Da San Nicandro Garganico non sono distanti le sponde del Lago di Lesina, dove il fiume Lauro si immette nella laguna. Attraverso un breve rudimentale pontile che a malapena si scorge tra la vegetazione a riva tra cui spicca la prelibata salicornia, saliamo a bordo del sandalo, una imbarcazione molto simile alle gondole lagunari, alla scoperta dei metodi con i quali si catturano anguille e capitoni.
La scala di grigi dal mare alla laguna
Con un solo remo, puntandolo sul fondo del lago, proprio come abbiamo visto fare ai gondolieri a Venezia, conduciamo la barca sull’acqua scura e limacciosa, un po’ spaventati dalla notizia che sotto di noi ci sono insidiose sabbie mobili.
Giungiamo così nel punto in cui il lago è più profondo e dove ci sono le nasse, formate da tre camere comunicanti, dalla più grande alla più piccola, in cui, una volta entrati, rimangono imprigionati piccoli cefali e, con più fortuna, anguille e capitoni.
Complice l’aria tutt’intorno umida e grigia, guardando le sponde del lago, dove tra le canne ogni tanto si leva in volo un airone cinerino e si ode il verso inconfondibile delle folaghe, torniamo indietro nel tempo.
Sembra di rivivere le atmosfere raccontate nel 1965 dal regista Elio Piccon che diresse attori non protagonisti e pescatori, utilizzando la tecnica della presa diretta e vivendo quattro mesi tra il paese di San Nicandro e il lago. Il suo film/documentario L’antimiracolo racconta le storie dei pescatori e il dramma vissuto dalla gente della zona, dimenticata dal mondo e rimasta a un livello di vita arcaica.
Il titolo sottolinea il fatto che al Sud, soprattutto in queste zone, la vita era allora al di sotto della soglia della povertà e non sfiorata dal cosiddetto miracolo economico che in quegli anni interessava il Nord Italia. Il film rappresentò l’Italia alla Mostra del Cinema documentario di Venezia ottenendo la targa Leone di San Marco e squarciò il velo su una situazione sconosciuta ai più, imprimendo su pellicola in bianco e nero e raccontando in salsa garganica la saga narrata un secolo prima da Verga ne I Malavoglia.
Questo senso di straniamento aumenta quando, risalendo dal lago al centro del paese, arriviamo nella piazza principale della Terravecchia, la parte più antica raccolta sotto il castello. Il tuffo nel tempo continua una volta entrati a Palazzo Fioritto che ospita la Biblioteca Comunale Petrucci e il Museo storico etnografico della Civiltà Contadina, in cui sono raccolti reperti archeologici ma anche attrezzi e utensili che testimoniano la vita dei sannicandresi negli ultimi due secoli.
Dopo il giro tra gli stretti vicoli del quartiere più antico, tra chiese e palazzi, ci affacciamo sul Vallone risalendo poi nella parte ottocentesca della città con grandi palazzi dagli eleganti portali.