Laterza era nel nostro carnet da anni. Da tempo, infatti, era nostra intenzione andare alla scoperta di questa cittadina che sorge sul bordo di uno dei canyon più profondi d’Europa ed è famosa per le sue magnifiche maioliche e per la bontà del suo pane e della carne al fornello.
Uno dei canyon più profondi d’Europa
Vi diciamo subito che per l’ultimo argomento torneremo in quanto molte macellerie la domenica sono chiuse e i tavoli all’aperto per poter gustare questa specialità non sono ancora stati allestiti. Ma abbiamo approfittato delle Giornate FAI di Primavera, che a Laterza sono coincise con la manifestazione Buongiorno Ceramica, la festa diffusa della Ceramica Italiana, per raggiungere il borgo e scoprirne i tesori a partire dalla famosa maiolica laertina.
Il Muma, il Museo della Maiolica, è ospitato all’interno del Palazzo Marchesale e vi si accede attraverso il grande cortile in cui ammirare l’affresco di Sant’Anna fatto realizzare da Nicolò Perez Navarrete per sua moglie Anna Capece.
Nelle sale, in cui possono entrare anche gli accompagnatori pelosi, sono esposte circa 150 opere dei più illustri rappresentanti della produzione di maiolica artistica laertina come Angelo Antonio D’Alessandro che operò tra il 600 e il 700 come virtuoso dell’istoriato, del piatto da parata e della monocromia turchina. Suo allievo fu Vito Perrone che si distinse per i decori con figure femminili e foglie d’acanto, tipici della maiolica di età barocca.
Altri nomi importanti di maestri del tempo sono Lorenzo Gallo e Gironimo Tammorrino che si distinsero anche loro per i decori tipici della ceramica laertina: paesaggi e architetture, elementi marini e floreali, personaggi, animali e composizioni modulari e geometriche.
Tra tutti i pezzi nelle teche, grandi piatti eleganti e raffinati, ricercati albarelli, decoratissime acquasantiere e deliziose zuppiere, ci hanno colpito degli oggetti mai visti prima: gli scaldamani a forma di libro, anche questi smaltati di bianco e poi istoriati con i colori tipici, il turchino, il giallo, l’arancio e il verde ramina.
Non dimenticate di ammirare le due fiasche apotropaiche che si trovavano alla sommità dell’altare marmoreo della immagine miracolosa della Madonna Mater Domini, dove ora ci sono delle perfette copie.
L’altare si trova nella Cripta di Santa Domenica che insieme al Santuario Mater Domini abbiamo visitato grazie alle guide del FAI.
Il Santuario, edificato nel Settecento in stile neoclassico con lievi influenze barocche, è dedicato al culto della Vergine Maria, patrona di Laterza. Ci siamo stati qualche giorno prima della festa solenne e molto sentita, ma questo luogo è meta di pellegrinaggi sin dal 1650 quando la Madonna apparve a due devoti laertini nella cripta.
Accanto si trova la Cripta di Santa Domenica, interamente affrescata e scavata nella roccia. E’ divisa in tre navate e oltre alla icona miracolosa della Mater Domini vi si conservano i pregevoli affreschi di Santa Domenica a figura intera di epoca bizantina, due belle vetrate e le opere pittoriche più recenti realizzate da Giuseppe Ciotti, confinato a Laterza durante la seconda guerra mondiale.
Sulla via del ritorno in paese ci siamo fermati alla monumentale fontana dei mascheroni con gli archi che risalgono all’epoca romana e i mascheroni apotropaici. Un luogo molto suggestivo considerato uno dei simboli della cittadina di cui si dovrebbe avere più cura.
Il pomeriggio lo abbiamo dedicato a scoprire con tanta emozione la sua Gravina, una delle più spettacolari e selvagge, dal 1999 Oasi LIPU, Lega Italiana Protezione Uccelli.
Laterza, insieme ai Comuni di Ginosa, Castellaneta, Mottola, Massafra, Palagiano, Palagianello, Statte, Crispiano, Martina Franca, Montemesola, Grottaglie, San Marzano e Villa Castelli fa parte del Parco Naturale Regionale Terra delle Gravine, caratterizzato da quelle profonde spaccature della terra chiamate gravine.
