Cantine Merinum è una fresca realtà nel mondo del vino che affonda le sue radici in un passato quasi scomparso ma mai dimenticato. A cominciare dal nome che omaggia una delle tradizioni religiose più sentite a Vieste. La storia, quella recente della cantina nata tre anni fa, e quella più lontana tra leggenda e riti popolari, ce la racconta Cinzia durante la degustazione delle tre etichette delle Cantine Merinum nel verde di Tenuta Padre Pio.
Vini con i profumi della foresta e del mare
Cantine Merinum è la realizzazione del sogno di una bambina, nato grazie a una grande storia d’amore, quella di Cinzia e i suoi amati nonni. Infatti è nelle vigne del nonno che Cinzia comincia a familiarizzare con i profumi del vino. Così, dopo la laurea in Lingue, decide di tornare a casa e di dedicarsi alla sua grande passione, il vino.
Fondamentale è stato il supporto di Luigi, il fidanzato che abbiamo già conosciuto come proprietario del Villaggio Club degli Ulivi. Lui crede nel sogno di Cinzia: l’amore raddoppia e nasce la cantina con l’obiettivo di creare vini che sappiano raccontare il territorio.
Le Cantine Merinum si trovano a Vieste tra la Foresta Umbra e il mare. In un territorio in cui fino a qualche tempo fa le vigne crescevano nella sabbia sul litorale. Quel vino non aveva grandi qualità ma col tempo si è capito che spostando le coltivazioni più all’interno, al confine con la foresta, i vitigni autoctoni del territorio, il Bombino bianco, il Nero di Troia, il Sussumaniello e la Malvasia Nera, acquisivano spessore. Quello che abbiamo ritrovato nei vini delle Cantine Merinum.
Il territorio si ritrova nel nome: Merinum, forse una città scomparsa o semplicemente “la marina” della vecchia Vieste, dove oggi si trova il Santuario di Santa Maria di Merino, una bianca chiesetta che custodisce la statua della Madonna che una leggenda vuole ritrovata da contadini di Vieste e di Peschici sulla spiaggia di Scialmarino.
Dato che ognuno dei due gruppi la pretendeva per sé, si decise di porre la statua su un carro trainato da buoi: a seconda della direzione presa lì sarebbe andata la statua. I buoi si incamminarono verso Vieste e da quel giorno Santa Maria di Merino è considerata la protettrice della città.
La chiesetta fu costruita sui resti di una antica villa di epoca romana ed è da qui che ogni 9 maggio la statua viene portata dai fedeli in solenne processione.
Non è un caso che Cinzia e Luigi abbiano scelto questo nome per la loro cantina. Non solo in quanto viestani e molto legati alla loro patrona ma anche perché proprio nei pressi della spiaggia si coltivava il vino. A testimonianza di ciò, vicino alla chiesetta, ci sono delle piccole vasche emisferiche, costruite sotto una pineta di pino d’Aleppo, usate dagli antichi romani, subentrati ai greci ai quali si deve la prima importazione della vite, per raccogliere il vino su cui lasciavano cadere la pece dei pini in modo da accelerare la fermentazione del mosto senza farlo entrare in contatto con l’ossigeno, ottenendo due risultati: l’aromatizzazione del vino con la resina e un velo protettivo sulle anfore dove veniva conservato.
I racconti di Cinzia hanno anticipato la degustazione dei tre calici di vino, un bianco, un rosè e un rosso, con gustosi taglieri di bontà locali come il cacioricotta di capra, il caciocavallo podolico e i salumi prodotti a Monte Sant’Angelo.
Il primo è Theos, un fresco e gradevole bianco dal profumo delicato di fiori ma allo stesso tempo sapido come la terra rossa che sorregge i delicati arbusti e dall’accentuata mineralità dovuta alla selce che padroneggia in questo territorio. Non dimentichiamo che il promontorio del Gargano era abitato sin dalla preistoria anche grazie alla pregiata varietà di selce bionda, fondamentale per la fabbricazione di utensili, e che la paleolitica Grotta Paglicci, scrigno di pitture equestri, non è lontana da qui.
Nel bicchiere Théos, a base di Bombino Bianco e Sussumaniello, si presenta di un bel giallo dorato. Al naso giungono delicate note fruttate di pesca, pera e mandorla e in bocca risulta morbido grazie alla raccolta tardiva a fine settembre.
Un gusto che si sposa alla perfezione con il più semplice e allo stesso tempo più vincente degli abbinamenti mediterranei: pane e olio, l’extravergine d’oliva Monocultivar Ogliarola Garganica prodotto con l’etichetta Cantine Merinum.
Come Théos anche Cinthya, rosato ottenuto da Nero di Troia in purezza, nasce ai piedi della Foresta Umbra. Non è facile creare un rosato da un vino intenso come il Nero di Troia. La vinificazione è sicuramente più delicata delle altre, proprio per le caratteristiche di questa uva a forte concentrazione di sostanza colorante nella sua buccia ed è importantissimo centrare il momento della raccolta. Bisogna essere attenti in vigna e in cantina, dove dopo massimo due giorni di macerazione sulle bucce sono necessari fermentazione in acciaio inox a temperatura controllata e affinamento in vasche per due mesi seguiti da almeno due mesi in bottiglia prima della commercializzazione.
Colore e profumo ricordano quelli di una rosa appena raccolta, con richiami alle erbe di macchia mediterranea di cui abbiamo sentito l’effluvio durante la passeggiata in vigna al tramonto dopo la degustazione, mentre al palato risulta intenso e sapido e va servito a una temperatura di 10-12 ° C perché offra il meglio di sé. La mineralità è invece dovuta alla selce di cui come già sottolineato la zona è ricca: anche di ciò abbiamo avuto prova tra i filari disposti ai piedi delle alture boscose della Foresta Umbra.
“Don Giovanni è amabile come era mio nonno” ci dice Cinzia un po’ commossa. Questo vino rosso porta il suo nome. Intense le note tanniche e tostate che si devono a Malvasia Nera al 90% e a Nero di Troia al 10%; ricche in bocca le note floreali e i frutti del sotto bosco. “Ricordo i nonni in un bellissimo vigneto verdeggiante, con dei grandi grappoli colorati, ai piedi di una collina”.
La passeggiata nella vigna in cui i filari ordinati di Bombino Bianco, Sussumaniello, Nero di Troia e Malvasia Nera si distendono ai piedi della Foresta Umbra assorbendone umori e profumi, ci conferma che Cinzia con l’aiuto di Luigi ha fatto diventare la sua realtà quotidiana quei ricordi di bambina.
Ci sono piaciute molto le etichette che richiamano le emozioni raccontate e che ogni bottiglia di Cantine Merinum contiene. E ci ha colpito molto la foto usata per la copertina del sito della cantina perché anche noi quando pensiamo al vino e alla vigna li associamo alla musica.
Nella foto c’è Cinzia che suona il violino ma l’abbiamo scoperto dopo… camminando tra pampini e grappoli abbiamo immaginato di ascoltare il suono del vento tra gli acini ancora piccoli e verdi. Accarezzando i grappoli ho idealmente suonato uno strumento a corde mentre tendendo l’orecchio ho ascoltato la musica prodotta dalla brezza attraverso i chicchi d’uva. Una musica quasi impercettibile eppure capace di regalare attimi di felicità. La stessa che dona la degustazione del nettare degli dei: gli astemi non sanno cosa si perdono!