L’Abruzzo resta nel cuore! In questa regione ci torniamo sempre volentieri per respirare aria pura passeggiando nel verde dei parchi naturali e tra i Borghi più Belli d’Italia come Santo Stefano di Sessanio e Castel del Monte. Questa volta abbiamo voluto raggiungere uno dei luoghi più iconici dell’Abruzzo: la Rocca di Calascio, set di moltissimi film tra cui uno dei nostri preferiti: Ladyhawke con i bellissimi e giovanissimi Rutger Hauer nei panni di Etienne Navarre e Michelle Pfeiffer in quelli di Isabeau D’Anjou.
L’Abruzzo più nascosto
Quando ci siamo stati più di dieci anni fa con Arturo non eravamo arrivati fino in cima in quanto abbondanti nevicate avevano reso difficile il percorso. Con Otto invece siamo riusciti a salire sulla terrazza dalla quale si ammira tutto il panorama sulla valle del Tirino e l’altopiano di Navelli a poca distanza dalla piana di Campo Imperatore. Quando fu costruita la rocca aveva solo un piano e solo successivamente fu innalzato il secondo livello e furono costruite le torri circolari che le donano l’attuale inconfondibile aspetto.
Dall’alto si intuisce la funzione di queste torri che fungevano non solo da sentinelle del territorio ma anche come un vero e proprio sistema d’allarme attraverso fumi e fuochi per avvisare le popolazioni degli imminenti attacchi nemici spesso provenienti dal mare.
Il castello, danneggiato dal terremoto del 1703, è stato soggetto a una serie di restauri ed è oggi fruibile gratuitamente ai visitatori.
Siamo a più di 1500 metri sul livello del mare e l’aria è frizzante nonostante un sole caldo inusuale per il periodo compreso tra Natale e Capodanno.
Scendendo i percorsi si biforcano. Uno conduce al borgo sottostante al castello, abbandonato in seguito alle distruzioni causate dal terremoto del 1703 e ora ripopolato da botteghe e punti di ristoro. L’altro va verso la chiesa di Santa Maria della Pietà, un piccolo tempio eretto tra il XVI e il XVII secolo sul luogo dove, secondo la leggenda, la popolazione locale ebbe la meglio su una banda di briganti. La particolare forma a pianta ottagonale ha fatto pensare che sia stata costruita nel 1451 forse su disegni del Bramante.
A proposito di film se Ladyhawke è stato il primo, non è stato l’unico. Infatti l’anno successivo, nel 1986, venne ambientato nella rocca Il nome della rosa con Sean Connery e poi Il viaggio della sposa, Amici Miei – Atto II e alcune scene del film The American con George Clooney, interamente girato nella provincia dell’Aquila, tra Calascio e Castel del Monte, che è stata un’altra meta di questo nostro giro dell’Abruzzo.
Considerata la capitale dei pastori ha una forte influenza toscana, così come la vicina Santo Stefano di Sessanio. Infatti, per quasi due secoli il borgo fu ininterrottamente sotto il dominio dei Medici. Una caratteristica particolare della sua architettura è quella degli sporti, gallerie scavate nella roccia calcarea che coprono porzioni di percorsi viari e al di sopra delle quali si sviluppano due o più piani abitati che permettono il collegamento tra i vari nuclei del borgo e che consentono di ovviare alla mancanza di spazio. Lo stemma del paese riprende la sua forma: guardando Castel del Monte da lontano si scorge una stella che segue le curve di livello del terreno e sfrutta le cinque alture che lo circondano.
Dopo aver passeggiato tra vicoli e piazzette è d’obbligo portare via con sé il Canestrato di Castel del Monte definito il pecorino della transumanza, perché in passato i pastori portavano le loro greggi, nei mesi più freddi dell’anno, verso i più miti pascoli del Tavoliere delle Puglie, per poi ritornare in quelli montani abruzzesi in primavera-estate. Questo formaggio che noi preferiamo stagionato è ottenuto dalla caseificazione di latte ovino crudo con la sola aggiunta di sale e caglio.
