Sardegna

In Sardegna una giornata intera va dedicata ad Alghero, città dal fascino unico che conserva ancor oggi il ricordo dei suoi trascorsi catalani. Il modo migliore per visitarla è a bordo di un calesse: si scopre così tutto il fascino della città che si concentra nel borgo antico sporto sul mare e compreso nel perimetro dei bastioni.

Da Alghero a Capo Caccia

Dalla Torre di San Giovanni alla Torre dello Sperone o Esperó Reial, meglio conosciuta come Torre Sulis che, con i suoi 22 metri di altezza, è la torre più imponente della cinta muraria. E poi le torri della Maddalena, di Sant’Elmo, nota come “La Madonnina” per la statua che la sovrasta, e de la Polvorera, quelle de Sant Jaume (San Giacomo) e del Portalo o Porta a Terra che sembrano vigilare sulle chiese di San Francesco, San Michele con la sua celebre cupola policroma, la Chiesa della Misericordia che custodisce il prezioso Santcristus (simulacro ligneo proveniente dalla Spagna), l’ex chiesa della Madonna del Rosario oggi sede del Museo Diocesano d’Arte Sacra, e i palazzi testimoni sia della storia aragonese-catalana sia di quella successiva legata al Regno dei Savoia.

Pochi chilometri e si raggiunge Capo Caccia: qui il protagonista è il maestoso promontorio calcareo traforato di grotte che si innalza per 168 metri sul mare blu cobalto. In cima all’alta falesia, il cui nome deriva probabilmente dalla caccia ai piccioni selvatici che qui si faceva un tempo, spicca il Semaforo, massiccio faro bianco. Mentre incastonata nella montagna c’è la spettacolare Grotta di Nettuno che si può raggiungere via mare oppure dalla strada scendendo lungo l’Escala del Cabirol, 656 gradini intagliati nella scogliera a picco.

La settimana è finita ma vogliamo portare con noi un ricordo tangibile di questo straordinario giro in Sardegna. Tanti sono gli oggetti tipici della tradizione sarda che potrebbero rappresentare il perfetto souvenir a cominciare dal tradizionale coltello sardo a serramanico con il manico finemente lavorato in corno come il Sa Pattadesa, originario di Pattada. Naturalmente non possono mancare pecorini di varie stagionature e il miele da abbinare a ognuno di loro, da quello di arancio ai più delicati di corbezzolo e di asfodelo.

Ma i ricordi più preziosi sono quelli che sono “toccati” a me: un sottile braccialetto in oro giallo con palline di corallo rosso di Alghero, che è il simbolo della città, presente anche nello stemma. E la fede sarda, una vera e propria opera d’arte che da allora, insieme a quella nuziale, è sempre al mio anulare, ben consapevole che il suo valore va oltre la sua bellezza. Infatti, la tradizione racconta che l’uomo, prima di fare la proposta di amore eterno alla propria bella, si rivolgesse alle Janas, le fate che vivevano in Sardegna in età nuragica, per avere la loro protezione e il loro aiuto. Le fate, per sostenere il proprio protetto, intessevano un filo d’oro, creando un anello doveva essere indossato all’anulare sinistro. La forma tradizionale della fede sarda – formata da piccole sfere – simboleggia i chicchi del grano, come segno di prosperità e vincolo di amore.

Unico rammarico? Non aver potuto godere del giro in barca tra le isole dell’arcipelago de La Maddalena: a causa del vento troppo forte abbiamo dovuto rinunciare alla gita già prenotata a bordo del Leone di Caprera, un 14 metri del 1952, sul quale si pranza a bordo tra gli splendidi scenari di Spargi, Razzoli, Budelli e Santa Maria, con sosta nella piscina naturale di acqua limpida che si crea al centro delle tre isole. La prossima volta!

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