Midi è l’altro nome del sud della Francia, una regione dalle antiche atmosfere dove i sapori sono forti e i profumi inebrianti. Noi l’abbiamo visitata partendo da Arles.
Midi è l’altro nome del sud della Francia
Il punto ideale per partire alla scoperta della città è il boulevard des Lices, dove si tiene il mercato provenzale del sabato mattina, in cui lasciarsi inebriare dagli effluvi delle mercanzie e incantare dal garbo e dalla ricercatezza con cui sono disposte sui banconi rivestiti dai tessuti locali.
Il mercato rappresenta a ogni bancarella una tentazione continua. Noi non abbiamo proprio potuto resistere alle tovaglie di colorata tela stampata e ai boutis, tessuti lavorati con una tecnica particolare, dalle antiche origini orientali, che utilizza due stoffe sovrapposte, leggermente imbottite e ricamate ad ago. Ancora oggi ci basta stenderli sulla tavola o sul letto per sentire profumo di Provenza! Quello più tipico è quello della lavanda, confezionata in variopinti sacchetti venduti come souvenirs in ogni angolo.
Lo spuntino dovrà essere a base della squisita charcuterie provencal, così dopo, satolli, si può procedere verso la Cattedrale romanica dove fu incoronato il Barbarossa e che è dedicata a Saint-Trophime, protettore di Arles che avrebbe accolto al loro sbarco in Camargue, Lazzaro e le Tre Marie. Ma questa è un’altra storia che presto vi racconteremo. La chiesa è un bell’esempio di architettura provenzale e ha anche un magnifico chiostro.
Proseguendo si arriva alla place du Forum, il cuore della città antica, che ha preso il nome dal foro romano che si trovava lì. Sulla piazza si trova anche il Cafè de la Nuit, detto anche Cafè Van Gogh perché dipinto dal grande artista in un suo quadro del 1888.
Altro gioiello cittadino è l’Arena romana della fine del I secolo d.C. e una delle meglio conservate insieme a quelle di Verona e di Nimes.
Se capitate ad Arles a settembre potreste assistere, come è accaduto a noi, alla Feria du Riz, la festa del riso durante la quale si può assistere alla corsa dei tori per le strade della città, mentre i ristoranti ai bordi preparano enormi paelle con il famoso e profumato riso della Camargue.
Nell’arena, invece, dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Unesco, si tengono ancora le corride spagnole, quelle portoghesi senza l’uccisione del toro e le courses camarguaises, spettacoli con i tori incruenti che testimoniano una passione e una tradizione tutta locale che non ha nulla da invidiare a quelle di Siviglia o di Ronda.
Anche il Teatro Romano è inserito nel Patrimonio Mondiale dell’Unesco, anche se conservato con meno cura dell’arena dato che fu usato come cava per il materiale durante il Medioevo: oggi restano le gradinate, due colonne della scena e i mosaici sul pavimento dell’orchestra.
Da Arles in meno di un’ora si raggiunge Avignone, chiamata la piccola Roma sul Rodano. Ma prima vi suggeriamo una breve deviazione verso Tarascona, una cittadina bellissima dominata dal trecentesco castello dei Conti di Provenza, uno dei più suggestivi di Francia, scenario dell’immortale Tartarin, l’eroe del romanzo di Alphonse Daudet.
Giunti ad Avignone il primo passo da fare è la visita al Palazzo dei Papi, ben 15mila metri quadrati di interessanti sale racchiuse dalle torri quadrate e mura con enormi archi gotici.
Non si può mancare la passeggiata sul celebre Pont d’Avignon che in realtà si chiama Point Saint-Bénezét, edificato in legno nel XII secolo e distrutto nel 1226, venne ricostruito successivamente in pietra con 22 arcate delle quali ne restano solo quattro.
Da Avignone, spostandosi a nord, si arriva a Orange, dove si trova uno dei teatri romani meglio conservati e l’unico con il muro di scena intatto e imponente nel quale è incastonata la statua dell’imperatore Augusto. Altra chicca di epoca romana l’arco di trionfo.
Dopo Orange val la pena di raggiungere Vasoin-la-Romaine per ammirare i resti dell’antica città fondata dai Romani, tra cui il ninfeo e il teatro. All’epoca medioevale appartiene invece il castello semidiroccato dei Conti di Tolosa che si affaccia sui tetti di coppi rossi e le silenziose strade lastricate del borgo. Se tutto questo peregrinare vi ha messo fame, fatevi tirare su da una saporita cena provenzale che non potrà prescindere da un antipasto a base di olive, salsiccia e pilassadiere, la classica focaccia guarnita con cipolle, acciughe e olive nere. Per poi proseguire con una daube di manzo, stufato in pentola di terracotta, o un più leggero ma altrettanto gustoso poullet à l’estragon, cioè al dragoncello. Per finire con un ghiotto carrello dei formaggi, dove non mancano mai gli chèvres, caprini più o meno stagionati marinati in olio d’oliva o avvolti nelle erbe.
Non lontano da Avignone, spostandosi dalla Provenza in Linguadoca, cioè verso Occidente, si raggiunge Nîmes. Ma già 20 chilometri prima di arrivare ci si imbatte in una tappa obbligatoria, quella del Pont du Gard, il grandioso acquedotto costruito dai Romani nel 19 a.C. lungo 275 metri, alto quasi 50 e con tre livelli di arcate sovrapposte. Naturalmente non abbiamo resistito ad attraversare il fiume da un capo all’altro passeggiando su questo viadotto e ammirando il magnifico panorama.
Poi abbiamo ripreso la nostra strada per Nîmes dove, per prima cosa, bisogna visitare l’anfiteatro eretto nella seconda metà del I secolo d.C. che ha come pianta una perfetta ellisse. Nell’Arènes della città, come in quella di Arles, si tengono sia le corride spagnole che quelle incruente provenzali. A nord si trova la Maison Carrée, un piccolo tempio romano che si è conservato pressoché intatto per duemila anni. Al suo interno un museo di antichità romane che accoglie statue di marmo e di bronzo, mosaici, lapidi e altari.
Al II secolo, invece, vengono datate le terme con l’annesso teatro, un ninfeo e un tempio consacrato a Diana: la fonte che alimenta le piscine scorre ancora nel meraviglioso parco del Jardin de la Fontaine.
La visita prosegue alla Tour Magne, imponente costruzione ottagonale di epoca augustea che svetta sul Mont Cavalier.
Prima di lasciare Nîmes e per concludere il giro tra i suoi monumenti da non perdere, avviatevi verso la maestosa Porta di Augusto, con due fornici al centro e due laterali, che conserva un tratto della pavimentazione romana e rammenta la grandeur che alla città donò l’imperatore senza badare a spese.