La Gravina di Laterza è la più grande della Terra di Taranto e una delle più lunghe e imponenti d’Europa con i suoi 12 chilometri di lunghezza, i suoi 500 metri di larghezza e i suoi 200 metri di profondità. Il nostro trekking lungo il bordo del profondo baratro con vista mozzafiato sulle rocce ricoperte di verde tra cui scorre il fiume Lato è stato guidato da Vittorio Giacoia, presidente della locale sezione LIPU, che ci ha descritto le varietà vegetali presenti dal ciglio fino al fondo della gravina, dalla macchia mediterranea alla foresta dominata da lecci, fragni e pini d’Aleppo, dalle campanule alle orchidee selvatiche fino a esemplari tipici della pseudo steppa.
In questo ambiente molto vario vivono animali rarissimi che trovano negli ambienti umidi del fondo e nelle fratture delle rocce il loro habitat ideale. Così, in basso ci sono anfibi come l’Ululone appenninico, l’Ululone dal ventre giallo, il Tritone italico e la Raganella italiana, mentre nel cielo volteggiano maestose le cicogne nere che da qualche anno sono tornate a nidificare qui.
Difficile scorgere il capovaccaio, chiamato anche avvoltoio degli egizi, che in primavera migra dall’Africa, ma se si è fortunati e si fa silenzio si possono scorgere tra la fitta vegetazione poiane, bianconi, corvi imperiali e diversi tipi di falchi: gheppio, nibbio reale e nibbio bruno, pellegrino, grillaio, lanario. Qui nidificano pure il gufo reale, la ghiandaia, il passero solitario, il barbagianni e l’assiolo.
E nelle aree meno frequentate è possibile incontrare tassi, faine, volpi, istrici, donnole e anche il gatto selvatico. Non mancano i rettili, come il Geco di Kotschy ed il Colubro leopardiano, tipici dei Balcani e presenti solo in Puglia. Ed è presente anche il lupo, che di recente, dopo l’arrivo dei cinghiali, ha colonizzato l’area.
Purtroppo, tranne qualche passero solitario che ci ha fatto ascoltare il suo bel canto e il volo armonioso di una coppia di falchi, non ci siamo imbattuti in altri “abitanti” della gravina, ma la nostra vista è stata appagata dalle formazioni e dai colori delle rocce che mutano di chilometro in chilometro e presentano resti fossili di crostacei e molluschi di epoca preistorica.
Ma sono altri i segni che hanno catturato la nostra attenzione. Una sorta di cippi rozzamente scolpiti nella roccia posti a distanza regolare gli uni dagli altri quasi a indicare un sentiero. Il presidente Giacoia ci ha spiegato che si trovano solo sulla parte sinistra della profonda frattura che sbocca nel mar Ionio. Sono ancora oggi oggetto di studio e potrebbero avere la stessa origine dell’insediamento scoperto grazie ai lavori di scavo del 1965 in cui venne alla luce in località Candile una necropoli risalente al 2000 a.C. che testimonia la presenza di una popolazione vissuta nel territorio nell’era eneolitica.
Sarebbe questa l’unica presenza umana nell’area non essendoci villaggi rupestri come nelle altre gravine della Terra Ionica. La spiegazione è da ricercare nella sua struttura geologica: per gran parte la gravina è incisa nell’antico calcare di Altamura, difficilissimo da scavare per la sua durezza. Nel tratto iniziale, invece, la roccia è la più tenera e malleabile calcarenite di Gravina, ed è lì che è presente il grande nucleo degli insediamenti rupestri su cui è stato edificato l’attuale centro urbano che ingloba molti degli antichi siti.
Complimenti per le foto! Davvero molto belle! Anche noi abbiamo scritto un articolo su Laterza, passate a trovarci se ti fa piacere 🙂
https://allaboutpuglia.com/cosa-vedere-a-laterza/
Non abbiamo solo Laterza in comune! Ci sono molti altri luoghi che abbiamo raccontato entrambi: seguiamoci e… incontriamoci!