Tra Natale e capodanno del 2011 siamo stati in Abruzzo. Eravamo in vacanza in un posto incantato, il Sextantio Albergo Diffuso a Santo Stefano di Sessanio. In tre, io, Michele e Arturo, volevamo goderci l’atmosfera romantica del luogo e dei dintorni e non avevamo alcuna intenzione di rattristarci con una gita a L’Aquila, devastata dal terremoto solo due anni e mezzo prima.

Scoprire L’Aquila ferita

Non l’avevamo mai visitata e non volevamo conoscerla così, ferita a morte. Poi qualcosa è cambiato. Alla reception hanno scoperto che entrambi lavoriamo nel mondo della comunicazione e ci hanno esplicitamente chiesto di andare a L’Aquila, di documentare la situazione, di parlarne…

L’Aquila è muta, non ha più voce e il silenzio uccide la città abruzzese più di tutto, più di tutti i problemi che ancora oggi, a distanza di oltre sette anni la assillano e non le permettono di risorgere. Così, in una bella giornata di sole, ci siamo diretti a L’Aquila. Perché per capire bisogna andare tutti a vederla, L’Aquila.

L'Aquila

Ci ha accolti una città vuota, silenziosa, ma non priva di vita. Il centro storico della città, a distanza di anni dal terremoto che l’ha rasa al suolo, è ancora puntellato e per molte zone, off limits. Una città fantasma che non smette di sperare di poter, un giorno non troppo lontano, rivivere. Ma fa male sapere che lì è ancora tutto fermo.
Siamo arrivati in mattinata e siamo stati subito colpiti dagli edifici della zona moderna, molti ancora in piedi, ma sventrati come se fossero stati bombardati. Le finestre senza vetri, occhi spalancati sul vuoto delle strade e delle piazze…

L'Aquila

Poi, nel centro storico, un po’ di vita, tra i militari che sorvegliano i varchi della cosiddetta zona rossa, quella dove case e palazzi pericolanti non consentono di accedere. Una delle prime botteghe a riaprire i battenti, è stato lo storico bar pasticceria dei Fratelli Nurzia, insieme ad altri pochi negozi in Via del Carmine, il Bar Centrale e la Cantina del Boss di Via Castello.

 

Qui siamo andati a mangiare un boccone dopo aver peregrinato un po’ per la città, smarriti in tanto silenzio, davanti alla grata sulla quale sono appese le chiavi delle case in cui gli aquilani non possono tornare, insieme alla loro caparbia speranza di poterlo presto fare. Attraverso le vetrine scorgiamo i cartelli pubblicitari e sul muro del teatro il manifesto della stagione 2008/2009: tutto è fermo alle 3.32 della notte fra il 5 e il 6 aprile 2009.

In una piazzetta, davanti alla facciata di una chiesa, scorgiamo una breve fila di persone. Scopriamo che si può accedere alla cupola settecentesca della Basilica di San Bernardino, gravemente danneggiata dal sisma ma tornata agli antichi splendori grazie alla sinergia messa in campo dal Ministero per le infrastrutture ed i trasporti, il Ministero per i Beni e le attività Culturali (Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per l’Abruzzo) e il Ministero dell’Interno. In realtà, come ci spiega direttamente il Sovrintendente che ci viene presentato dai ragazzi che si occupano di accompagnare gli interessati alla visita, quello della chiesa è l’unico cantiere in attività in una città completamente da ricostruire.

L'Aquila

Lasciato Arturo all’interno della chiesa, siamo saliti sul ponteggio attraverso un ascensore, fino alla lanterna della grande cupola settecentesca e abbiamo potuto ammirare da vicino i restauri realizzati con un imponente e tecnologico ponteggio autoportante all’esterno, che ha consentito il restauro e il consolidamento della lanterna, nonché le opere su cupola e tamburo, e quelli all’interno della cupola con la risarcitura delle macrolesioni con malta fibrorinforzata.

Siamo scesi poi in strada insieme ai ragazzi in pausa pranzo e tutti insieme siamo andati a fare uno spuntino nel locale di Mariano Massari, conosciuto da tutti come Ju boss (Via Castello 3, tel. +39 0862 413393), che rappresenta per L’Aquila un “monumento”, simbolo anche della ripartenza della città dopo il terremoto. Si tratta di un’enoteca, ma soprattutto del luogo di ritrovo degli universitari aquilani dall’ambiente rustico e familiare, con un’atmosfera semplice e vagamente retrò, arricchita da un bancone fatto di legno e cuoio. All’interno del locale, allegria e compagnia hanno fatto dimenticare a tutti le macerie e la desolazione tra le strade e le piazze della città.

Guardiamo questi ragazzi, li salutiamo rimanendo contagiati dal loro entusiasmo e pensiamo: L’Aquila non deve morire!

L'Aquila

Poi, siamo andati al Forte Spagnolo, l’imponente castello edificato sul punto più alto della città, che da lontano sembra quasi non essere stato intaccato dal sisma. Però, man mano che ti avvicini scopri che il terremoto ha fatto danni ingenti anche qui, soprattutto al ponte di collegamento sul fossato e ai piani superiori.

L'Aquila

Dopo, ci siamo spostati verso un altro simbolo della città, la Basilica di Collemaggio. La sua facciata con pietre bianche e rosse con tre rosoni e tre portali ha resistito a quel 6 aprile del 2009, ma la volta, all’altezza del transetto, non ha retto, ed è collassata su se stessa. Ricoperta con una struttura provvisoria in ferro, la basilica è risultata però non sicura e quindi, dopo una prima apertura in occasione della quale abbiamo potuto visitarla, è stata chiusa di nuovo nel 2013.
L’Eni ha stanziato 14 milioni di euro per il restauro di Collemaggio e si spera che quest’anno gli aquilani possano riavere la loro basilica in tutto il suo splendore. Un passo importante per la rinascita della città. Che torneremo a visitare e a raccontare.

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