Di Dolmen e Menhir vi abbiamo già parlato. Nelle campagne di Bisceglie c’è uno dei più grandi e integri di questi monumenti megalitici, il Dolmen della Chianca completo di “dromos”, corridoio allo scoperto che conduce al sepolcro-altare costituito da una grande lastra di pietra che poggia orizzontalmente su altre due verticali, che sono conficcate nel suolo.
La Tavola dei Paladini, testimone silenzioso della storia
In Europa se ne trovano molti, tra la Bretagna e l’isola di Malta e in Puglia se ne contano una ventina. La terra dei Menhir è invece il Salento. In tutta la nostra regione ci sono circa 120 Menhir e di questi ben 92 si trovano nella punta del Tacco d’Italia.
Il giardino megalitico d’Italia con i suoi 18 Menhir e 7 Dolmen si trova tra i territori di Zollino e Giurdignano: qui si ergono come enormi dita puntate verso il cielo queste pietrefitte neolitiche a forma di parallelepipedo, infisse nella roccia e orientate astronomicamente, forse espressione di culti solari e di riti legati alla fecondità della terra.
Tornando ai Dolmen, in questa estate da #turistipercasa, durante il nostro soggiorno presso l’incantevole Masseria Mozzone, siamo andati a rendere omaggio al Dolmen di Montalbano, immerso nel verde argentato degli olivi secolari delle campagne di Montalbano, frazione di Fasano.
Chiamato anche Dolmen dei Paladini e unico nella zona è un monumento megalitico antichissimo, probabilmente della prima Età del Bronzo, risalente quindi a circa 4000 anni fa. La sua origine e la sua funzione, come quelle di tutti i monumenti simili sono avvolte dal mistero. Forse legato ad antichi riti magici, studi astronomici o al culto dei morti, resiste dall’Eneolitico, silenzioso testimone lungo la Francigena del Sud della storia che vi si è svolta intorno.
Nonostante le manomissioni subite nel tempo, tra cui la recente scomparsa del dromos, il Dolmen di Montalbano continua a incantare chi decide di andare ad ammirarlo come abbiamo fatto noi, alla luce calda del tramonto che tinge d’oro la pietra e che rende ancor più fiabesca la campagna intorno alla lama di Pisco Marano, tra olivi e piante di cappero.
E se le sue origini si perdono nella notte dei tempi, i primi documenti storici scritti sul Dolmen risalgono al 1360 e alla sua presenza si deve il nome di tutta la zona circostante. Infatti Pisco Marano nella lingua locale significa “pietra piatta”.
Ma perché è chiamato anche Tavola dei Paladini? E chi erano i Paladini? Il nome paladino è sinonimo di cavaliere. La prima volta che si usa tale termine è nella Canzone di Rolando, poema epico medievale francese di età carolingia, in cui paladino è colui che rappresenta ii valori del cavaliere cristiano contrapposti alla barbarie del nemico saraceno. Da allora i paladini sono gli eroi cavallereschi e probabilmente nel nostro territorio è divenuto nel tempo il modo di indicare i Cavalieri di Malta che qui esercitarono la loro secolare dominazione feudale nei luoghi che furono degli Ospitalieri di San Giovanni Gerosolimitano.
Questo ordine, nato ancor prima dei Templari, e che divenne quello dei Cavalieri di Malta nel 1530 quando Carlo V concederà loro l’isola di Malta, trovò in Puglia, crocevia tra Oriente e Occidente, il suo eden tra fertili terre, porti di imbarco verso la Terra Santa e grandi masserie, tra cui un bellissimo esempio sempre in territorio di Fasano è Borgo San Marco che appartenne al Balì.
Il Dolmen si trova in un terreno privato ma è visitabile liberamente. Una volta arrivati al suo cospetto provate a chiudere gli occhi e a immaginare di andare indietro nel tempo: nel fruscio del vento tra le foglie degli olivi e della macchia mediterranea sentirete sussurrare parole di lingue sconosciute e avvertirete perfino il tonfo degli zoccoli dei cavalli dei cavalieri sul selciato…
Lasciatevi suggestionare, ne vale la pena!