L’Avana è una città magnifica e allo stesso tempo fatiscente tra gli splendori del passato e l’incertezza del presente. Dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1982, è stata amata da artisti e scrittori come Graham Greene, Ernest Hemingway, García Lorca.
Una città che cattura i sensi
E a nostro modo l’abbiamo amata anche noi. In ogni caso, non si resta indifferenti quando si arriva a L’Avana, il cui nome ufficiale è San Cristobal de La Habana ed è la città più popolata di tutti i Caraibi.
Noi siamo atterrati all’aeroporto di sera e appena usciti in cerca del nostro taxi abbiamo subito avvertito il caldo umido della primavera sull’isola. L’afa ci ha quasi mozzato il respiro così come l’impatto con il Capitolio illuminato e sfavillante a dominare il paesaggio.
Ma solo il mattino dopo abbiamo avuto l’incontro ufficiale con la città guidati da Alvaro tra le strade e le piazze de La Habana Vieja. E sin da subito siamo rimasti rapiti dagli edifici che testimoniano i cinque secoli di storia della capitale cubana, in cui stili architettonici differenti si fondono per dar forma a eleganti facciate e balconi dalle elaborate balaustre.
Alvaro ci ha parlato di chi alla fine degli anni Novanta del secolo scorso ha fortemente voluto la rinascita del centro storico de L’Avana e ci ha mostrato la sua sepoltura nel giardino sul retro del convento di San Francisco de Asis: Eusebio Leal Spengler, direttore dell’Oficina de l’Historiador e vittima illustre della prima ondata di Covid nella primavera del 2020.
Con la nostra guida siamo andati alla scoperta del cuore della città coloniale, partendo dal nostro albergo. E già qui c’è qualcosa da raccontare. Nel programma di viaggio elaborato per noi da Etnia Travel Concept avremmo dovuto pernottare presso l’Hotel Marques de Cardenas de Montehermoso, ma la sera del nostro arrivo abbiamo scoperto che il nostro albergo era un altro, il Palacio Cueto. Ma il cambio non è stato sfavorevole perché l’hotel, ricavato in un antico palazzo dalla imponente facciata, è nuovissimo essendo stato ristrutturato durante la pandemia.
La prima tappa del tour è stata Plaza Vieja, una delle più antiche della città dove nel 1500 si vendevano gli schiavi e che oggi è delimitata da residenze barocche e palazzi in stile eclettico dei primi del Novecento con una fontana in marmo bianco di Carrara nel centro, copia dell’originale opera dello scultore italiano Giorgio Massari: un altro pezzo d’Italia a Cuba!
La seconda fermata è stata plaza de San Francisco che ha una storia singolare in quanto è nata nel 1628 su un’antica zona paludosa. Qui sorge la Iglesia de San Francisco de Asis oggi utilizzata come sala concerti. Non passa certo inosservato davanti al portale della basilica, El Caballero de Paris, la statua in bronzo a grandezza naturale che ritrae José Maria Lopez Lledin, un senzatetto dai modi cortesi e vestito di nero che girava per L’Avana. Bisogna toccarlo in tre punti che infatti sono più chiari e lucidi del resto: toccando il piede continuerai a viaggiare, toccando la barba avrai fortuna e toccandogli la mano prima o poi tornerai in città. Dato che non si sa mai ci abbiamo provato!
Poi abbiamo proseguito verso il Castillo de la Real Fuerza, il più antico della città che conserva i bastioni angolari protetti da un ampio fossato. Davanti si apre la splendida plaza de Armas dove su un lato si erge El templete, un piccolo edificio in stile neoclassico costruito sul leggendario luogo in cui, sotto una vecchia ceiba, fu fondata la capitale cubana il 16 novembre 1519 con la celebrazione della prima messa e il primo consiglio cittadino, che sono riprodotti nei dipinti del pittore francese Vermay all’interno della cappella.
