Ci siamo stati due volte in Abruzzo, la regione che a buon diritto può fregiarsi del titolo di cuore selvaggio d’Italia, grazie ai suoi tre Parchi Nazionali, quello d’Abruzzo, quello del Gran Sasso e quello della Majella, un Parco Regionale, il Sirente-Velino, e più di 30 tra oasi naturalistiche e riserve.
Di queste aree protette fa parte anche la Riserva Regionale Sorgenti del Fiume Pescara, che tutela il lago formato da sorgenti con acqua di eccezionale purezza, habitat di trote, salamandre pezzate, tritoni crestati, ma anche volatili come le gallinelle, le folaghe e i tuffetti.
Il suono del silenzio: natura e borghi incantati
In Abruzzo si ergono le cime più alte dell’Appennino, come il Corno Grande con i suoi 2.912 metri di altezza, e all’interno dei parchi brillano i borghi, come tante piccole gemme incastonate tra le rocce e il verde: Lanciano, Sulmona, Santo Stefano di Sessanio, Calascio, Scanno.
Li abbiamo visitati tra Natale e Capodanno per festeggiare il mio compleanno, sicuramente il periodo più bello per godersi le rocce e le nevi di queste montagne che, nelle giornate più limpide, sembrano a portata di mano dalle spiagge dell’Adriatico.
Inoltre, l’Abruzzo rappresenta la meta ideale per chi viaggia con i quattro zampe tra passeggiate nei boschi, sulla riva dei fiumi e nella neve fresca.
La prima volta che abbiamo scelto la montagna abruzzese come meta delle nostre vacanze invernali, abbiamo soggiornato al Sextantio Albergo Diffuso a Santo Stefano di Sessanio (Sextantio Albergo Diffuso Via Principe Umberto – Santo Stefano di Sessanio – L’Aquila, Tel. +39 0862 899112 – reservation@sextantio.it), un luogo fuori dal tempo a 1250 metri di altitudine nel Parco Nazionale del Gran Sasso, reso ancor più magico dalle nevicate che avevano reso tutto candido e ovattato.
Questo antico borgo mediceo si spopolò completamente negli anni ’50 ma è tornato a nuova vita grazie a Daniele Kihlgren, che capitatoci per caso nel 1999, se ne innamorò e cominciò a comprare i vecchi edifici medievali, trasformandoli nelle dimore del Sextantio, nome derivato dall’antico toponimo del primo insediamento romano.
Singolare la storia dell’italo-svedese Kihlgren, che ci viene raccontata dai suoi dipendenti che lo adorano: con una vita già segnata dalla droga, dalla malattia e da mille avventure estreme, la sua salvezza l’ha trovata perdendosi con la sua moto tra queste montagne.
E Santo Stefano di Sessanio è risorto per merito di Kihlgren, che ha assunto 25 dipendenti e ha creato lavoro per altre 300 persone nell’indotto.
Dormire tra queste mura, nel silenzio del borgo fermo nel tempo, è un’esperienza unica. Una stalla è diventata la reception dell’albergo. Nelle camere il riscaldamento è a pavimento, i copriletti colorati sono opera di tessitrici del posto e nel ristorante si mangia a chilometro zero. Non ci sono televisore, frigobar, telefono. Uniche concessioni: la rete wireless per Internet e i bagni con gli idrosanitari disegnati da Philippe Starck. La filosofia di Kihlgren è infatti quella di rispettare l’esistente, usare solo materiali locali, non costruire nulla, non aggiungere nulla, non cambiare nulla, al massimo riparare e adattare. E nel suo albergo diffuso ha fatto tutto questo alla lettera tanto che capita che quando nevica i fiocchi passino tra i muri e gli stipiti di porte e finestre!
Inserito nel 2015 tra i ventidue rifugi al riparo dal chiasso e dal caos nell’Atlante degli alberghi remoti edito da Rizzoli Illustrati, Sextantio fa rivivere ai suoi ospiti le atmosfere del passato anche a tavola dove, a partire dalla colazione, vengono serviti i sapori della memoria contadina di questa terra in ambienti riscaldati da grandi camini a muro in pietra con la struttura a nicchie tipica della Baronia di Carapelle, in cui, oggi come allora, si tengono in caldo i pasti della giornata.
Santo Stefano di Sessanio, nonostante il terremoto che ha fatto crollare il suo simbolo, la Torre Civica, è inserito tra i borghi più belli d’Italia e passeggiando tra stradine e piazzette del borgo si rimane affascinati da loggiati, portali ad arco, finestre decorate, bifore e mensole che ornano i bei palazzi di gusto rinascimentale toscano. Per secoli, da maggio a settembre, nei mesi della transumanza, i pastori pugliesi portavano le pecore a pascolare qui in terra d’Abruzzo. Una testimonianza vivente di questa lunga tradizione l’abbiamo conosciuta proprio in paese: il signor Andrea Coletta, di lontane origini conversanesi come abbiamo subito intuito dal suo cognome molto diffuso da noi, che nella sua Bettola di Geppetto (Via Principe Umberto, tel. +39 0862 1965309) ci ha servito la sua ottima zuppa di lenticchie locali, piccolissime e molto saporite, inserite tra i Presidi Slow Food.