Ginosa fa parte della Terra delle Gravine, paesaggio magnifico e tormentato in provincia di Taranto. Nell’area tarantina si contano più di centocinquanta gravine. Tra le più estese e spettacolari, oltre quelle di Laterza, Castellaneta, Mottola, Massafra e Palagianello, c’è la gravina di Ginosa, che si pone come la prima spettacolare frattura nella roccia a cominciare da ovest sul confine con la Basilicata o l’ultima partendo da Taranto.
A Ginosa, l’altra Puglia

La cittadina è costruita sulle sponde di un canyon a forma di ferro di cavallo che sembra abbracciarla ed è uno degli esempi più interessanti di quella che a ragione viene definita “l’altra Puglia”, che emerge con violenza dal sottosuolo a causa dell’erosione carsica dovuta all’implacabile e millenario lavorio delle acque.
Ma non è solo la roccia la protagonista della gravina di Ginosa che si estende per circa 10 chilometri tutt’intorno al centro storico e in cui si trovano ben due villaggi rupestri con le case grotta scavate nella calcarenite: Rivolta, il più antico, e Casale.
E poi l’acqua, che oggi non c’è, ma può diventare travolgente e incontenibile come è accaduto nel 1857, quando l’alluvione è stata associata a un terremoto, e più recentemente per i violenti nubifragi del 7 ottobre 2013 e del 21 gennaio 2014 quando, per le intense precipitazioni, in via Matrice crollò una palazzina e furono cancellati i giardini pensili, gli uliveti secolari, le case a corte e le case grotte che si trovavano più in basso ai margini del letto del torrente.
Dopo il terremoto del 1857 la gente cominciò lentamente ad abbandonare la gravina per spostarsi sulla collina dove sorge l’odierno abitato costituito da case “lamiate” e case “soprane”.

Ce lo raccontano Pietro Moro, che a Ginosa ha scelto di restare per continuare a coltivare la terra di famiglia tra oliveti e agrumeti, e l’ormai famosissimo Carmelo che con la sorella Ninozza è rimasto l’ultimo abitante del Casale e guardiano della Chiesa Matrice chiusa per restauri.

Tornando alla natura approfittiamo della compagnia di Pietro che è un agronomo e scopriamo che un elemento di eccezionalità della gravina di Ginosa è dato dal fatto che risulta essere una delle stazioni privilegiate per molte delle cosiddette specie paleoegeiche, come la campanula versicolor e il fragno di origine balcanica, testimonianza dell’antico collegamento esistente nel Miocene tra i Balcani e la Puglia.

Nel primo tratto della gravina, in località Santoro, ci sono lecci, alcuni esemplari di pino e le essenze tipiche della macchia mediterranea, piante aromatiche e officinali. Mentre più vicini all’abitato dominano l’olivo e il mandorlo, ma molto diffusi sono anche la vite, il fico che è presente in ben dieci varietà diverse e il fico d’india.
La nostra visita è cominciata dal villaggio rupestre Casale, in cui le case-grotta si mescolano a case con una parte scavata nel fianco della gravina e una parte costruita secondo l’architettura tradizionale, che portano ancora i segni delle alluvioni così come le chiese dei Santi Medici e di San Domenico.

Il panorama sottostante lo abbiamo ammirato dal sagrato della Chiesa Matrice, un tempo intitolata a San Martino di Tours che è affrescato sulla facciata con la scena in cui divide il suo mantello con un povero, e oggi dedicata alla Madonna del S.S Rosario, protettrice della città.

La passeggiata ci ha portato poi nel Rione Rivolta dove si aprono ben 66 grotte disposte su 5 livelli collegati da un sistema di scalette. Nelle case-grotta si possono ammirare le tracce della vita che vi si trascorreva: sedili, giacigli, camini, vasche, mensole, frantoi, forni, stalle.
Gli ambienti hanno tutti le porte rivolte a sud in modo tale da trattenere il calore nei mesi invernali e assicurare il fresco nelle calde estati mediterranee. Un’altra caratteristica è quella dell’ingegnoso sistema di raccolta delle acque nelle cisterne scavate nella roccia in cui venivano convogliate le piogge attraverso una rete di piccoli canali. Di fronte al villaggio, considerato uno dei più importanti villaggi rupestri in Italia, si possono scorgere i resti delle chiese di Santa Barbara, Santa Lucia e Santa Sofia.

Tornando verso il centro della Ginosa moderna ci siamo fermati presso Casa Mama sede di visitginosa.com dove abbiamo trovato Isabella Bello e i suoi ospiti intenti a realizzare a mano cavatelli e orecchiette.


E non dimenticate di sbirciare nella bocca del forno che sembra immenso ma in realtà è più piccolo dell’originale perché costruito all’interno di esso: mi ha ricordato le matrioske russe!
Abbiamo portato con noi la focaccia piccante chiamata lingua della suocera, il pane, i panzerotti al forno ripieni di prosciutto cotto, le schiacciate alle melanzane e i taralli dolci al vino e mandorle e abbiamo gustato il tutto al Caffè Plebiscito sulla piazzetta di fronte alla Chiesa dei Santi Medici addobbata per la festa loro dedicata.
L’agriturismo domina l’intero panorama di oliveti secolari e aranceti, campi di grano e di ortaggi tra boschi e pascoli per il bestiame brado accudito dalla coppia di Border Collie di Guglielmo che si occupa dell’ospitalità e della produzione biologica certificata di olio d’oliva, ortaggi, arance, fichi d’india e frutta di stagione.



























