Da tempo desideravamo recarci a Castel Fiorentino, un borgo fortificato nei pressi di Torremaggiore in provincia di Foggia, il luogo in cui il grande imperatore Federico II di Hohenstaufen, lo “stupor mundi”, morì il 13 dicembre del 1250 all’età di 56 anni.

A Castel Fiorentino morì lo stupor mundi 

In realtà dell’antica città, un tempo strategica perché affacciata sulla piana con vista sui Monti Dauni da una parte e sul promontorio del Gargano dall’altra, nonché sul corso del fiume Fortore allora navigabile, non rimangono che pochi ruderi. Ma – come ci spiega il preparatissimo Giuseppe dell’Oglio, guida turistica di San Severo che ci accompagna nella visita a questa città fantasma – negli ultimi tempi il sito è stato al centro dell’attenzione di archeologi e storici.

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E recenti scavi, condotti dall’Università di Bari e dall’Ecole française di Roma, hanno evidenziato elementi che fanno pensare a Fiorentino come una sede importante, una vera e propria cittadella con una cattedrale, una zona urbana e il “Palatium” dell’imperatore. Sorgeva su una collina detta dello Sterparone e, come continua a illustrarci Giuseppe, sicuramente era una “città di frontiera”, di quelle edificate dai Bizantini all’inizio dell’XI secolo per difendere i loro territori dai Longobardi a nord e dagli arabi a sud.

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Il primo elemento architettonico in cui ci si imbatte è la torre al di sotto della quale sono state rinvenute tombe daune: ciò dimostra che il luogo era frequentato e abitato da tempi molto remoti. Poi, sulla destra, si sviluppava il paese vero e proprio. Oggi è possibile vedere le basi delle dimore e delle chiese che un tempo formavano la cittadella di Fiorentino che vantava ben dodici chiese, la Cattedrale a una sola navata e monoabsidale, intitolata al santo patrono del popolo longobardo l’Arcangelo Michele e il “Palatium”.

Passeggiando tra i resti dei muri delle case e delle botteghe in quello che una volta doveva essere un dedalo di intricate strade e che oggi è nascosto da erba alta e sterpaglie, si immagina il movimento che doveva esserci un millennio fa, quando Fiorentino era una fiorente cittadina normanna. Ai Normanni si deve anche il castello, una motta ben difesa separata dalla città da un muro, che successivamente Federico II fece trasformare nel suo “Palatium”, dove trascorreva il tempo dedicato alla caccia e al riposo.

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E’ emozionante oltrepassare le mura della domus, un edificio maestoso dalla forma di rettangolo imperfetto lungo 29 metri e largo 17 metri, diviso in due grandi ambienti, con pareti rivestite da belle pietre squadrate e un pavimento di terracotta, con due camini. Probabilmente il palazzo aveva uno o due piani superiori ed era delimitato da un largo fossato.

Ma come mai Federico II si spense proprio in questo luogo? Come la vita, anche la morte del Puer Apuliae, altro nome dell’imperatore, è avvolta da un alone di mistero. Si racconta che all’inizio di dicembre del 1250, Federico II durante una battuta di caccia nelle campagne della Capitanata, fu colto da un violento attacco di dissenteria. Le sue gravi condizioni non gli permisero di rientrare nella reggia di Foggia e si decise di ricoverarlo a Castel Fiorentino, la più vicina residenza imperiale.
Qualche tempo prima gli fu predetto che sarebbe morto “Apud portam ferream, ne lo loco che abet lo nome de flore”, (cioè presso la porta di ferro di quel luogo che ha il nome di “fiore”) e per questo motivo si tenne sempre a distanza da Firenze. Ma poi il “flore” della predizione fu proprio nella sua amata Puglia, nella sua Domus di Fiorentino dove il suo letto era stato collocato contro una porta murata dai battenti in ferro, proprio come veniva anticipato nella profezia dell’astrologo di corte Michele Scoto.
La sorte del borgo seguì quella del suo imperatore: solo cinque anni dopo la morte di Federico II il 26 ottobre 1255 fu attaccata e distrutta dalle truppe di Papa Alessandro IV, sotto il comando del Conte Ruggero Sanseverino, perché era rimasta fedele agli Svevi. Tra gli elementi asportati dalla domus andata distrutta vi è la gran lastra di marmo, usata come piano dell’altare maggiore nella Cattedrale di Lucera, che si dice fosse la mensa di Federico.

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Intanto sui muri dei resti del fastoso palazzo si crogiolano al sole caldo, nonostante la stagione perché siamo a novembre, piccole lucertole dai riflessi iridescenti e persino due coccinelle fermano il loro volo sulle pietre dorate. Uniche forme di vita in questa città fantasma dove il vento scompiglia l’erba alta e disordinata che pestata profuma di primavera, mentre tutt’intorno c’è un gran silenzio.
Poi ci soffermiamo ancora all’interno della domus federiciana e qui sembra quasi di sentire sussurrare le voci sommesse di chi lo ha abitato. Ma anche quelle più concitate di chi dopo ne ha decretato la fine… Un vero mistero perché qui più nulla abbia ripreso vita e sia finito nell’oblio. Uno dei tanti che ruotano intorno alla figura di Federico, che alcuni giurano non sia mai morto. Sicuramente mai spente la sua fama e la sua memoria: ne sono testimonianza i fiori freschi, che non mancano mai ai piedi della tomba di porfido di Federico, collocata nella Cattedrale di Palermo, secondo quanto disposto nel suo testamento. In Puglia, terra molto amata dall’imperatore, furono invece sepolte le viscere di Federico II. Furono sistemate nella Cattedrale di Foggia distrutta da un terremoto il 20 marzo 1731. Di esse non c’è più traccia. Inghiottite dalla terra: un ultimo rigurgito contro colui che venne considerato l’Anticristo?

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Mentre andiamo via, sul ponticello che valica il Canale della Bufala scorgiamo un grande airone cinerino. Sembra che ci aspetti, poi si libra in volo al nostro passaggio, planando e fermandosi poco più in là come se avesse voluto rendere omaggio a chi per primo nel suo De arte venandi cum avibus (Sull’arte di cacciare con gli uccelli), ha voluto dare non solo indicazioni sulla caccia col falcone ma scrivere un vero e proprio trattato di ornitologia, basato sull’osservazione diretta della natura. Salutando il maestoso airone diamo noi il nostro ultimo saluto all’imperatore.

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