Massimo Vaglio, un “corsaro” tra terra e mare

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Massimo Vaglio lo abbiamo conosciuto una decina di anni fa grazie alla comune amicizia con il caro e indimenticabile collega Nunzio Pacella, anima e memoria del Salento più autentico. Allora ci regalò il suo libro dedicato al lampascione o, come questo cipollotto viene chiamato in terra salentina, al pampasciune: Piccolo Codice del Lampascione. Eravamo nel piccolo borgo di Galugnano, frazione di San Donato di Lecce, dove si festeggia la Madonna Addolorata detta anche “de li pampasciuni”.

Chiacchierata tra presente e futuro

Un altro suo libro, intitolato “Santu Sitru e altri racconti”, ce lo ha regalato quest’anno quando ci siamo incontrati alle Tavole di San Giuseppe a Minervino di Lecce. Leggendolo ho ritrovato tanti ricordi legati ai racconti di mio padre e di mio nonno che da bambina mi proiettavano in un mondo già allora in estinzione tra gassosa e capanni o meglio baracconi in riva al mare.

Ma soprattutto ho conosciuto un po’ meglio Massimo Vaglio, cuoco, cultore della cucina popolare salentina, etnogastronomo, scrittore, giornalista pubblicista, esperto in agricoltura, pesca e zootecnica.
Ma chi è davvero? Alla fine della nostra lunga chiacchierata a Giurdignano, dove abbiamo condiviso il tavolo dell’Approfondimento Gastronomico sul tartufo nell’evento dedicato al prezioso fungo ipogeo tenutosi nel piccolo borgo salentino, lo definirei un radicale e del radicale ha la biografia.

“A otto anni già conoscevo tutte le tecniche di caccia e di pesca perché, negato in quasi tutti gli sport, al pallone e al biliardino preferivo la compagnia degli anziani: mi arricchivano i loro racconti e facevo tesoro delle loro esperienze”.

Ciò che Massimo Vaglio racconta sembra preistoria, ma erano solo poco più di cinquanta anni fa, in quegli anni ’60 in cui si affacciava la plastica in cucina ma si continuava a baciare il pane se cascava per terra in quanto considerato sacro. Dalla sua curiosità e dal bagaglio culturale raccolto sin da bambino sono nati i suoi 23 libri, dalla cucina del Salento ai codici della cozza e del lampascione fino all’ultimo, “Etnoantropologia gastronomica sallentina”, in cui conduce il lettore in un viaggio per terra e per mare nei sapori del Salento alla A di aguglie alla Z di zucche.

Massimo Vaglio

Tornando alla sua vita, o meglio alle sue vite, Massimo Vaglio nasce a Nardò ma sin da bambino esplora e comincia a conoscere profondamente la campagna a due passi dal mare dove la famiglia si trasferisce in una casa sprovvista di acqua corrente e luce elettrica ma piena di libri. Suo padre e sua madre sono insegnanti elementari e lo spronano a leggere e a studiare ma soprattutto a fare della vita, quella vera e ancora molto lontana dal mondo digitale, la sua vera maestra.

In casa si cucinava bene ma in modo semplice ed è quella cucina che oggi propone con pochi piatti ma ben fatti al ristorante I Corsari presso il Villaggio Resta a Nardò, che si trova sulla Via Traiana, come ci tiene a sottolineare.

Molto interessante la storia di questo villaggio nato nel 1934 come progetto di colonizzazione così come si era fatto in Sardegna da parte dell’Istituto fascista della previdenza nazionale. A Nardò non trovò attuazione ma la Masseria Corsari venne acquistata da Marcello Resta che costruì il villaggio “Starace”, dove si stabilì una comunità di coloni residenti.

Da qui il nome del ristorante di cui oggi si occupa il figlio Andrea anche se tra pentole e fornelli Massimo è quasi sempre presente a preparare pietanze e a elargire consigli. Che non sono mai banali e affondano le radici nel suo vissuto: imbarcato come Ufficiale di Marina Mercantile ha navigato per lunghi periodi e alla metà degli anni ’70 divenne concessionario esclusivo di vini pugliesi e tra i primi estimatori del Primitivo in purezza.

La cucina ai Corsari è prevalentemente salentina con sapori del Mediterraneo e non mancano mai pasta e risotti ai frutti di mare: piatti autentici e classici italiani con qualche incursione internazionale.

Massimo Vaglio

Prima di salutarci ho posto a Massimo Vaglio una domanda sul futuro: come lo vede? “Da grande osservatore di ciò che finora ho vissuto sono pessimista. La crisi pandemica che ci siamo appena lasciati alle spalle non ci ha reso migliori. Le difficoltà piuttosto che in empatia si sono trasformate in aggressività e sul futuro vedo un buio generale. Dovremmo impegnarci di più ricominciando a rispettare la natura. Ma in fretta perché è già tardi. Lo affermo considerando le condizioni del mare che sulla riviera di Nardò è ormai un deserto”.

La sfida è ardua di fronte alla fragilità di questo mondo ed è necessario ripartire con un grande bagno di umiltà e di determinazione che sono le caratteristiche di quel mondo agricolo di cui parla Massimo Vaglio nei suoi libri.

Foto dei piatti dalla pagina Facebook del Ristorante I Corsari

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