Casamassima, a spasso per il Paese Azzurro

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Casamassima, il Paese Azzurro, è stata la prima tappa del nostro tour da #turistipercasa. Dopo aver gironzolato tra il centro e le campagne della nostra Conversano a causa del divieto di sconfinare collegato alla Puglia come zona arancione, abbiamo deciso di ripartire a raccontare la nostra terra cominciando da… dietro casa!

Tra le 4 Città Blu del mondo

Casamassima

Casamassima infatti si trova a poco meno di 18 chilometri dalla nostra città e abbiamo voluto visitarla in compagnia di Fabio Dentamaro responsabile della pagina Instagram Il Paese Azzurro con cui condividiamo l’amore per il nostro territorio attraverso il racconto delle sue peculiarità.

Casamassima

Quella di Casamassima è evidente nel centro storico dove si passeggia tra case e muri “dipinti di blu”, o meglio di una palette di azzurri e celesti stratificati sulle pietre delle case più antiche e dell’enorme complesso conventuale di Santa Chiara, l’edificio più imponente del borgo, un tempo tutto dipinto di celeste.

Casamassima

La nostra visita, accompagnati da Fabio insieme al nostro Otto, è cominciata da piazza Aldo Moro, passando sotto la Porta Orologio, il principale accesso al centro storico. Oggi si presenta sormontata da un tempietto a colonnine doriche e incastonata dall’orologio, ma un tempo era costituita soltanto dalla parte inferiore ed era chiamata Porta dei Molini perché conduceva ai molini del duca. Ciò fa già riflettere su quella che era la ricchezza principale di Casamassima nel passato: il commercio del grano che si coltivava in zona.

Il primo imponente monumento in cui ci si imbatte è la Chiesa Matrice di Santa Croce, risalente al 1321 ma molto rimaneggiata nel tempo. Notevole la storia legata all’incendio del suo campanile che fu distrutto dalle truppe ungheresi che assediarono la cittadina nel 1348 e che quando la espugnarono uccisero e violentarono centinaia di cittadini. A memoria di ciò si svolge in ottobre il grande spettacolo scenico dell’Assalto alla Torre Campanaria con lo spettacolare combattimento e la simulazione dell’incendio del campanile, che si svolge nell’ambito del Corteo Storico Corrado IV di Svevia, organizzato dalla Pro Loco.

Legata a doppio filo alla storia dei conti Acquaviva d’Aragona è quella del monastero di Santa Chiara, fondato nel 1573 come Orfanotrofio di Santa Maria delle Abbandonate dal feudatario del tempo, nonché conte di Conversano.

Ma furono tanti i feudatari del borgo che nel 1609 fu comprato da Michele Vaaz. E proprio a lui molto probabilmente si deve la tipica colorazione azzurra del nucleo più antico, che comprende il quartiere Scesciola, nome che deriva dall’arabo Shawash’ala (labirinto) ed evoca l’incastro di stradine, vicoli, chiassi, piazzette e case su più livelli, collegate da scale esterne, chiamate vignali, e caratterizzate da finestre corredate da mensole laterali che servivano a sostenere un’asse di legno per essiccare fichi e pomodori.

Quasi incantati dalle parole di Fabio, che ci racconta che sono almeno tre le ragioni per cui il centro storico di Casamassima è caratterizzato dalla intonacatura azzurra e tutte valide, per cui una non esclude l’altra, ci siamo inoltrati nel cuore della cittadina tra i muri ricoperti di calce azzurra e i coloratissimi fiori che abbelliscono le case.

La ragione più raccontata è legata al voto alla Madonna di Costantinopoli che il duca Vaaz, signore di Casamassima, fece nel XVII secolo affinché preservasse il borgo dall’epidemia di peste diffusa in tutto il territorio. Ottenuta la grazia, per riconoscenza, ordinò di dipingere il caseggiato a calce viva aggiungendo il colore azzurro del manto della Madonna che è raffigurata sotto l’arco di via Santa Chiara.

La leggenda si discosterebbe poco dalla realtà che potrebbe rappresentare la seconda ragione della tinta dei muri. Infatti nel 1600 era d’uso, e non solo a Casamassima ma in molte altre località pugliesi, utilizzare latte di calce e vetriolo azzurro o solfato di rame per dipingere le pareti e disinfettare e igienizzare le case. Si riteneva inoltre che l’azzurro avesse il potere di allontanare mosche e zanzare, debellando le malattie. Questa credenza non era completamente infondata, perché la calce viva veniva effettivamente utilizzata per disinfettare i cadaveri e il latte di calce utilizzato per imbiancare e sanificare le case, ma questo effetto è dovuto soprattutto alle proprietà antisettiche della calce, più che al solfato di rame.

Molto più intrigante il terzo motivo a cui ricondurre le origini del Paese Azzurro che, secondo le approfondite ricerche dell’architetto Marilina Pagliara, collegherebbe Casamassima alle altre città blu del mondo come Jodhpur in India, Safad in Israele e Chefchaouen in Marocco. Secondo i suoi studi, infatti, la colorazione sarebbe da ricondurre a una piccola comunità ebraica che trovò rifugio tra le mura dell’antico borgo.

