“Per fretta, per pigrizia, per mancanza di informazioni, i nostri passi ci portano spesso nei luoghi calpestati da tutti gli altri”. Non avrei saputo dirlo meglio e dunque ho preso in prestito questa frase da un articolo di Alessandra Mammì per D di Repubblica per confermare che il più delle volte le vere scoperte e i posti belli e affascinanti non sono solo quelli da cartolina, ma anche e soprattutto luoghi poco distanti da noi.
Luoghi non solo da cartolina
Ed è di questi che vogliamo parlarvi in questo post in cui raccontiamo il nostro viaggio nella provincia di Isernia, istituita nel 1970 in quella parte di Molise che si incunea in Abruzzo. La città vanta il titolo di prima capitale d’Italia e nel 1960 fu insignita della Medaglia d’oro al valor civile per le stragi e le distruzioni belliche subite durante la seconda guerra mondiale.
Nel suo territorio spiccano bellezze naturali ancora intatte e chi lo percorre da sud a nord come abbiamo fatto noi, da Venafro a Castel del Giudice, non può fare a meno di far scorrere lo sguardo sugli alti rilievi dominanti tra l’azzurro del cielo e i picchi spruzzati di neve, che si fanno azzurro-violacei al tramonto.
E i borghi che s’incontrano lungo il percorso sono densi di storia, cultura, tradizioni: una sorta di grande museo a cielo aperto in cui ogni centro diventa una sorta di vetrina in cui sono esposte le vicende storiche dei luoghi, dal paleolitico al medioevo, dalla fiorente civiltà pastorale del ‘500 all’età risorgimentale, fino ai bombardamenti tra il 1943 e il 1944.
Il primo paese sul cammino che cattura subito la nostra attenzione è Cerro al Volturno, addossato a una rupe calcarea sulla quale si erge un imponente castello quadrato del ‘400 che sembra completamente inaccessibile. Più lo guardiamo più ci sembra familiare… Ma sì è proprio lui, il maniero che nel 1980 è stato raffigurato sul francobollo da 200 lire della serie sui castelli, che naturalmente non manca nella mia collezione!
Sulla strada in più punti, sotto di noi, fa capolino il Volturno, fiume rapido e profondo, che ha la sua origine proprio in questa zona del Molise. Nel VII secolo venne fondata in prossimità delle sue sorgenti l’importante Abbazia benedettina di San Vincenzo al Volturno, che divenne un fiorente complesso monastico. Ce ne ha parlato il signor Giovanni Iannacone durante la visita al Museo Archeologico di Venafro in cui è conservato tutto ciò che sul luogo è stato ritrovato negli scavi che si sono succeduti nel tempo. Secondo il “Chronicon Vulturnense” del 1130 il monastero fu fondato tra il 705-707, ma raggiunse la sua massima espressione, divenendo una vera e propria città monastica con circa 350 monaci e dieci chiese nel IX secolo. Fu completamente distrutta da un saccheggio a opera di saraceni al soldo del duca-vescovo di Napoli. Quindi fu ricostruita sull’altra riva del fiume, quella destra, ma la conquista normanna ne segnò il declino.
Nelle officine intorno alla chiesa si lavoravano l’argento, l’avorio, lo smalto vitreo, il bronzo e soprattutto il vetro che veniva utilizzato per le vetrate: reperti che ne attestano l’esistenza sono conservati nelle sale del Museo Archeologico di Venafro. Oggi tutto il sito è visitabile compresa la Cripta di Epifanio, decorata da un bellissimo ciclo di affreschi, tra i più importanti della pittura altomedievale europea.
Ma è consigliabile organizzare la visita in quanto l’ingresso alla cripta è limitato: informazioni sugli orari di apertura e biglietti sul sito www.musei.molise.beniculturali.it. Purtroppo per noi non è stato possibile visitarlo in quanto il lunedì è tutto chiuso, ma l’abbiamo inserita in agenda per il prossimo tour.
Dopo poco si raggiunge l’Alta Valle del Sangro e siamo in territorio abruzzese, nel cuore dello storico Parco Nazionale d’Abruzzo, inserito in uno splendido contesto ambientale dominato dal fiume che scorre tra i numerosi e antichi centri impreziositi da notevoli testimonianze d’arte. Giunti ad Ateleta si rientra in Molise. Merita un cenno la storia di questa cittadina che agli inizi dell’800 aveva pochi abitanti e poche case. Allora Gioacchino Murat per favorirne lo sviluppo esentò da tributi le terre coltivate chiamando il borgo Ateleta, senza imposte, e i cittadini, in segno di riconoscenza, dedicarono la chiesa parrocchiale a San Gioachino e assunsero nello stemma l’aquila napoleonica.
Si giunge così a Castel del Giudice, paese di antica origine, raggruppato intorno a uno sperone, patria di Giacomo Caldora, famoso condottiero del XV secolo. Oggi il piccolo centro sta vivendo una seconda vita grazie all’attento e accurato recupero architettonico dell’antico borgo rurale alle pendici del paese, Borgotufi, restaurato e trasformato in albergo diffuso.
Nei dintorni e sulla strada di casa, ormai in terra abruzzese, siamo rimasti incantati al cospetto di piccoli borghi arroccati su costoni di roccia come Pescopennataro, le cui case, somiglianti a torri, coronano una cresta dirupata.
Più avanti si passa davanti a Villa Santa Maria, ai piedi delle rupi verticali di uno sperone, tra rocce che assomigliano a lame taglienti. Poi una macchia azzurra: si tratta del lago di Bomba, un bacino artificiale creato sul fiume Sangro con sbarramento mediante un’alta diga di argilla compressa, la prima del genere costruita in Europa tra il 1956 e il 1960.
Il cartello stradale indica Lanciano: è la direzione per riprendere l’autostrada verso casa. Ci giriamo ancora una volta verso questi meravigliosi scenari e ci ripromettiamo di tornare presto in Molise.