Lo stesso formaggio, insieme alle uova, è uno degli ingredienti dei calcioni tipici di Castel del Monte, racchiusi in una sfoglia di farina, acqua e olio di oliva cotta in forno: una bontà da sbocconcellare a ogni ora della giornata! A Santo Stefano di Sessanio irrinunciabile la zuppa di lenticchie tra i prodotti agroalimentari tradizionali abruzzesi e tra i presidi di Slow Food.
Ma in Abruzzo, terra in cui l’identità gastronomica è forte e ben conservata, è difficile non mangiare bene, dai formaggi ai salumi, dalla pasta fatta in casa a quella ripiena con la squisita ricotta di pecora che qui ha un sapore speciale, fino ai dolci. In provincia de L’Aquila, i dolci più tipici sono le ferratelle o cancelle, che vengono cotte su una gratella, che gli dà la tipica forma. Tipici di Natale sono i calgiunitte, ravioli dolci che abbiamo assaggiato in due versioni: quella con la marmellata di uva e le noci e quella a base di marmellata di castagne. Mentre con le tisane servite nel Cantinone del Sextantio abbiamo apprezzato le ciambelline con l’anice e il vino bianco, un dolce tipico invernale, da gustare nelle giornate più fredde.
Per smaltire, una bella passeggiata nel sito archeologico di Peltuinum che racconta la storia dell’impero romano nella regione abruzzese. Una chicca poco conosciuta tra Prata d’Ansidonia e San Pio delle Camere che si svela come punto strategico già nell’antico territorio dei Vestini e in età pre-romana per gli spostamenti dei greggi dall’Italia Centrale alla Puglia Settentrionale.
Trovarlo non è semplice: noi lo abbiamo individuato sulla mappa ma abbiamo poi dovuto chiedere informazioni a un signore che faceva running al bordo della strada. Fortunatamente abbiamo incontrato la persona giusta che ci ha dato le indicazioni per visitare l’intero sito che si sviluppa al di là della prima cinta muraria oltre la quale non immediatamente visibili ci sono i resti del teatro e dell’imponente tempio dedicato ad Apollo di cui rimangono solo il nucleo in calcestruzzo e alcuni blocchi di fondazione.
Un luogo silenzioso, con poca gente che come noi vagava incuriosita. E poi al ritorno verso l’auto un’altra scoperta: le palle verdi con i pallini bianchi intorno ai rami degli alberi erano piante di vischio! Abbiamo così visto per la prima volta come cresce in natura questa pianta cespugliosa sempreverde ed emiparassita, che completa la sua nutrizione a spese di altri vegetali.
Incuriositi abbiamo voluto saperne di più scoprendo che ha origine dai semi delle bacche trasportate dagli uccelli che se ne cibano: se le bacche cadono a terra i semi muoiono, se invece si infilano nelle fessure di un ramo danno origine a una nuova pianta. Proprio quella che appesa alla porta di casa si dice che porti fortuna e, per gli innamorati, suggelli amore eterno.
L’ultima tappa di questo nostro giro in Abruzzo è L’Aquila.
Non sapevo che ci fosse un Castel del Monte anche in Abruzzo! Immagino sia stato un viaggio rigenerante, con una visuale così spaziosa e riferimenti a storie diventate film. La Rocca di Calascio in effetti ricorda molto la Sacra piemontese, in quella posizione così signora sul paesaggio in un panorama però più vergine, ideale quindi per ricreare un ambiente medievale.
Aspetto l’Aquila, per fare un ripasso di come me la ricordo dagli anni ’90 😀
Un borgo piccolo ma molto rilevante per la transumanza delle pecore in passato tanto da essere definito la capitale dei pastori.
La Rocca di Calascio è un luogo molto affascinante anche se arrivare fin lassù è un po’ faticoso.
Riguardo L’Aquila noi ci siamo stati la prima volta nel 2011, due anni e mezzo dopo il terremoto, poi l’abbiamo rivista nel 2017 visitando i più importanti cantieri, e ci siamo tornati gli ultimi giorni dello scorso anno: molto si è fatto ma tanto c’è ancora da fare considerando che il centro storico della città è uno dei più grandi d’Europa.