersi in un’atmosfera surreale e fuori dal tempo, soprattutto quando calano le luci della sera e Proceno torna silenziosa e popolata soltanto dai gatti che spuntando ovunque hanno attratto l’attenzione di Otto.

Sui tetti e le case svetta la Rocca con i suoi torrioni e le sue torri. Proprio in una di queste siamo stati ospitati dalla signora Cecilia Bisoni Cecchini, la cui famiglia è proprietaria del Castello di Proceno fin dal 1644.
Qui è l’accento toscano a dominare: il paese più a nord dell’Alta Tuscia nel Medioevo fece parte del Marchesato di Toscana, poi fu assoggettato al Comune di Siena e divenne parte dei possedimenti delle grandi famiglie del Rinascimento, gli Orsini, gli Sforza, i Mozzanti, i Selvi e infine i Cecchini.

Sulla piazza principale del paese fa bella mostra di sè il maestoso Palazzo Sforza, fatto edificare su progetto del Sangallo dal Cardinale Guido Ascanio della medesima famiglia, Camerlengo di Santa Romana Chiesa e Governatore di Proceno, nella metà del XVI secolo. La facciata mostra un leone rampante, simbolo degli Sforza di Santa Fiora e i gigli Farnese, simbolo invece del ramo materno.

Nel cuore del paese anche la duecentesca Chiesa del Santissimo Salvatore, dalla semplice facciata e il campanile, innalzato nel 997, che costituiva la prima Rocca di Proceno.

Sulla sommità opposta a quella del castello sorge la piccola cappella a forma circolare dedicata alla patrona di Proceno, Sant’Agnese da Montepulciano.
Fu costruita nel 1872, nella posizione esatta in cui sorgeva il monastero delle Suore del Sacco, fondato dalla santa e di cui divenne badessa.

Dell’antico convento non rimane più nulla, se non un ulivo nell’Orto Sacro che fu testimone della comunione miracolosa che Agnese ebbe il privilegio di ricevere da un angelo.

È molto suggestivo passeggiare tra i rioni del borgo antico quando i raggi caldi del sole che tramonta tingono d’oro le mura di case e palazzi, soffermandosi a leggere i cartelli che descrivono i quartieri di Proceno.

Il Centro è quello situato nel cuore del paese in cui sorgono la piazza principale, il municipio e il cinquecentesco Palazzo Sforza, mentre il rione la Porta è quello ai piedi della Rocca, che prende il nome da una delle tre porte che in passato davano accesso a Proceno.

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Quelli che ci hanno incuriosito di più? Verdura, che si sviluppa lungo la via principale, Salaiolo, che prende il nome dal minerale di cui è costituito prevalentemente il sottosuolo, e Bottino sede nel XV secolo del ghetto ebraico e della sinagoga, presso il quale ci sono una parte di muro di cinta e una delle tre porte di accesso al paese e che ricorda la presenza di un bottinaccio in cui veniva raccolta l’acqua piovana.

La magia di vivere un’altra epoca è continuata nella nostra stanza all’interno della torre del castello dove ci siamo goduti l’atmosfera accogliente e intima del fuoco acceso nell’immenso camino che ha riscaldato prima ancora dell’aria il nostro cuore.

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Comments

  1. L’Alta Tuscia per me è quasi una leggenda. Nel senso che ho sentito parlare di questa terra meravigliosa solo nei racconti e desidererei tanto andarci. Ahimè sono penalizzata dal fatto di non guidare.
    La cripta ha un che di misterioso, trasuda fascino. Sarà forse per il fatto di ricordare il Santo Sepolcro di Gerusalemme che, sì, ho avuto la fortuna di ammirare
    Aspetto di leggere le prossime tappe!

  2. È una terra misteriosa e affascinante! Riguardo il legame tra il Santo Sepolcro di Gerusalemme e la basilica di Acquapendente ci saranno altre sorprese a breve quando racconteremo la Via Francigena in Tuscia 😉

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