Nel Sannio, l’altra Campania

Fuori confineNel Sannio, l’altra Campania
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Centro principale del Sannio è Benevento, la leggendaria città delle streghe. Storia e leggende ce le racconta Esther Buonanno, il quarto elemento di Puglia-Campania&Co che in modo appassionato si occupa di trasferire le vicende della sua terra a chi la visita.

Alla scoperta del Sannio tra borghi, natura e buon cibo

La città sannita di Maloentum fu ribattezzata dai Romani Beneventum dopo la vittoria contro Pirro, il re dell’Epiro. Fu Ducato Longobardo, divenne possedimento papale e rimase allo Stato Pontificio fino all’Unità d’Italia. E di tutte queste epoche conserva memoria.

Sannio

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Simbolo della città è il grandioso Arco di Traiano e la nostra visita è cominciata nei pressi con lo stop alla chiesa di Sant’Ilario a Porta Aurea, costruita nel VII secolo, epoca in cui i Longobardi vengono convertiti al cattolicesimo dal vescovo Barbato, autore del taglio del famoso Noce delle streghe.

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Ed ecco che tornano le streghe a cui è dedicato il museo Janua da janare, come vengono chiamate nell’idioma locale, con esposizione di oggetti, simboli, strumenti di tortura e una sezione multimediale. Storia e leggenda si intrecciano intorno al noce sotto il quale i Longobardi volteggiavano con i loro cavalli in una ridda che la fantasia popolare ha trasformato nel sabba delle donne accusate di stregoneria.

Oggi Benevento è invece “città dello Strega”, il famoso liquore diffuso in tutto il mondo. Non abbiamo potuto visitare il Museo dedicato alla storia dei prodotti creati dalla famiglia Alberti nel 1860, ma abbiamo assaggiato i cioccolatini ripieni dello Strega, unico e inconfondibile per il suo sapore, grazie all’esclusivo uso di ben 76 ingredienti naturali.

La ricetta è ancora oggi segreta ma grazie ad Angela sappiamo che ci sono la cannella di Ceylon, il pepe della Giamaica, il ginepro e la lavanda dell’Appennino, la menta del Sannio, lo zenzero e perfino la mirra, mentre il suo caratteristico colore giallo deriva dallo zafferano. E se già sapevamo che il Liquore Strega è molto amato per la sua versatilità, abbiamo invece appreso che è anche uno dei più imitati al mondo e un’intera sezione del museo è dedicata alla esposizione delle bottiglie “farlocche”.

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Nella visita al capoluogo del Sannio non può mancare il suo monumento più suggestivo che è la chiesa di Santa Sofia, un capolavoro del Medioevo fondata dai Longobardi nell’VIII secolo, che si distingue per la sua pianta insolita, scandita da pilastri e colonne, e per il magnifico chiostro. Nel monastero ha sede il Museo Provinciale del Sannio, mentre la sezione storica è ospitata nella Rocca dei Rettori, costruita su modello delle grandi costruzioni militari francesi di Avignone e Carcassonne.

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All’antichità appartengono anche l’Obelisco Egizio e il Ponte Leproso, risalente al I secolo a. C., mentre il Duomo del XII secolo fu ricostruito dopo la guerra e di originale ha mantenuto soltanto la facciata e il portale in bronzo.

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Altra perla del territorio beneventano è Sant’Agata dei Goti, uno dei Borghi più belli d’Italia aggrappato a un costone tufaceo tra i due torrenti Riello e Martorano, che abbiamo scoperto insieme a Claudio Lubrano e il suo fantastico compagno peloso Andrea.

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La prima tappa è stata la sosta sul ponte che collega il nucleo storico ancora intatto e la parte moderna. Qui, dove la vista sul borgo è magnifica, il professor Lubrano ci ha raccontato le sue origini. La città anticamente si chiamava Saticula, mentre il nome attuale di Sant’Agata dei Goti risale al VI secolo d.C., quando una colonia di Goti si stabilì nella zona.

Le vicende dei secoli successivi sono comuni a quelle di tante altre cittadine della Campania tra dominazioni di Longobardi, Normanni, quella del Papato e feudatari, dai Della Ratta agli Acquaviva ai Carafa.

Sede vescovile dal X secolo, tra i suoi vescovi ci sono stati il futuro Papa Sisto V e Sant’Alfonso dei Liguori. Tutto il centro storico può essere definito un piccolo museo a cielo aperto e noi abbiamo cominciato a visitarlo dal Castello.

