Una delle cose che più ci ha sorpreso? Quanta Italia c’è a Cuba! E non parliamo del movimento turistico che comunque colloca il nostro popolo tra i primi estimatori e frequentatori dell’isola, ma della storia, dell’arte e della cultura italiana presenti sull’Isla Grande.
Italia e italiani a Cuba
A cominciare da Cristoforo Colombo che a Cuba sbarcò il 27 ottobre del 1492 rimanendo estasiato dalla sua bellezza.
Antonelli costruì anche il Palazzo del Vescovo e completò l’opera della Zanja, il primo acquedotto de L’Avana che termina nel Callejón del Chorro, in Piazza della Cattedrale.
Nel XIX secolo il contributo dell’Italia a Cuba si deve all’artista Giuseppe Gaggini che scolpì due delle fontane più rappresentative in città. La Fuente de la India o Estatua de la Noble Habana, vicibo al Capitolio all’inizio del Paseo del Prado, che rappresenta la capitale cubana e nella piazza del Convento di San Francesco d’Assisi la Fuente de los Leones, scolpita nel pregiato marmo di Carrara.
Dal Messico, dove risiedette tra il 1909 e il 1917, il padre si spostò a Cuba per dirigere la Stazione sperimentale di agricoltura a L’Avana. Così lo scrittore nacque su suolo cubano ma non ne aveva ricordi dato che già nel 1925 la famiglia si trasferì a Sanremo, dove il padre era stato nominato direttore della stazione sperimentale di floricoltura Orazio Raimondo. Vissero presso Villa Meridiana dove vennero introdotte nel vasto giardino piante esotiche come l’avocado, la papaya, la guayaba, il pompelmo rosa: ai Calvino Mameli si deve la trasformazione di Sanremo in «città dei fiori».
Gino arrivò a Cuba nel 1951 imbarcandosi clandestinamente sulla nave “Sibilla” partita dal porto di Amburgo. A L’Avana trovò lavoro come falegname e carpentiere nella costruzione della Plaza Civica, l’attuale Plaza de la Revolucion, conversando nelle pause con gli studenti e chiacchierando con uno scrittore americano che conosceva bene le sue terre perché ci aveva combattuto durante la Prima Guerra Mondiale: Ernest Hemingway.
Per lavoro poi si spostò a Trinidad de Cuba dove si sposò e conobbe Aleida March de la Torre, futura seconda moglie di Che Guevara. Si avvicinò così al Partito Ortodosso Cubano capitanato dal giovane avvocato Fidel Castro Ruiz diventando grande amico di Ernesto Guevara de la Serna. Fu così che il 25 novembre del 1956 si unì agli 82 guerriglieri rivoluzionari al comando dei fratelli Fidel e Raul Castro e del Che: erano tutti cubani tranne lui, l’argentino Guevara, il messicano Alfonso Guillen Zelaya Alger e il dominicano Ramon Emilio Mejias Del Castillo.
Già questa sarebbe una notizia interessante ma c’è dell’altro, perché fu El Italiano che salvò la vita a Che Guevara che dopo lo sbarco ebbe un forte attacco d’asma e non aveva con sé le medicine lasciate in Messico. La moglie di Gino soffriva d’asma per cui Donè seppe subito come intervenire praticando un energico massaggio al torace del medico argentino. L’anno dopo fu costretto a lasciare Cuba andando in Florida e non vi fece più ritorno. Ma non è mai stato dimenticato dai suoi companeros tanto che ai suoi funerali avvenuti in Veneto dove era tornato nel 2003 intervennero rappresentanti dell’Ambasciata cubana con 4 corone di rose rosse: “A Gino da Fidel Castro Ruz. A Gino da Raul Castro Ruz. A Gino dall’Ambasciata di Cuba. A Gino dai suoi Compagni del Granma”.