I principi Di Sangro sono stati il primo Virgilio che ci ha accompagnati nel giro alla scoperta della Napoli più nobile e un po’ arcana. Abbiamo cominciato il nostro viaggio entrando nella Cappella dei principi di Sansevero dove non solo si aprono le porte di un universo fantastico a metà tra leggenda e realtà, ma si svela il forte legame tra Puglia e Campania, così come si evince già dal nome dei principi.
Sulle tracce di principi, re e imperatori
I Di Sangro, infatti, erano originari della zona di San Severo in provincia di Foggia. Il più famoso è Raimondo di Sangro, VII principe di Sansevero, alchimista, letterato, inventore, scrittore, anatomista e tanto altro, su cui girano tantissime voci e leggende e a cui si deve la splendida Cappella Sansevero della metà del 1700 con le straordinarie statue del Cristo velato di Giuseppe Sammartino, della Pudicizia di Antonio Corradini e del Disinganno di Francesco Queirolo sotto la volta affrescata La Gloria del Paradiso del pittore Francesco Maria Russo.
Del Queirolo è anche la statua di Santa Rosalia con cui Raimondo di Sangro volle ricordare la più nota santa della famiglia: Rosalia era infatti figlia di Sinibaldo dei conti dei Marsi e di Sangro. Ma il legame che abbiamo voluto far emergere in questo nostro tour napoletano risale invece a un altro esponente della casata dei principi di Sansevero: Michele Di Sangro che nella zona tra San Severo, Torremaggiore e San Paolo di Civitate, fece piantare i primi alberi di olivo della cultivar Peranzana che aveva importato dalla Provenza.
L’opera che più di tutte testimonia il periodo aragonese è l’Arco di trionfo all’ingresso del Maschio Angioino: uno dei più importanti esempi di scultura rinascimentale che raffigura l’ingresso di Alfonso nella capitale conquistata. Anche Porta Capuana, considerata una delle più belle del Rinascimento, fu fatta costruire da Ferrante I d’Aragona come parte integrante dell’ampliamento delle mura con la costruzione delle due torri dette Onore e Virtù.
La Napoli nobile di principi e re ci porta a raccontare la storia dei Borboni che contribuirono a renderla una città monumentale con il Palazzo Reale. A loro si devono anche la Reggia di Caserta, il Real Belvedere di San Leucio, il Real Sito di Carditello e la Reggia di Portici. Fu Ferdinando II di Borbone a far progettare un viadotto come passaggio sotterraneo per far spostare rapidamente le truppe dalla caserma al Palazzo Reale: la Galleria Borbonica.
Il tunnel sotto terra progettato dall’architetto Enrico Alvino a metà del 1800 sfrutta gli ambienti ipogei che già Greci e Romani avevano utilizzato per estrarre tufo per costruire templi e palazzi e per far confluire l’acqua di ben due acquedotti a servizio della città. Poi vennero utilizzati come rifugi antiaerei durante la seconda guerra mondiale, ma questa è un’altra storia che raccontiamo dopo.
Ora, dopo principi e re, vi parliamo di imperatori. L’imperatore a cui facciamo riferimento è Napoleone Bonaparte che nel 1806 assegnò il Regno di Napoli a suo fratello Giuseppe che dopo due anni lo consegnò al cognato Gioacchino Murat per assurgere al ruolo di re di Spagna. E allora cosa c’entra Napoleone con Napoli e dintorni? Se prima abbiamo parlato di olio ora ci soffermiamo sul vino.
Ma non un vino qualsiasi, bensì l’Asprinio di Aversa ricavato da una delle più belle e antiche vigne coltivate ad alberata da generazioni dalla famiglia Casentino a Casal di Principe in provincia di Caserta. La storia di questa cantina si intreccia, proprio come fa la vite con il pioppo che la sorregge nella coltivazione dell’Alberata Aversana, con quella dei Bonaparte. Infatti fu Carolina Bonaparte, moglie del re di Napoli Gioacchino Murat e sorella di Napoleone, a scrivere con entusiasmo al suo consorte di questi “festoni di viti attaccati agli alberi”. E così sono stati dedicati ai Bonaparte non solo la cantina, ma anche due ricercati distillati ricavati da una selezione di vinacce di Asprinio d’Aversa ad Alberata chiamati Carolina e Murat.