Il mistero di Segesta comincia già dalle sue incerte origini. Se già in epoca preistorica qui vi fu un insediamento umano, le leggende riprese dagli scritti di Tucidide e Virgilio raccontano che su questo lembo di terra proteso verso il mare approdò Enea, esule al termine della guerra di Troia, accolto dagli Elimi, popolo locale composto da Sicani e Greci.
Una passeggiata nel tempo dal tempio dorico al teatro
Ma il mistero si infittisce quando si giunge al tempio dorico, simbolo del sito archeologico, che si erge imponente e superbo su una profonda gola naturale in mezzo a montagne selvagge da cui si vede il mare.
E’ fra i meglio conservati di tutta l’antichità ma a renderlo eccezionale è il fatto di essere l’unico rimasto a struttura aperta. Dopo l’innalzamento del colonnato, infatti, la costruzione venne interrotta. Testimonianza di ciò sono le bozze ancora esistenti sulle gradinate, che invece di solito venivano asportate nella fase di rifinitura.
Perché furono abbandonati bruscamente i lavori rimane un enigma. Alcuni storici suppongono che la causa fu la continua guerra con la storica rivale: Selinunte. I primi scontri tra le due città si ebbero a partire dal 580 a.C. ma fu nel 409 a.C. che Selinunte ebbe la peggio, venendo pesantemente distrutta.
Una delle migliori descrizioni del sito archeologico e del tempio è quella che ne fece Goethe durante il suo giro in Sicilia nel 1787, lasciandone memoria indelebile nel suo Viaggio in Italia.
“La posizione del tempio è strana: all’estremità più alta di una lunga e larga valle, su una collina isolata, ma circondato da rocce, esso guarda su grandi spazi in lontananza, ma solo un angolino di mare. La regione si trova in una triste fertilità: tutto è coltivato e da nessuna parte c’è una dimora. Sui cardi in fiore sciamavano farfalle innumerevoli. Il finocchio selvatico cresceva fino a otto o nove piedi, secco, abbondante dell’anno precedente e in un apparente ordine che sembrava l’impianto di un vivaio. Il vento sibilava in mezzo alle colonne come in una foresta e i rapaci, librandosi, gridavano sopra alla trabeazione”.
Indiscutibilmente lo spettacolare contesto ambientale in cui il tempio è immerso è ancora oggi un elemento che affascina e al tempo stesso stupisce il visitatore che può cogliere solo in minima parte la grandezza della mitica città di Segesta, in quanto ciò che rimane è solo una pallida ombra dei fasti di un tempo.
Per averne un’idea un po’ più completa bisogna salire sull’acropoli, cento metri più in alto: sul monte Barbaro si trova il teatro, databile alla metà del III secolo a.C.
Il teatro è raggiungibile a piedi per gli amanti del trekking oppure attraverso un servizio di bus navetta privato al costo di 1,50 € e che consente l’accesso anche con il proprio amico a quattro zampe.
La cavea, con i sedili tagliati nella pietra, si apre come una enorme conchiglia incastonata nella roccia su un emozionante scorcio che sconfina nel blu del mare all’orizzonte.
Pochi filari di blocchi permettono di ricostruire la pianta della scena, mentre in età medievale una parte del teatro fu occupata dall’abitato, come documenta la grande casa a due piani visibile nella media cavea occidentale.
Sparsi nei pressi resistono i resti di una chiesa del ‘400, di una moschea, di un castello del XII secolo, di antiche mura e numerose abitazioni che testimoniano una storia mai cessata. E così come a Selinunte, anche a Segesta sono ancora in corso indagini che potrebbero portare a nuove scoperte riguardo probabili tracciati viari nell’area dell’agora e su alcune delle abitazioni più recenti nella storia della città risalenti al 1400.
Parco archeologico di Segesta
Case Barbaro S.R. 22 – c/da Barbaro – Segesta Calatafimi Segesta, Trapani
Info: +39 0924 952356 – parco.archeo.segesta@regione.sicilia.it
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