L’altro Cilento

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L’entroterra del Cilento nasconde, tra monti, fiumi, boschi e natura selvaggia, delle perle di rara bellezza, integra e primitiva. Chi ama camminare non può perdere i sentieri della Valle del fiume Calore nel cuore del Cilento. Il più interessante si sviluppa interamente sulla riva destra del fiume, un angolo incontaminato di natura, tra fitti boschi di salici, ontani, frassini, aceri e cespi di macchia mediterranea. Ma ciò che sbalorditivo, oltre al panorama costituito tra pareti rocciose, pendii scoscesi e trasparenza del tumultuoso corso d’acqua, è la varietà di felci, ben 370 specie diverse, soprattutto nel tratto tra i paesi di Felitto e Magliano.

Tra monti, boschi e natura selvaggia

Presso le Gole del fiume Calore, per chi abbia voglia di avventura e un minimo di preparazione fisica, c’è la possibilità di effettuare il torrentismo per scendere in un emozionante slalom tra le acque frequentate dalla lontra a bordo di canoe e di kayak.

Spostandosi a sud, nella zona del Cilento in cui regna sovrana l’inconfondibile sagoma del Monte Bulgheria che si impone nella dolcezza del paesaggio cilentano, si scopre una vera meraviglia: la cascata “Capelli di Venere” a Casaletto Spartano. Il nome deriva dall’abbondanza di piante di Capelvenere ma anche dalla forma delle cascatelle che assomigliano a delle ciocche di luminosi capelli.

Il luogo incantato e incantevole, è facile da raggiungere e risuona degli scrosci dell’acqua gelida e limpidissima che ospita colonie di rane e girini. Per chi ha voglia di camminare il suggerimento è quello di percorrere il sentiero che conduce dal laghetto verso la gola dalla quale sgorgano le cascate, tra veri e propri cuscini di muschio e i rami degli alberi che arrivano a toccare l’acqua.

Languorino post passeggiata? A meno di un’ora di strada c’è Rofrano, caratteristico e ben conservato borgo medievale alle pendici del Monte Cervati. Tra i boschi, in un vallone che digrada fino al torrente Faraone, c’è una trattoria: attenzione non è facile trovarla perché non ha insegna, ma basta chiedere in paese di Cono (Osteria Da Cono, via Molino Vecchio – sempre aperto – +39 0974 952461 – +39 347 4767946) e vi indirizzeranno qui. Noi abbiamo, senza saperlo, chiesto indicazioni proprio a Teodoro, figlio di Cono da cui prende il nome la locanda.

Ma prima abbiamo approfittato per visitare il borgo in cui il giorno prima si era svolta una grande festa in onore della Madonna di Grottaferrata, in cui le donne del paese, durante la processione per le scoscese vie della cittadina, sorreggono sulla testa la “centa”, culla a raggiera formata da candele e addobbata con nastri colorati che rappresenta il Bambin Gesù. Ognuna pesa sui sedici chili e dopo la processione viene donata alla chiesa come riserva di candele per tutto l’anno.

Quando abbiamo raggiunto l’osteria abbiamo scoperto che Teodoro non solo ci stava aspettando, ma aveva nel frattempo fatto preparare le tagliatelle fatte in casa da condire con i funghi come da nostra richiesta. E alla domanda:  “e se non fossimo venuti?” ci ha risposto: “la pasta fatta in casa non si butta!”. Un vero mito superato solo dal padre Cono, una sorta di Mangiafuoco dall’animo gentile che, durante il pranzo a base di formaggi fatti in casa, salumi, verdure e ortaggi dell’orto e le suddette tagliatelle, ci ha deliziato con canti cilentani suonando la fisarmonica.

A disposizione degli ospiti anche qualche stanza che accoglie gli avventori che dopo laute cene non vogliano affrontare le strade tutte curve della zona.