La Puglia a tavola l’abbiamo divisa in tre! Ma nel fare questo non siamo affatto originali. Vi starete chiedendo perché. Semplicemente perché già Federico II distinse con un atto ufficiale la Terra di Bari dalla Capitanata e dalla Terra d’Otranto anche da un punto di vista culinario.
Le tre zone della Puglia a tavola
Come lo fece? Considerando che, nonostante queste zone abbiano sempre avuto cucine simili, si diversificavano negli aromi: l’aglio presente in modo massiccio sul Tavoliere cede il passo, via via che si scende verso sud, alla cipolla, che ha il suo massimo trionfo nella zuppa di pesce salentina.
E ancora oggi questa distinzione resiste nella cucina tradizionale della Puglia a tavola. Del resto è all’imperatore svevo che si deve la stesura del celebre Liber de coquina, considerato alla base della cucina italiana, che già contiene alcune delle più conosciute ricette della cucina pugliese.
Come il purè di fave, uno dei suoi piatti preferiti insieme alla selvaggina di pelo e di piuma tra lepri, allodole, fagiani e colombi che gradiva spalmati con il miele e passati alla brace con erbe aromatiche. Amava anche i funghi e il pesce, soprattutto le anguille del lago di Lesina. E gradiva moltissimo anche i formaggi tipo provolone, mozzarella e pecorino che usava dare anche ai suoi cani preferiti.
Prima di passare a elencare alcuni dei nostri piatti regionali preferiti, un ultimo accenno a Federico II di Svevia. Si racconta che abbia affermato rispetto alla Puglia che questa gli forniva tutto ciò che era possibile per la sua mensa: “è evidente che il Dio degli Ebrei non ha conosciuto l’Apulia e la Capitanata, altrimenti non avrebbe dato al suo popolo la Palestina come terra promessa”.
Partiamo proprio dalla Capitanata e da uno dei piatti tipici che ci piacciono di più, il pancotto, un piatto povero che si ispira alla cucina contadina del recupero di cui ingrediente principale è il pane raffermo. La ricetta più classica è quella preparata con le erbe di campo ma noi preferiamo quella di mare con le telline tipica della zona di Rodi Garganico.
Mare e terra si incontrano spesso anche nella cucina di Bari e dintorni. Basti pensare a un piatto simbolo come la Tiella di riso, patate e cozze che, a seconda della stagionalità, si arricchiscono di sottili rondelle di zucchine. Una ricetta che ha sicuramente radici spagnole a partire dal nome che ricorda la paella e che contempla il riso, ingrediente principale come nella variante iberica. E anche la tiella, proprio come la paella, deve il suo nome al tegame in cui viene fatta cuocere che in dialetto barese di dice “tied” che significa teglia di terracotta di forma circolare in cui tutti gli ingredienti si inseriscono a crudo.
Oltre al riso, che rimane il minimo comune denominatore, nella tiella barese entrano cozze, cipolla e patate. Ma un’altra importante differenza tra la “cugina” spagnola, la paella valenciana con carne, verdure, fagioli e persino lumache, è che la prima si cuoce sul fuoco in padella, mentre la nostra tiella in forno.
Chi viene dalle nostre parti, poi, non può rinunciare a un trancio di focaccia barese o a un panzerotto fritto, magari gustati in riva al mare insieme ai ricci e con una birra bella fresca e, in stagione, un piatto di orecchiette con le cime di rapa preparate nella versione classica con un saporito soffritto di alici.
Può sostituire un pranzo oppure costituire una sostanziosa merenda il calzone, pizza rustica riempita generalmente con cipolle lunghe chiamate sponsali, olive nere, alici, capperi e uva passa, ma che ha in ogni città e in ogni famiglia una sua ricetta diversa.
Tra Terra di Bari e Valle d’Itria non si può rinunciare ad assaggiare gli gnumariedd o torcinelli, involtini di interiora di agnello, fegato, polmone, cuore e milza, avvolti da budellino e cotti sulla griglia, e le bombette, tipiche del territorio compreso tra Martina Franca, Cisternino e Locorotondo. Anche la bombetta, un involtino di capocollo di maiale dal cuore filante di formaggio, viene cotta sul fuoco e consumata direttamente in quelle macellerie che espongono il cartello di fornello pronto.
Nella Puglia a tavola da assaggiare, entra a pieno diritto l’acquasala, che si trova da nord a sud della regione. La base di questo piatto è costituita dalla frisella che nasce come pane da viaggio, pronto a essere gustato dopo essere stato imbevuto in acqua per renderlo più morbido. E poi condito con olio di oliva, pomodori, cipolle e caroselli o cocomeri.
Spostandoci in Salento imperdibile un primo piatto che rappresenta una ricetta tipica che sa di Oriente: ciceri, che in latino significa ceci, e tria, che deriva dall’arabo itriya e che indica la pasta. La particolarità di questa ricetta sta nella consistenza in quanto circa un terzo della pasta non viene bollito ma fritto, regalando sensazioni croccanti tra un boccone e l’altro.
Come dulcis in fundo, nella sterminata produzione dolciaria pugliese, abbiamo scelto il pasticciotto, la colazione per eccellenza dei Salentini, ma ormai diffuso in tutta la Puglia. Si tratta di un ricco cofanetto ovale a base di pasta frolla che racchiude al suo interno un ripieno di crema pasticcera. Le origini di questo dolce si fanno risalire ai più antichi ricettari italiani del Cinquecento ma la versione che apprezziamo oggi pare sia stata inventata per caso nel 1745 da Andrea Ascalone, pasticcere di Galatina.
Ma qual è la ricetta che abbiamo scelto di proporvi per portare la Puglia a tavola? Una “chicca” che si può gustare sulla costa occidentale del Salento tra Gallipoli e le marine di Nardò: le polpette di polpo, che possono essere proposte come antipasto o secondo piatto sfizioso e saporito.
Polpette di polpo
Ingredienti per 4 persone
• 500 gr di polpo
• 1 uovo
• 1 cucchiaio di Parmigiano Reggiano
• 1 cucchiaio di prezzemolo tritato
• 1 spicchio di aglio
• q.b. di pane raffermo e grattugiato
• q.b. di sale
• q.b. di olio di semi
Preparazione
Per cominciare pulire il polpo eliminando occhi, becco e interiora. Poi procedete con la cottura.
Portate a bollore in una pentola capiente dell’acqua, quindi cuocete con il coperchio il polpo per 30 minuti. Infine, lasciatelo raffreddare completamente nella sua acqua.
Una volta freddo, tagliatelo a tocchetti e trasferitelo in un robot da cucina insieme all’uovo, al formaggio grattugiato, all’aglio e al prezzemolo e frullate fino a ottenere un composto omogeneo.
Trasferite il tutto in una ciotola e unite il pane raffermo precedentemente ammollato in acqua e strizzato.
Formate delle polpette grandi all’incirca come una noce, passatele nel pane gratuggiato e friggetele in abbondante olio per circa 5 minuti, girandole di tanto in tanto. Quando saranno dorate uniformemente, scolatele con una schiumarola e trasferitele su un piatto coperto di carta assorbente in modo da rimuovere l’unto in eccesso.
Servitele calde.