Non ci siamo sottratti al rito propiziatorio dei tre giri in senso antiorario intorno al tronco dell’albero e all’offerta da lasciare alla base tra le radici per esaudire i nostri desideri.
Di fronte si erge il monumentale Palacio de los Capitanes Generales fatto costruire dal governatore Felipe Fondesviela tra il 1770 e il 1791. Ai piedi della scala che porta al mezzanino c’è una copia della Girardilla, una statua in bronzo fusa nel 1632 dallo scultore Jeronimo Martinez Pinzon e originariamente collocata sulla torre del Castillo de la Real Fuerza. La sagoma femminile rappresenta la dama Isabel de Bobadilla che attendeva per ore sulla torre del palazzo il ritorno dello sposo governatore di Cuba nel periodo spagnolo.
Dalla piazza parte calle Oficios su cui si affaccia il Museo del Automovil dove sono esposte auto d’epoca con modelli che risalgono fino al 1898. Da non perdere la capatina all’interno della farmacia Taquechel che conserva gli arredi originali e mortai, vasi e alambicchi di quando fu aperta nel 1898.
La visita alla città vecchia si è conclusa con quella alla Catedral de San Cristobal dalla grandiosa facciata barocca. All’interno la veneratissima Nuestra Señora de la Caridad del Cobre proclamata patrona di Cuba nel 1916 da Papa Benedetto XV e che nella Santeria cubana è associata a Oshun, l’orisha dell’amore, del matrimonio e della maternità.
La parte più nuova della città l’abbiamo ammirata a bordo del “carro americano” rosa Barbie guidato da Julio. Si resta ammaliati dall’elegante degrado dei palazzi affacciati sul Paseo de Martí o Paseo del Prado e sul Malecón, il lungomare percorso da vecchie auto colorate, Chevrolet, Dodge e Ford, e fiancheggiato da case fatiscenti e hotel esagerati e lussuosi lasciati in eredità dagli americani negli anni Cinquanta. Rapido e straniante il passaggio di epoca in epoca: dal XVII secolo al periodo Art Déco, dagli anni della mafia americana alla Cuba sovietica della Guerra Fredda.
Al centro de la plaza de la Revolution è d’obbligo la foto di rito davanti al memoriale di José Martí dopo il giro nel quartiere residenziale del Vedado dove si trovano le ambasciate ma anche la frequentatissima gelateria Coppelia.
L’ultima tappa al Bosque dell’Avana è quella che più ci ha permesso di comprendere come la città è la capitale di un’isola al confine tra universi di civiltà distinte, con un’identità ibrida che dietro al volto decadente si confronta con lo stereotipo e il mito. Una città difficile, complessa e contraddittoria anche nei culti magico-religiosi che sposano riti pagani a tradizione cattolica che si manifestano nei sacrifici animali lungo le rive del fiume Almendares che scorre sotto alberi secolari.
La colonna sonora dei nostri giorni a L’Avana? Naturalmente il son dei mitici Buena Vista Social Club, gli arzilli artisti anziani che interpretano con classe questa musica composta di voci, chitarre e percussioni.
Ma non dimenticheremo che a La Habana dopo la vista e l’udito uno dei sensi più sollecitato è l’olfatto: nelle strade sono forti gli odori che provengono dalle case e dalle botteghe improvvisate, dai rifiuti e da tutto ciò che viene riversato soprattutto nel fitto reticolo di strade nella zona del Centro Habana che si sviluppa alle spalle del Parque de la Fraternidad e del Parque Central intorno a calle Neptuno. L’Avana è anche questo, insieme al continuo volteggiare degli avvoltoi su alberi e grattacieli.
L’ultima sera? Ci siamo concessi una cena al tramonto sulla spiaggia di Miramar per tornare a casa con negli occhi l’ennesima immagine da cartolina di questa isola che nonostante tutto continua a incantare chi vi approda.
This travel blog with the dog is a personal selection of our best experiences, our favorite spots and secrets places around the world curated by Rosalia e Michele.
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