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Attraverso un grande atrio e uno scalone si accede al piano superiore in una sala affrescata in cui Claudio ci ha raccontato la storia del Mazzamauriello, il folletto che secondo la leggenda andava in sogno a chi gli era simpatico dicendogli dove erano nascosti i tesori e che poi nel tempo è stato considerato il protettore dei bambini a cui faceva trovare sotto i letti nocelle, dolcetti e soldini.

Pare che tra queste mura abiti ancora lo spiritello che l’11 novembre del 2018 è apparso sullo scalone in una foto, ma da noi non si è fatto vedere!

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Siamo poi tornati in largo Annunziata, una volta la porta di entrata della città dove sorgeva l’ospedale con annessa la chiesa dell’Annunziata del 1239, ricostruita in stile gotico nel XIV secolo.

Al suo interno sono straordinari gli affreschi dell’abside e della contro-facciata dove è protagonista un Giudizio Universale, opera forse di Ferrante Maglione, che lascia a bocca aperta. La figura del Cristo Giudice, ritratta all’interno di una mandorla che segna la separazione tra Gesù e la scena sottostante, domina per le enormi proporzioni al centro. Significativa la posizione delle mani: la destra offre il palmo agli eletti in segno di accoglienza, mentre la sinistra, rivolta verso i dannati, mostra il dorso in segno di rifiuto.

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Alla destra del Cristo è raffigurata la resurrezione dei morti con l’Albero della Vita, mentre a sinistra è rappresentato l’Albero del Male, simbolo dell’inferno con i suoi rami recisi avvolti dalle fiamme. Ma sono tantissime le allegorie legate ai Vangeli, alla Divina Commedia e al mondo medievale delle arti e dei mestieri in uno spaccato della vita e della storia del tempo.

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Nella chiesa ci sono anche il bellissimo polittico dell’Annunciazione di Angelillo Arcucciole reliquie di San Menna a cui è dedicato un tempio, monumento romanico eccezionale dell’inizio del 1100, con un pavimento a mosaico unico.

Da non dimenticare che Sant’Agata dei Goti è la terra del vino Falanghina che si è poi diffuso in tutto il territorio campano e adesso può annoverarsi tra i vini bianchi più apprezzati d’Italia.

Altro fiore all’occhiello del territorio è la mela annurca, dal profumo intenso e dal gusto molto particolare. Potevamo non acquistarne un po’? Per farlo ci siamo spostati nella piana di Maddaloni dove imponente emerge l’Acquedotto Carolino, un ardito capolavoro di ingegneria protetto dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Costruito da Luigi Vanvitelli per portare l’acqua dalle sorgenti del Fizzo, poste alle falde del Taburno, al Palazzo Reale di Caserta, fu all’epoca il ponte più lungo d’Europa.

La parte del condotto Carolino che costituisce i Ponti della Valle è annoverata tra le più importanti opere d’arte del mondo e costituisce l’elemento più spettacolare dell’intera opera ingegneristica.

Oltre ad arte e storia il Sannio offre anche mete ideali per andare alla scoperta di un artigianato di grande valore come le splendide maioliche di San Lorenzello di cui vi parliamo in un post dedicato e una natura integra ed esuberante in un territorio caratterizzato da aspri massicci appenninici, colline punteggiate di viti e olivi e valli verdissime.

Diverse le possibilità di trekking all’interno del Parco Regionale del Taburno-Camposauro, formato dai due monti che insieme al Pentime creano un profilo che ricorda quello di una donna sdraiata definita “La Dormiente del Sannio”.

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L’area comprende vallate splendide: la Caudina che nel nome ricorda le Forche Caudine dove i Romani subirono nel 321 a.C. l’umiliante sconfitta dai Sanniti, la Telesina, la Vitulanense e la valle dell’Isclero con boschi di querce, castagni, faggi e agrifogli alti come alberi, dove Otto si è divertito a correre e a saltare, sul percorso affrontato con Nicola Matarazzo, professore di educazione fisica in pensione che si dedica a far scoprire a piedi e a cavallo il suo territorio.

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Tante anche le grotte in cui trovavano rifugio gli eremiti, come quella di San Menna che si trova nel comprensorio di Vitulano. E bellissimo il pianoro di Camposauro, di origine vulcanica, dove pascolano cavalli allo stato brado.

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Mentre tra i monti Cappello e Stefano spiccano i resti della grande abbazia benedettina di Santa Maria in Gruttis. La passeggiata vi ha fatto venire fame? Unico è il gusto della cucina locale che rivela nei piatti tipici come la padellaccia con salsiccia di maiale, peperoni e patate, e la ciambotta di patate, zucchine e bietole, l’appassionato legame con la tradizione.

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