A supporto di ciò ci sarebbe proprio la figura di Miguel Vaaz de Andrade, un ricchissimo commerciante di grano ebreo sefardita che nel 1609 comprò per 76.000 ducati il feudo di Casamassima, divenuto di proprietà del Regio Fisco dopo la scomparsa senza eredi della Baronessa D’Acquaviva. Nel 1612, ottenendo il titolo di conte, acquistò anche Mola, come avamposto per seguire meglio la sua flotta impegnata in scambi commerciali nell’Adriatico.

Tale ipotesi viene avvalorata anche da una stella a sei punte, che ricorda la Stella di David, scolpita sui muri di una casa seicentesca del rione Scesciola.
Ma perché il blu in tutte le sue sfumature accomuna queste quattro città? Per trovare una spiegazione bisogna approfondire la tradizione ebraica di dipingere le case di azzurro con la polvere di tekhelel, un colorante naturale a base di frutti di mare, così come nella Bibbia viene comandato al popolo di Israele.

Cominciando da Chefchaouen, città santa musulmana che divenne rifugio di ebrei in fuga dalla Spagna durante l’Inquisizione. La città fu allora dipinta di blu e ancora oggi gli abitanti, pur non ebrei, portano avanti la tradizione.

Anche Jodhpur e Safed ospitarono piccole comunità di ebrei che usarono la vernice blu per colorare le loro case. Safed in Israele è anche la città natale della Cabala lurianica, uno dei principali bastioni per lo studio della Torah ed è una delle quattro città sante dell’ebraismo legate a simboli biblici: associata all’aria, al cielo e quindi all’azzurro, insieme a Hebron (terra), Tiberiade (acqua) e Gerusalemme (fuoco). E anche Safed divenne nel XV secolo rifugio per gli ebrei espulsi nel periodo dell’Inquisizione dai ‘Cattolicissimi Reali Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona’, e che vennero chiamati sefarditi dal loro luogo di provenienza, la Spagna, in ebraico Sefarad.

Da appassionati di storia locale ma anche di viaggi questa versione è la nostra preferita! Anche perché crea un ponte ideale con il più famoso paese azzurro del mondo, Chefchaouen in Marocco, con cui dal 2019 Casamassima è gemellata.

Casamassima

Dopo questo avvincente racconto abbiamo continuato il nostro giro raggiungendo uno degli angoli più suggestivi del borgo: l’intreccio di archi in pietra chiara che spiccano sulle pareti celesti del Chiasso Buongustai in cui era collocato il forno del Palazzo Ducale.

Anche su questo simbolo del potere feudale noto come castello, in cui emergono la imponente Torre Normanna e la vezzosa balaustra a colonnine, stanno affiorando tracce di azzurro sulle pietre del bugnato spagnolo a punta di diamante.

Molto più recente la colorazione delle case ristrutturate intorno all’Arco delle Ombre e “della malomere”. Anche in questo caso Fabio ci ha raccontato una simpatica storiella. Il nome venne coniato dopo l’Unità d’Italia quando il borgo era scarsamente illuminato e chi vi passava faceva luce al proprio cammino con un lume proiettando sui muri ombre che davano l’idea di essere inseguiti da spaventosi fantasmi.

La strada più azzurra del borgo è Via Paliodoro in cui, quasi una addossata all’altra, si succedono le case contadine in gran parte ristrutturate e abbellite da fiori variopinti.

Il giro del borgo è proseguito con l’affaccio sull’Auditorium dell’Addolorata ospitato in una ex chiesa del 1800 in stile barocco ed è terminato davanti al Complesso delle Monacelle che, nato come Orfanotrofio alla fine del 1700 divenne poi il primo Conservatorio del barese e oggi è sede della Biblioteca, della Pinacoteca e della Fondazione Don Sante Montanaro.

Poi siamo saliti in auto e siamo partiti alla volta delle campagne di Casamassima, punteggiate di lamioni, pagliari, muretti a secco, casini, casali, trulli e masserie, come quella delle Monache, un grande edificio costituito da vari nuclei, stalle in pietra con mangiatoie per cavalli e vacche, una piccola cappella e una grande aia che testimonia l’importanza degli antichi proprietari e la quantità di terreni posseduti.
Oggi qui si allevano bovini e Francesco Villari vi produce il suo latte pluripremiato. Ma questa è un’altra storia che speriamo di raccontarvi presto tra un assaggio e l’altro di mozzarelle e formaggi freschi!

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Comments

  1. Grazie per avermi portato in questo mondo azzurro, così vicino, che non conoscevo. Trovo molto interessante anche il racconto sulla possibile ragione. D’accordo con voi su quella che la legherebbe a Chefchaouen

  2. Gioiello n° 2… facendo un’associazione fra le foto e le possibili spiegazioni sul colore, mi sembra davvero che entrino in gioco altre atmosfere, qualcosa di più universale.

  3. Le ragioni storiche alla base del collegamento con Chefchaouen sono plausibili ma non sono da trascurare le altre motivazioni che giusticano il colore azzurro. Come abbiamo sottolineato sono tutt’e tre valide!

  4. Girando per chiassi e stradine ho avuto la stessa intensa sensazione… di essere nella mia terra ma con legami profondi con altri mondi 💙

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