A San Severo nell’edificio dell’ex convento dei Frati Minori Conventuali di San Francesco coesistono nel Mat Museo dell’Alto Tavoliere, la Biblioteca Comunale “Alessandro Minuziano”, l’Archivio Storico Comunale e il Museo Civico. Ma questa volta non c’è tempo di visitare questo imponente edificio e le ricche collezioni che ospita.
Quindi proseguiamo il cammino sulla via principale sulla quale prospettano maestosi palazzi e che conduce dove una volta sorgeva il castello. Recentemente sono stati scoperti ambienti ipogei che però non sono accessibili e andrebbero ristrutturati.
Le cantine, vere e proprie cattedrali ipogeiche
E continua anche il racconto di Giuseppe che ci riporta indietro nel tempo a quando la fiorente età barocca terminò bruscamente col saccheggio operato dai francesi nel 1799, quando l’esercito repubblicano represse nel sangue una violenta rivolta reazionaria contro i giacobini trucidati dalla folla inferocita. Nel giro non può mancare la visita a quelle che vengono considerate vere e proprie cattedrali ipogeiche: le cantine ricavate sotto i palazzi, le strade e le piazze della città. San Severo è tutta sforacchiata nel sottosuolo e fino agli anni ’50 contava ben 500 cantine.
Ne visitiamo due, la già citata D’Araprì e Domini Dauni, che si snodano entrambe in affascinanti percorsi sotterranei. La prima risale al ‘600 e si trova a ridosso della Chiesa di San Nicola: qui viene completato il ciclo di produzione del vino imbottigliato con tappatura provvisoria dopo essere stato lavorato in un’altra struttura, chiamata vendangerie. Nella passeggiata sotterranea ci accompagna Girolamo D’Amico, uno dei tre amici che nel 1979 diede vita a D’Araprì (Via Zannotti, San Severo Tel. +39 0882 227643 – www.darapri.it – info@darapri.it), nome dato dalle prime lettere dei tre cognomi: D’amico insieme a Louis Rapini e Ulrico Priore. Tra pezzi delle antiche mura di cinta del 1200, una antica pressa del 1836 e la prigione dei Carbonari Morelli e Silvati, invecchiano, per almeno tre anni, al fresco e al buio, le migliaia e migliaia di bottiglie di spumante ottenuto con il metodo Champenois, chiamato anche classico o tradizionale.
Le parole di Girolamo ci trasportano in un mondo effervescente e profumato, quello delle bollicine che prima di sviluppare il caratteristico perlage e gli aromi di lievito e crosta di pane devono riposare in questi sotterranei per un tempo che va dai 15 mesi ai 3 anni, fino ai 5 per i Millesimati. Dopo questo periodo di affinamento, le bottiglie vengono preparate per la messa in commercio con una serie di operazioni. La prima è il remuage sulle pupitres, una particolare operazione di «scuotimento» consistente nel disporre le bottiglie capovolte in apposite rastrelliere in modo che i depositi si raccolgano nel collo per essere facilmente eliminati stappando rapidamente la bottiglia. La seconda è il degorgement: in italiano sboccatura, consiste nel congelare il vino contenuto nel collo della bottiglia e nel togliere il tappo, in modo che il deposito fuoriesca, spinto dalla pressione. A questo punto il vino viene rabboccato e la bottiglia chiusa con il tradizionale tappo a fungo e con una gabbietta metallica, la quale evita che il tappo fuoriesca a causa della pressione all’interno della stessa.
L’appartamento al piano nobile completa il mondo D’Araprì. Intimo ed elegante è stato concepito per piccoli eventi privati o pubblici. Intatto è stato lasciato lo spirito del luogo: è stato lo stile dell’edificio a ispirare l’interno. Dietro il sipario severo del portone e della scenografica scalinata, l’idea di spazio privato si schiude come uno scrigno. Ambienti ampi, alti soffitti, resi più intimi da una palette di rossi pompeiani e dal mobilio d’epoca.
Un’altra visita sotterranea interessante quella alle cantine ipogee risalenti all’800 di Domini Dauni (via Angelo Fraccacreta 28, San Severo Tel. +39 0882 226029 – 337 348194 – 349 6935584 – www.dominidauni.com – dominidauni@gmail.com), un’azienda giovane che dà vita ai suoi vini con una produzione artigianale e quantitativamente limitata. Le alte volte in mattoncini rossi della struttura danno l’impressione di entrare in un luogo sacro, un luogo consacrato al Dio Bacco che qui trova la sua massima espressione in bottiglie dedicate a un pubblico ristretto ma competente. Tre i vini proposti, il bianco Albor, Bombino bianco in purezza, il rosato Pièdirosa e il rosso Rubeus, entrambi a base di Nero di Troia. Tre anche gli spumanti, vinificati in acciaio, imbottigliati dopo 6 mesi e affinati sui lieviti per 36 mesi: un nome per tutti e tre, Xenium declinato in Brut, Brut Rosé e Pas Dosé.
Curiosa la storia del Cognac made in San Severo che ci racconta l’ingegner Fernando Cristalli: una volta qui si produceva questo nettare a cura della Società dei Viticultori di San Severo e nella cantina vengono conservate le ultime bottiglie rimaste di quell’antica e prestigiosa produzione.
La nostra lunga passeggiata tra vie e piazze in superficie, e cantine sotto la superficie stradale, termina dinanzi al Teatro Comunale, tra i più grandi della Penisola, progettato dall’accademico d’Italia Cesare Bazzani e decorato nel suo maestoso interno dall’artista Luigi Schingo.
A questo punto, salutiamo Giuseppe accordandoci per un’altra visita perché la città di San Severo riserva molte altre sorprese!