Il FAI e le riserve di caccia del Conte di Conversano

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Le riserve di caccia del Conte di Conversano: sono state queste le piccole gemme della mia città che ho potuto scoprire grazie alle Giornate del FAI.
In realtà la riserva di caccia vera e propria era quella compresa nel territorio intorno al Castello Marchione, circondato da fitti boschi così come le strutture masserizie di Monteferraro e di Carbonelli.

Le Giornate FAI d’Autunno a Conversano

FAI

Mentre quella che da noi conversanesi viene definita la piscina del conte era un luogo in cui il nobile e la sua famiglia si recavano per trascorrere le giornate nella natura, come si evince dai documenti storici in cui questa vasta area di circa 11 ettari, circondata da un alto muro in pietra a secco, viene descritta come un bosco in cui vi erano anche “…alcuni daini per delizie”. Al centro di quest’area è collocata la grande vasca di forma ovale realizzata in pietra con conci perfettamente lavorati in cui si raccolgono le acque piovane.

Per me una novità assoluta poter sbirciare al di là del muraglione in pietra che cela alla vista la campagna coltivata che ha preso nel tempo il posto di questo sito che venne ampliato alla fine del XVII secolo dal conte Giulio II degli Acquaviva d’Aragona, una delle sette grandi casate del Regno di Napoli. Mentre Michele conosceva già l’ampia vasca di forma ovale a cui qualche tempo fa si poteva accedere liberamente. Tanto che da ragazzino vi aveva addirittura fatto il bagno!

Ma prima ancora di avere l’opportunità di ascoltare attentamente la storia di questo sito raccontata dal professor Paolo Perfido del Politecnico di Bari, in una passata edizione delle Giornate Fai di primavera abbiamo visitato dall’interno il Castello Marchione. Frequentato spesso come sede di eventi e matrimoni, non avevamo però mai avuto occasione di entrare nelle stanze al piano nobile del quattrocentesco maniero a cui si accede dalle monumentali scale che ne caratterizzano la facciata. Dunque con la guida dei ragazzi “Ciceroni” del FAI ci siamo aggirati tra i saloni del casino di caccia fatto edificare dalla nobile famiglia comitale del feudo più vasto di tutto il Meridione.

Il castello si presenta come un grazioso edificio su due livelli, con pianta rettangolare, quattro piccole torri agli angoli e l’elegante doppia scala centrale. Le scale conducono a un patio con tre arcate che poggiano su snelle colonne. La parte più antica fu costruita alla fine del 1400 con la funzione di torre di avvistamento. Furono poi aggiunti gli altri corpi come il piano superiore che risale al 1650. Nel 1800, quando la famiglia si trasferì a Napoli, il castello venne abbandonato e persino trasformato in masseria. A metà del ‘900 gli ultimi discenti degli Acquaviva d’Aragona lo ristrutturarono restituendogli nobiltà e bellezza. Nel patio spiccano statue in pietra dalle sembianze femminili da cui si accede poi al salone dal soffitto in legno su cui campeggiano lo stemma e l’albero genealogico degli Acquaviva d’Aragona.

Ma ciò che cattura lo sguardo è il grande quadro che riproduce la figura di Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona, detto “il Guercio”, uno dei maggiori esponenti della famiglia vissuto nel XVII secolo. Le altre stanze, ricche di mobili antichi e preziose suppellettili, raccontano la vita dell’ultimo abitante dello storico maniero e ultimo conte di Conversano, il principe Fabio Tomacelli Filomarino Acquaviva d’Aragona, morto nel 2003 senza eredi. A questo punto nel racconto si sono insinuati i miei ricordi: mia nonna paterna mi raccontava che trascorreva le estati della sua infanzia nei trulli di famiglia a poca distanza dal castello e che spesso giocava col principe suo coetaneo nelle campagne circostanti.

Che si ammirano affacciandosi dalla parte posteriore del maniero che è speculare a quella frontale ma manca dello scenografico scalone. Nel cortile interno c’è la chiesetta con il piccolo altare in legno sormontato da un dipinto di Nicola Gliri, allievo di Francesco Fracanzano, noto pittore napoletano del 600, che raffigura la Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina d’Alessandria.

Tornando alle Giornate d’Autunno del FAI e alla scoperta di domenica scorsa, ciò che sorprende è la qualità architettonica della vasca e la sua perfetta realizzazione in pietra da taglio che fa pensare che non avesse unicamente una funzione di riserva idrica, ma che fosse una sorta di laghetto artificiale costruito per il diletto di chi frequentava questi luoghi. Il professore ci ha illustrato che la dimensione del bordo ovale della vasca è di circa 23 metri per il diametro maggiore e 18 per quello minore, mentre la sua profondità massima dovrebbe essere di circa quattro metri. La piccola costruzione sul bordo è successiva all’opera fatta realizzare tra il 1686 e il 1689 dal conte Giulio Antonio II Acquaviva d’Aragona, nipote del “guercio di Puglia” Giangirolamo II. Il torrino, probabilmente aggiunto nell’800, veniva usato dai cacciatori per nascondersi agli uccelli migratori che utilizzavano il piccolo lago per sostare e abbeverarsi.

Dello stesso periodo è anche l’edificio che sorge alla sinistra dell’arco d’ingresso. Nella parte più antica, forse una cappella preesistente inglobata successivamente nella fabbrica ottocentesca, sono stati allestiti i pannelli illustrativi fatti realizzare dalla locale delegazione FAI, utili a comprendere come la zona una volta fosse ben diversa da ciò che appare oggi: infatti intorno alla piscina si estendeva un bosco molto fitto in cui si aggiravano lepri, daini e altri animali per il diletto del conte e dei suoi famigliari. Difficile immaginare oggi quello scenario tra gli alberi da frutto che ne hanno preso il posto. Resta lo stupore di fronte a un’opera così ben architettata e costruita in piena campagna che è stato possibile ammirare solo grazie al FAI durante il weekend del 12 e 13 ottobre 2024, dato che si trova all’interno di una proprietà privata.

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Comments

  1. E io aggiungerei meno male che c’è il FAI che prende contatti con i proprietari per accordare un’apertura, sennò non se ne saprebbe niente. Anche in Toscana ogni tanto passi davanti a un portone e c’è scritto “casa storica apertura ogni primo giorno tal dei tali per informazioni telefonare a” e lo scopri perché per caso ci passi davanti, sennò 0 🤔…

  2. Infatti noi cerchiamo di approfittare il più possibile di queste giornate FAI per poter visitare luoghi generalmente inaccessibili e chiusi al pubblico.

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